Italia
Riformare il sistema di accoglienza
Venti anni fa la legge 189, più nota come Bossi-Fini, istituiva il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (Sprar), il primo sistema pubblico di accoglienza dei migranti e richiedenti asilo. Questo sistema, che oggi si chiama Sai, Sistema d'Accoglienza e Integrazione, non è mai diventato quel sistema unico che la legge prevede, ma continua a rappresentare meno di un terzo del totale dei posti di accoglienza in Italia. Più utilizzato è il sistema gestito dalle prefetture, Centri d'Accoglienza Straordinaria (Cas), che risponde unicamente al criterio dell'emergenza. Il sistema di accoglienza diffusa è stato lasciato alla volontaria adesione da parte dei comuni. L’eccessiva burocratizzazione ha molte volte ostacolato la territorializzazione dell'esperienza. È un sistema, dunque, che presenta notevoli criticità. È quanto emerge nell’indagine condotta dal Tavolo Asilo e Immigrazione, la coalizione più ampia delle organizzazioni della società civile impegnate per la promozione e la tutela dei diritti delle persone di origine straniera nel nostro Paese. Il Tavolo ha proposto un documento per una riforma del sistema d'accoglienza e avanzato proposte al governo e alle istituzioni responsabili dell'accoglienza. Si chiede innanzitutto di attuare il trasferimento delle funzioni amministrative ai Comuni, per la gestione ordinaria dell'accoglienza territoriale, in modo che si possa trasformare il modello Sai in un sistema unico di riferimento. I Cas devono garantire standard adeguati e uniformi, e comunque favorire il loro assorbimento nel sistema ordinario di accoglienza, meglio ancora se in esperienze famigliari. L’accoglienza diffusa si può rendere reale se si mette insieme l'intero territorio, non solo gli enti ma anche le singole persone.
Franca Cicoria, Rocca 1 agosto