maipiù
«Maipiù». Lo sconcerto dell’Unione europea dinanzi ai 368 annegati a poche miglia da Lampedusa il 3 ottobre 2013 trovava parole intransigenti. Troppi cadaveri sulla banchina... L’eco di quelle parole è risuonata a ogni nuovo naufragio. Circa «20mila morti e dispersi dal 2014 a oggi», scandiscono le Ong nel loro appello al premier Draghi dopo l’ennesimo naufragio: 130 persone «lasciate morire» al largo delle coste libiche il 22 aprile. Eppure già dal giorno prima le autorità d’Italia, Malta, Libia erano informate dell’emergenza. Anche l’Ue e Frontex erano al corrente delle disperate richieste d’aiuto. «Gli Stati si sono rifiutati di agire per salvare la vita di oltre 100 persone... È questa l'eredità dell’Eur0pa?», accusa la portavoce dell’organizzazione dell’Onu per le migrazioni. Il resto sono numeri nudi, crudeli, non solo perché accumulano un ammasso informe come quel «materiale biologico alto 80-90 centimetri» in cui erano ridotti i mille naufraghi estratti dal peschereccio colato a picco il 18 aprile 2015, ma anche perché c’è sempre un «circa» crudelissimo che toglie dignità alle vite di cui non è nemmeno conteggiata la morte. Maipiù! Ma esattamente Maipiù cosa? Considerato l’immobilismo della Comunità internazionale; visti i continui fermi amministrativi delle uniche navi di salvataggio delle Ong bloccate nei porti. Maipiù cosa? Se ad essere intercettati sono i giornalisti che scrivono quel che non si sa o non si dice; se il premier Draghi si dice soddisfatto della guardia costiera libica: salvataggi negati; frustrate ai salvati sulle italianissime motovedette libiche... Maipiù cosa? Se Italia ed Europa stringono accordi con il «dittatore» turco di cui non dovremmo mai aver bisogno per fermare quelli che con espressione adeguatamente deumanizzante chiamiamo flussi migratori? L’unica risposta è indecente. Maipiù naufragi, violenze, diritti umani negati sotto i nostri occhi. Che tutto rimanga abbastanza lontano da non sentire grida di madri alla ricerca di neonati nel mare, urla di torture, suppliche di porti sicuri. «È il momento della vergogna», sì, papa Francesco.
EVELI NA SANTANGELO, L’Espresso 3 maggio