venerdì 1 aprile 2022

IL NUOVO ATLANTISMO E' MALATO

 La violenza del nuovo atlantismo

Pier Giorgio Ardeni

Domani 24 marzo

Sulle armi che l’Italia ha deciso di inviare in Ucraina si sono avuti diversi interventi.

 L'articolo di Gianni Cuperlo su questo giornale merita alcuni commenti, Cuperlo critica chi dice che l'invasione dell’Ucraina «affonda le radici negli errori che l'occidente e la Nato hanno compiuto dopo la fine dell’Unione sovietica (1991)», arrivando però a dire che ciò porterebbe a riconoscere a Putin alcune ragioni. Il fatto è che, tuttavia, ciò è innegabile.

Che poi queste «ragioni» siano abominevoli e condannabili non toglie che esse vi siano. Come hanno argomentato sia William Perry, ex segretario di Stato Usa, e Bill Burns, attuale capo della Cia ed ex ambasciatore americano a Mosca - entrambi citati sia da Thomas Friedman che Bernie Sanders in un intervento al Congresso - l'espansione della Nato è stata sempre percepita dalla Russia come una minaccia.

Che poi questa abbia conflagrato, nella mente di Putin, con l’idea che «l’Ucraina non esiste» e che bisogna rovesciare il governo ucraino eletto, è un altro discorso, che però– se davvero crediamo che la Russia e il suo «zar» attuale abbiano sempre covato ambizioni imperiali - non si capisce perché mai avremmo dovuto stimolare e dare «corda» a quegli impulsi. Tra l'altro, ha argomentato Sanders, come avrebbero reagito gli Stati Uniti se Messico, Cuba o altri paesi avessero aderito ad una alleanza militare con la Russia? La «dottrina Monroe» li avrebbe fatti intervenire immediatamente, con le buone o le cattive.

Il fatto è che l'Europa, dopo il crollo del muro di Berlino, l’unificazione tedesca, il crollo dell’Urss e la (ri)nascita delle repubbliche indipendenti -tra le quali, oltre a quelle baltiche, l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldova - avrebbe dovuto spingere per un nuovo multi-lateralismo, «attirando nella propria orbita la Russia, costringendo gli Usa ad accettare la fine della guerra fredda e ridimensionare la Nato», come giustamente argomenta Piero Bevilacqua sul manifesto. E invece, ipocritamente, abbiamo accettato che i new-comers in Europa, pur continuando a coltivare pulsioni autoritarie, chiedessero subito di proteggersi sotto l’ombrello atlantico, proprio in chiave anti-russa. E, ancor più ipocritamente, abbiamo fatto lauti affari con l’Orso moscovita, dichiarandolo amico.

Ora, Cuperlo afferma che, in questo caso, è un popolo sovrano a chiedere aiuto, cui non possiamo sottrarci. È chiaro che ci sono molti modi per aiutare un popolo ed è tutto da dimostrare che inviare armi sia quello migliore. Abbiamo forse inviato armi ai bosniaci che difendevano Sarajevo dall'esercito di Mladic e Milosevic? Anche loro chiedevano aiuto e un intervento militare. Perché non abbiamo aiutato i curdi dalle incursioni turche in territorio siriano?

Forse perché Erdogan è membro della Nato? Se abbiamo sbagliato allora, dice Cuperlo, non è ragione per sbagliare oggi. Vuol questo dire che, d'ora in poi, manderemo armi a tutti i popoli invasi da dittatori e autocrati senza scrupoli? Ma poi, quelle armi, a chi vanno? Alla «resistenza» ucraina, si dice. In Ucraina, per anni,
di armi ne sono circolate anche troppe. La guerra «strisciante» che c’è nel Donbass da almeno otto anni è stata condotta dalle truppe regolari come da miliziani ben armati. Sono le popolazioni russe di quelle regioni - fomentate da Mosca, certo-che non hanno accettato «l’ucrainizzazione» linguistica e culturale in atto. Conflitti le cui radici si perdono nella storia.

L'antichissima terra culla di tutte le russie (Kievan Rus), peraltro, il conflitto lo porta già nel nome –l’Ucraina- dove l'articolo determinativo è importante perché in slavo «u krajna» sta per «territorio di confine», come le varie «krajne» nei Balcani.
Ora, di fronte all'aggressione russa, la nostra decisione ci porta a contrapporre armi ad armi, invece di percorrere ogni altra via risolutamente. La Polonia, memore dei suoi legami (e dominii) ucraini spinge per un «salto di livello» nella risposta della Nato.
Certo, accoglie i profughi a milioni - forse perché fratelli -ben guardandosi. però, dall'accettare sul proprio suolo poche migliaia di siriani e afghani intrappolati in Bielorussia.

Questo atteggiamento bellicista ci riporta indietro di decenni e poco vale stringersi nelle spalle dicendo che «è colpa di Putin», Abbiamo repentinamente aumentato la nostra spesa militare, quando ben altre dovrebbero essere le nostre priorità e le linee guida per «stare nel mondo» consapevolmente, contribuendo al multi-lateralismo, all'inclusione e alla pace e non alle contrapposizioni.

Il coro contro chi dissente contro il bellicismo guerrafondaio di molti media e giornali è divenuto in un attimo assordante. Rifiutare l'invio di armi e il riarmo in casa nostra non vuol dire «stare dalla parte di Putin» e non c’è nulla di «autoritario» in questo.

Ben altre armi avremmo potuto usare, se avessimo voluto, sul piano economico e diplomatico se lo avessimo voluto, prima dell’invasione. E ben altre armi possiamo ancora usare adesso.

Basterebbe volerlo, rifiutando la logica del nuovo atlantismo che oggi ci pare di nuovo l'ombrello che ci riparerà dalla pioggia nucleare ma che il giorno che «uno dei nostri» cambierà idea su quali sono i «baluardi della democrazia» da difendere ci farà piangere lacrime molto amare.