giovedì 26 maggio 2022

Libera striglia il Piemonte: "Non usa le ville delle mafie"

 

Beni sequestrati, confiscati, a volte persino assegnati ma rimasti inutilizzati. È una situazione che il Piemonte conosce bene perché la regione, secondo la fotografia fatta da Libera Piemonte con il progetto Beni in Rete, è fanalino di coda d'Italia nel dare nuova vita ai beni confiscati alle mafie. Il 77 per cento degli immobili sequestrati oggi sono rimasti senza una destinazione.

L'associazione fondata da don Luigi Ciotti, con la collaborazione della Regione, della compagnia di San Paolo e del Dipartimento Culture, Politiche e Società dell'Università degli Studi di Torino ha contato 1034 particelle immobiliari sequestrate o confiscate in Piemonte, 793 non sono state destinate a un altro uso nonostante sia già arrivata la confisca passa in giudicato, 95 sono state assegnate ma sono rimaste comunque vuote, 146 hanno trovato nuova vita come è successo alla villa di Nicola Assisi, a San Giusto Canavese, o all'edificio di via Chambery 91, a Torino, confiscato e diventato un centro dell'Asl per le cure palliative.

Le storie a lieto fine di questo tipo sono ancora troppo poche. Peggio del Piemonte fa soltanto l'Emilia Romagna che negli ultimi 7 anni, però, si è ritrovata a gestire un numero importante di sequestri con il processo "Aemilia" arrivato in cassazione soltanto in questi giorni.

Settima regione d'Italia per numero di sequestri, seconda nel Nord Italia dopo la Lombardia, il Piemonte ha una percentuale di riutilizzo del 23 per cento, quasi la metà del resto del Paese., «Le ragioni sono diverse - spiega Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte - Ci sono certamente lungaggini burocratiche, i tempi per la verifica dei crediti, le attese per i ricorsi, le occupazioni di alcuni beni, e poi c'è la questione dei fondi. La maggior parte di questi beni tornano in capo a piccoli comuni, o associazioni del terzo settore che non hanno le risorse per ristrutturarle». II Pnrr ha messo a disposizione 300 milioni di euro per il recupero dei beni confiscati ma quei fondi sono destinati soltanto alle 8 regioni del Sud: «È un controsenso se si pensa che la Lombardia ha un numero di beni di gran lunga superiore al Molise».

Così succede che la villa di Salvatore De Masi, condannato con Minotauro e considerato il capo della locale della 'ndrangheta di Rivoli, confiscata nel 2019, sia ancora senza destinazione. Sono 275 metri quadri inutilizzati, un immobile che vale 600mila euro e che oggi cade a pezzi. A Miasino, in provincia di Novara, un castello, frutto dell'attività illecita di un camorrista è tornata ad essere patrimonio pubblico nel 2007, ma per diversi anni è stata gestita da una società riconducibile al boss. Sgomberata nel 2015 è stata assegnata alla Regione per fini sociali. Il bando per ristrutturarlo è stato pubblicato soltanto l'anno scorso. «Al momento non è ancora stato restituito alla collettività», denuncia Libera.

«C'è un altro fattore ed è il radicamento delle mafie nel Nord – spiega ancora Fava - É dovuto a sottovalutazioni, omissioni, inconsapevolezza e in alcuni casi anche omertà, paura e collusioni, questi elementi che riguardano la lotta alle mafie in Piemonte, riguardano anche i percorsi di riutilizzo sociale dei beni». C'è chi teme il potere dei boss, - c.roc.

La Repubblica, 14 maggio