lunedì 11 luglio 2022

IL GESU' EBREO SEMPRE PIU' STIMOLANTE

 Alcune riflessioni dopo la ricerca sul Gesù storico del Gruppo biblico di Torino.

Nel tentativo di avvicinarmi il più possibile al nucleo storico del messaggio che Gesù ha portato all'umanità nella sua breve esistenza terrena, parto dal dato che risulta più solido dal punto di vista della ricerca storica, e cioè dal fatto che Gesù venne condannato e morì crocifisso. La crocifissione era la pena che i romani affliggevano ai ribelli politici, per azioni e comportamenti ritenuti sovversivi dell'ordine imperiale. Le autorità ebraiche non avevano il potere di condanna a morte per crocefissione, la pena erogabile da essi era la lapidazione. Perciò ci troviamo di fronte a due possibilità: 1. Gesù era un rivoluzionario politico o, per lo meno, aveva compiuto azioni ed aveva manifestato idee che erano state valutate come pericolose per l'ordine pubblico dai dominatori romani. 2. Vi è stato un clamoroso errore giudiziario e le autorità romane hanno condannato come sedizioso e ribelle un pacifico predicatore religioso che non voleva sovvertire l'ordine pubblico, ma predicava la conversione delle coscienze in attesa di un rinnovamento spirituale dell'umanità.

Questa seconda ipotesi è storicamente possibile (anche se, a mio avviso, improbabile) ed è quella che nel corso del tempo divenne prevalente, se non unica nell'immaginario cristiano: la figura di Gesù venne raffigurata come quella di una essere eccezionale (fino a renderlo divino) che lancia all'umanità un messaggio universale e valido in tutti i tempi, un pacifista integrale che predica l'amore per i nemici, un innovatore. Venne astratto dalla situazione concreta in cui era immerso, dalla sua ebraicità, dal contesto sociale e culturale in cui visse. La responsabilità della sua fine cruenta venne attribuita alle autorità ebraiche che avrebbero indotto le autorità romane nella falsa convinzione che si trattasse di un pericoloso ribelle.

Questo modo di vedere è già in parte fatto proprio dagli autori dei vangeli, i quali sono scritti almeno trent'anni dopo la morte di Gesù, quando i rapporti all'interno della comunità ebraica si erano fatti più difficili e si stavano formando comunità nella diaspora dove il numero dei convertiti dal paganesimo aumentava. Infatti i Vangeli tendono ad inasprire il conflitto tra Gesù e le autorità ebraiche, impersonate soprattutto da scribi e farisei; va tenuto conto del fatto che le dispute erano normali all'interno dell'ebraismo e Gesù discuteva con i gruppi che erano più vicini a lui, come i farisei, mentre i sadducei appaiono più distanti, ma avevano delle posizioni certamente più lontane da quelle di Gesù ed hanno certamente contribuito più dei farisei a metterlo in cattiva luce di fronte all'autorità romana. In secondo luogo va considerato che i Vangeli, scritti dopo la disfatta dell'ebraismo e la distruzione del Tempio di Gerusalemme del 70, si rivolgono a comunità della diaspora (fuori della Palestina) caratterizzate più o meno dalla presenza di seguaci provenienti dal paganesimo ed avevano l'interesse a presentare il movimento come compatibile con il potere politico e non sovversivo (aspetto comune di testi del primo cristianesimo come la Lettera a Diogneto).

Credo quindi sia utile l'indagine che fanno alcuni autori (come Bermejo Rubio) per indagare sugli indizi presenti nei Vangeli e nella prima cosiddetta letteratura cristiana da cui emergono differenze tra la predicazione del Gesù terreno e le posizioni delle varie chiese primitive che si sono trovate di fronte a situazioni nuove da affrontare (ad esempio sul problema della condivisione di mensa tra ebrei e non ebrei, che durante la vita di Gesù non si poneva), tenendo conto che le varie comunità di discepoli erano all'inizio (e furono per molti decenni) molto diversificate tra di loro, molto di più di quanto a noi oggi risulta dalla lettura dei testi che poi sono diventati canonici, compresi nel Nuovo Testamento. Molto utile è l'integrazione dell'esegesi dei testi con l'indagine storica e antropologica della società del tempo nei suoi vari aspetti non solo religiosi, ma anche politici, culturali e di vita quotidiana. Penso alle ricerche di Mauro Pesce, Enrico Norelli, Claudio Gianotto e molti altri, che, avvalendosi delle tecniche della ricerca scientifica storica, antropologica, di psicologia sociale, mediante le quali oggi conosciamo meglio la realtà storica di Gesù e aprono una prospettiva di ulteriore miglioramento ed approfondimento di conoscenze, senza escludere anche la possibilità di ulteriori scoperte archeologiche.

In conclusione, penso che sia più attendibile la prima delle due ipotesi sopra delineate: il messaggio di Gesù ebbe una valenza sovversiva rispetto allo status quo della società in cui è vissuto e provocò la reazione dell'autorità romana molto attenta a reprimere qualsiasi manifestazione che minacciasse la sicurezza dell'impero.

Tuttavia va fatta una importante precisazione: non necessariamente la condanna comminata a Gesù comporta che egli si fosse opposto alla dominazione romana con le armi, come sembrano suggerire Fernando Bermejo Rubio ed altri. Gabriele Boccassini contestualizza il movimento di Gesù nell'ambiente apocalittico del giudaismo del secondo Tempio, e ci insegna che a quel tempo era diffusa l'attesa di un imminente cambiamento che avrebbe comportato l'instaurazione della signoria di Dio e la conseguente liberazione di Israele dal potere di dominazione straniero che lo soggiogava. L'apocalittica di tradizione enochica alimentava questa attesa e ispirava molti e diversificati movimenti: alcuni perseguivano decisamente un azione armata, come gli zeloti, da cui provengono alcuni degli apostoli, altri, come Teuda ed il profeta egiziano credevano che il cambiamento sarebbe avvenuto per un intervento diretto di Dio, senza la necessità di organizzare per mano umana una rivolta armata. In ogni caso per tutti la salvezza aveva una dimensione non solo spirituale, ma anche sociale. Il richiamo alla conversione dei peccatori in preparazione dell'imminente giudizio finale veniva a coincidere con l'attesa della liberazione dei poveri e degli oppressi dai “re e potenti”. Il movimento di Gesù, come anche quello immediatamente precedente di Giovanni condividono queste attese. E per i romani non faceva differenza che la manifestazione di dissenso fosse armata o pacifica: veniva considerata pericolosa per l'ordine pubblico e senz'altro repressa. E nell'ambiente che si ispira all'apocalittica enochica “non esiste solo l'alternativa tra pacifismo spirituale e rivoluzione armata”. (G.Boccassini, Le tre vie di salvezza di Paolo l'ebreo, Claudiana, 2021, pag. 102) E' verosimile che le manifestazioni più violente della vita di Gesù e dei suoi primi seguaci siano state attenuate (per quanto nei Vangeli siano rimasti monti spunti di quelle, a cominciare dall'episodio del tempio), tuttavia anche se il movimento di Gesù fosse stato integralmente pacifico, la predicazione dell'avvento del Regno aveva in quel tempo significato intrinsecamente sovversivo.

Guido Allice, 12 luglio 2022

 NOTA:

La preziosa ricerca di Guido Allice con le interessanti osservazioni del libro di Boccaccini e l'apocalittica enochica, ci conduce in modo irrefutabile alla "conclusione", che , per essere cristiani. discepoli/e del nazareno, occorra vivere in modo sovversivo, sia pure coniugando la "sovversione" in modalità diverse. Era già il punto di partenza della nostra ricerca sul Gesù ebreo: una sovversione che Gesù visse nel suo tempo e che noi dobbiamo vivere in questa stagione storica .

Franco Barbero