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«OPERAZIONE SINDONE» di FRANCO BARBERO (continua)
B) Quale concezione (e quale pratica) di chiesa stanno dietro a simili iniziative?
È ovvio che sarebbe ingiusto, oltreché presuntuoso, giudicare il popolo credente che è in Torino o la chiesa ufficiale in base a questo atto. Del resto, a tre mesi dal momento culminante, non sono prevedibili sviluppi o correzioni di rotta anche sensibili che potrebbero verificarsi. Sembra però che non si possa negare che questa ostensione della Sindone costituisca per la chiesa torinese un episodio rivelatore, indicativo.
Sottolineavo già prima che una simile iniziativa denuncia un fatto grave, cioè una chiesa che non riesce ancora a tradurre nei fatti, senza confusioni e indulgenti deviazioni, ciò che è il suo centro: la Parola di Gesù, il Vivente, e i poveri.
Ma questa ostensione mi sembra delinearci anche una chiesa che, anziché farsi serva muovendosi, mettendosi in cammino di conversione sulla strada dei poveri, farsi mendicante e profeta di Dio in mezzo alle loro tragedie e alle loro speranze, chiama a sé, con grandi raduni di popolo, dando l'immagine di una grande potenza. I poveri devono muoversi verso la chiesa. È il rovescio del cammino di Gesù.
Ancora: una simile operazione ci tratteggia una chiesa della riaggregazione. Nasce il sospetto - sovente confermato dai fatti - che questi anni di crisi aprano per la chiesa ufficiale lo spazio per ampie manovre aggregatrici che s'innestano efficacemente sull'ansia esistenziale che percorre il tessuto sociale, specialmente l'area del bisogno, il mondo dei non garantiti. Essa apre le sue braccia con la politica «dell'aiutando e consolando conquistare». Non si tratta di giudicare le intenzioni delle persone, né di valutare schematicamente la realtà, ma di tener presente questa componente.
Inoltre sembrerà troppo banale, ma resta pienamente reale: una operazione di questo genere «rende» in termini di soldi. Libri, opuscoli, filmine, traduzioni, l'industria del pellegrino: un giro d'affari di miliardi. Che non sia la curia a gestire il tutto, ma le succursali di vario genere, in edizione «laica» o religiosa, poco conta. Gli affari restano affari, i miliardi restano miliardi. Spiace che molti escano, ancora una volta, dalle tasche sguarnite dei più poveri.
Forse non va dimenticato che l'ostensione della Sindone avviene all'inizio di un episcopato di chiaro stampo conservatore-spiritualizzante. Ne abbiamo già i chiari segni. Tutto questo è più sofferto dopo un episcopato, come quello di Pellegrino, in cui affiorarono parecchi spunti per quelle scelte evangeliche, che stavano sollecitando la chiesa che è in Torino a non fuggire né dall'Evangelo né dai poveri.
Conclusione
Avanzo una proposta semplice, fattibile: perché la chiesa che è in Torino non si raduna, con il suo vescovo, per un confronto, per una decisione veramente comunitaria? C'è ancora il tempo per ascoltare ciò che, il Signore può dire alla sua chiesa attraverso le diverse opinioni di tutti. Scopriremo forse che non è in gioco solo la ostensione della Sindone. Ci sarebbe offerta l'occasione di riflettere sulla comune chiamata a seguire Gesù Cristo e a testimoniarlo nel mondo7.
Siccome si può imparare gli uni dagli altri solo se, nel rispetto e nell'amore, abbiamo il coraggio di dirci tutto con franchezza, esprimere il nostro punto di vista significa voler contribuire al dialogo ecclesiale, sempre pronti ad accogliere con gratitudine la testimonianza di fede di chi compie scelte diverse dalle nostre.
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7 Non manca nemmeno chi annota che «questa ostensione della Sindone potrebbe forse anche rivestire un carattere di preparazione al prossimo Conclave. Molti cardinali, infatti, avranno modo di conoscere direttamente monsignor Anastasio Ballestrero, attuale arcivescovo di Torino e vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, che quasi sicuramente riceverà la porpora cardinalizia entro il 1978-79» (da un documento della Comunità cristiana di base di Piossasco, Torino).