Omicron 5 è superato, adesso arriva la variante indiana
Andrea Capocci
Il manifesto 5/7
I tamponi positivi registrati ieri sono stati oltre 132 mila.
L’ultima
volta in cui erano stati così numerosi risale al 2 febbraio, pochi
giorni dopo il picco dell’ondata provocata in gennaio dalla variante
Omicron.
Allora, complice l’obbligo di green pass, i tamponi erano stati
oltre un milione, ieri nemmeno la metà. E infatti il tasso di
positività di ieri (28,4%) è più che raddoppiato rispetto ad allora.
È
possibile dunque che il virus stia circolando su un livello molto più
elevato rispetto a quello ufficiale, e che siano tantissimi i casi
positivi che non vengono registrati tra asintomatici e test casalinghi.
Stavolta anche il numero di decessi sale: in un giorno se ne contano 94,
una volta e mezza la media degli ultimi sette giorni. Così come i
ricoverati positivi in terapia intensiva, ancora sotto controllo in
assoluto (sono 323) ma con venti posti letto occupati in più in 24 ore.
Superare a inizio estate la soglia dei centomila nuovi casi al giorno fa definitivamente crollare l’ipotesi del «virus stagionale». Le varianti appaiono a qualunque latitudine e attraversano il pianeta nel giro di pochi giorni.
Superare a inizio estate la soglia dei centomila nuovi casi al giorno fa definitivamente crollare l’ipotesi del «virus stagionale». Le varianti appaiono a qualunque latitudine e attraversano il pianeta nel giro di pochi giorni.
L’ondata di Omicron 5 colpisce simultaneamente anche la
Francia, dove ieri è stata superata un’altra soglia psicologica, quella
dei duecentomila casi giornalieri, e in Germania.
Ma tra i luoghi più
colpiti dalla variante ci sono paesi del nord e del sud come il Brasile,
vaccinati o a prevalenza No Vax come la Russia, da questo lato del
mondo o a molti fusi orari di distanza come Taiwan e Australia.
Anche le campagne vaccinali programmate su base annuale sembrano un’arma spuntata contro il coronavirus.
Anche le campagne vaccinali programmate su base annuale sembrano un’arma spuntata contro il coronavirus.
Per l’influenza, ad esempio, l’Oms si
riunisce in febbraio e in settembre per stabilire quale aggiornamento
del vaccino debba essere raccomandato per i due emisferi, sapendo che i
ceppi che circolano in un emisfero nella stagione fredda sono destinati a
diffondersi nell’altro sei mesi dopo.
Il coronavirus invece sembra
accumulare mutazioni genetiche a un ritmo regolare (circa due al mese,
meno dell’influenza). E poi, per motivi ancora poco conosciuti, subire
accelerazioni che fanno apparire ceppi con grappoli di mutazioni che le
rendono più contagiose e capaci di aggirare gli anticorpi sviluppati per
vaccinazione o malattia pregressa.
Tanto è vero che, mentre la variante Omicron 5 deve ancora raggiungere il suo picco di diffusione, ce n’è già un’altra sulla rampa di lancio. L’hanno avvistata per primi i ricercatori indiani e l’hanno battezzata Ba.2.75. Il prefisso fa capire che si tratta di una nuova cugina del ramo Omicron.
Tanto è vero che, mentre la variante Omicron 5 deve ancora raggiungere il suo picco di diffusione, ce n’è già un’altra sulla rampa di lancio. L’hanno avvistata per primi i ricercatori indiani e l’hanno battezzata Ba.2.75. Il prefisso fa capire che si tratta di una nuova cugina del ramo Omicron.
Ha infatti 45
mutazioni in comune con la variante Ba.2, più altre quindici nuove di
zecca. Alcune, in altre varianti, sembrano conferire al virus la
capacità di eludere le difese immunitarie preesistenti.
Ma prevedere a tavolino, anzi in laboratorio, la pericolosità di una variante è praticamente impossibile. I ricercatori sono preoccupati perché la variante è stata individuata in un numero di casi relativamente piccolo – di cui 46 solo in India – ma in quattro continenti diversi, Europa compresa. Come se fossimo agli esordi di un nuovo focolaio globale.
Indipendentemente da questa nuova variante, tenere sotto controllo le ondate a colpi di vaccini mono o bi-valenti in continuo aggiornamento sembra utopistico.
Ma prevedere a tavolino, anzi in laboratorio, la pericolosità di una variante è praticamente impossibile. I ricercatori sono preoccupati perché la variante è stata individuata in un numero di casi relativamente piccolo – di cui 46 solo in India – ma in quattro continenti diversi, Europa compresa. Come se fossimo agli esordi di un nuovo focolaio globale.
Indipendentemente da questa nuova variante, tenere sotto controllo le ondate a colpi di vaccini mono o bi-valenti in continuo aggiornamento sembra utopistico.
Ancor meno sostenibile la reintroduzione di lockdown e zone rosse, un
approccio superato ovunque tranne che in Cina: a Shanghai da ieri sono
ripartiti test a tappeto dopo l’individuazione di 8 nuovi casi. Non che i
vaccini siano inutili: quelli sviluppati contro altre varianti stanno
smorzando l’impatto sanitario delle varianti, che in altri tempi
avrebbero mandato ripetutamente in tilt gli ospedali. Ma l’aggiornamento
alla variante Omicron emersa a dicembre 2021 arriverà probabilmente in
settembre, cioè nove mesi e parecchie mutazioni dopo. Salverà milioni di
anziani e fragili, che già oggi si ammalano di Covid molto meno
gravemente di prima. Ma non basteranno a frenare le ondate pandemiche.
«Bisognerà rassegnarsi a convivere con i saliscendi, sapendo che ogni
tanto si presenterà una variante pericolosa come avviene con l’influenza
e preparandosi allo shock» confessa un dirigente del ministero della
salute. «Non ha più molto senso seguire giorno dopo giorno il bollettino
dei casi, dei ricoveri e dei decessi. Ma per il momento nessuno a
livello politico si assumerà la responsabilità di un simile cambio di
strategia».