martedì 22 marzo 2022

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fede e resistenza

 





SECONDA PARTE

 

Franco Barbero

LA NOSTRA VITA INTERROGA LA BIBBIA: LA PAROLA CHE FONDA LA RESISTENZA_15


PARTE IV

 

UN GESÙ RESISTENTE

 

In questa penultima parte di riflessione biblica, vorrei accennare brevemente ad alcuni lineamenti del Gesù storico. Non si tratta, ovviamente, di catturare Gesù di Nazareth a nostro uso e consumo, ma di raccogliere alcuni suoi lineamenti, alcune linee della sua esperienza di fede, storicamente situata.

Si può allora parlare, restando fermamente ancorati al N.T., di un Gesù resistente?

Mi sembra che una risposta corretta vada inserita nell'orizzonte messianico della pratica di vita di Gesù.

Egli è venuto come testimone ed annunciatore del Regno, come testimone ed annunciatore della vita: «sono venuto perché gli uomini abbiano la vita, una vita vera e completa» (Gv 10, 10). I segni che egli compie per la liberazione integrale delle persone, le parole che annuncia, le promesse che enuncia, l'orizzonte che egli dischiude, sono in questa precisa direzione. L'esistenza storica quotidiana di Gesù di Nazareth una presa di posizione a favore della vita. L'attuale cristologia lo esplicita in modo egregio.

Quando incontra la vita menomata, instaura una pratica sollevatrice e sanatoria. Nella sinagoga di Nazareth, nella lettura del rotolo di Isaia Gesù fa la sua autopresentazione:

«Il Signore ha mandato il suo Spirito su di me.

Egli mi ha scelto

per portare ai poveri la notizia della loro salvezza.

Mi ha mandato per annunziare la liberazione ai prigionieri

e il dono della vista ai ciechi, per liberare gli oppressi,

per dire a tutti che è giunto il tempo nel quale il Signore

salverà il suo popolo» …

«oggi si avvera per voi che mi ascoltate questa profezia» (Lc 4, 18-21).

Per usare il linguaggio di Belo, qui Gesù si presenta come il profeta di Dio che mette in atto le varie «pratiche» di liberazione. La prassi messianica di Gesù parte di lì.

In questo senso amo parlare di un Gesù poeta. Egli, infatti, è un cantore e suscitatore di vita. Quando egli, nel suo camminare terreno incontra delle persone, le coinvolge nella corrente della vita, le invita ad entrare in questa corrente del Regno.

Il Dio che egli presenta non è il Dio dei morti, ma dei viventi.

Direi allora che il Gesù resistente nasce dal fatto che, su questa strada della vita, egli viene a cozzare, a urtare contro chi detiene il potere, contro gli schemi ideologici, contro le istituzioni che si sono pervertite in forza e strumento di oppressione.

Sta di fatto che questo profeta del Regno incontra molta opposizione nei capi, nei detentori del potere sacerdotale, nei seguaci delle varie scuole teologiche. Gli stessi zeloti, partigiani nazionalisti, non possono che osteggiarlo per il suo rifiuto di lasciarsi coinvolgere in un progetto di «rivoluzione nazionalistica».

 

La gente ora lo segue, ora lo abbandona.

I dodici passano dall'euforia alla totale diserzione. Questo profeta che desacralizza il potere e le istituzioni, che non dispensa mai dal cambiamento del cuore, non incontra fortuna, ma resistenza.

Il Gesù resistente, se perdonate questo giochetto di parole, nasce dall'impatto con questa resistenza-opposizione crescente che lo attornia, che diventerà congiura o abbandono. Colui che mette al primo posto l'adempimento della volontà del Padre, accetterà di fare i conti con il contrasto, la «tentazione», la lotta. In questa luce leggeremo tutta la vicenda di quest'uomo che Dio ci ha donato come suo «inviato»: egli è innamorato della vita, della felicità, del piacere, della poesia, ma deve spesso fare i conti con tutto ciò che non è vita e non vuole la vita.

Il vangelo di Matteo, che ci descrive al cap. 4 l'episodio delle «tentazioni» (concentrando in un episodio la lotta, che invece, occupò tutto l'arco della vita» di Gesù), proietta già sulle origini di questo novello Mosè-liberatore, l'ombra densissima della persecuzione, dell'ostilità, del sangue.

Anche se la congiura gli cresce attorno, egli sale a Gerusalemme, e i vangeli sinottici ritmano questo suo viaggio con i tre annunci della passione. Nel vangelo di Marco Gesù apre la strada verso Gerusalemme: egli «tira», fa la strada da solo al gruppo dei dodici che è preso dalla paura: «…Gesù camminava davanti a loro...; coloro che venivano dietro erano pieni di paura» (Mc 10,32). Il Gesù che deve fare i conti con l'abbandono della gente (Gv 6), con la cecità dei discepoli, con la fuga dei dodici, non è forse il Gesù resistente? Se nel Getsemani Gesù deve registrare il sonno dei dodici, sulla croce lo abbandona anche il Padre.

Il Gesù di Nazareth, che fonda la nostra fede in Dio, non è il banditore triste di un messaggio ascetico e mortificante, un profeta dolorista. Tutt'altro. A lui preme la vita: vivere e mettersi a servizio della vita. Semplicemente, nella fedeltà a questa consegna, accetta di fare i conti con l'ostilità, la sofferenza, la condanna: ecco la sua resistenza.

Il .discepolo che abbraccia la volontà del Padre nella sequela di Gesù, dovrà spesso misurarsi con questa esperienza del Maestro. Al centro però non c'è la resistenza, ma la volontà di far posto al Regno di Dio e alla sua chiamata. Essa, semmai, può esserne la conseguenza. Colui che ha aperto la strada, rende possibile la resistenza.

Vorrei dire che, in qualche modo, tutto il messaggio biblico sulla resistenza-perseveranza va letto alla luce della vicenda di Gesù di Nazareth, che ha posto mano all'aratro e non si è più voltato indietro.

Tutto il N.T., nei suoi appelli alla perseveranza, fa rivivere questa testimonianza resa da Gesù alla volontà del Padre.


(continua 23,  24 marzo: Franco Barbero Parte V)