Armi, un affare italiano che vale più di quattro miliardi
di Carlo Tecce
La Repubblica 16 aprile
L’Italia è un luogo sempre più battuto per lo smercio mondiale di armi. Nel 2021 si sono registrati movimenti di denaro per oltre 14 miliardi di euro. Lo si evince dalle analisi del ministero del Tesoro, contenute nella relazione del governo sulla compravendita di materiale bellico, che l’Espresso ha anticipato la scorsa settimana e che ha approfondito nel numero in edicola domani con Repubblica: «Nel corso del 2021 sono state effettuate dagli operatori bancari - si legge nel documento - 17.931 comunicazioni inerenti a transazioni bancarie per operazioni di esportazione, importazione e transito di materiali di armamento per un importo movimentato pari a oltre 14 miliardi di euro». E armi o pezzi di armi o comunque qualcosa che fa o può fare guerra avevano come destinazione l’Africa più povera, la temuta Cina e l’Ucraina. Nel 2020 erano 7,8 miliardi. Raddoppiati. Non è un ribalzo dopo la pandemia. Nel 2019 erano 10,3 miliardi.
Le esportazioni di armi seguono il modello semplificato, cioè dei minori controlli con le cosiddette «licenze globali e generali» introdotte un paio di anni fa, e nel complesso segnano una crescita modesta passando da 4,647 miliardi a 4,661. Il Qatar si conferma un cliente affezionato con 7,5 miliardi di euro di acquisti in 7 anni. L’Unione Europa si è allarmata per la batteria di missili cinesi consegnata alla Serbia da sempre avamposto russo nei Balcani, ma pure l’Italia ha importato materiale bellico da Pechino per 3,9 milioni di euro e da Belgrado per 3,3 milioni. E anche quest’anno, come da tradizione, l’Italia ha spedito ai serbi un bel carico di esplosivo e munizioni.
