giovedì 18 agosto 2022

LA VITTORIA IN GUERRA E' UN TRAGICO MITO

 Il mito della Vittoria


Il Foglio n.491

A più riprese nei primi giorni di maggio, Johnson, Biden, Zelenskyj e qualche altra voce parlano di volere la vittoria: non più di fermare la guerra e di passare a trattative, ma di vittoria! 
La vittoria in guerra è un tragico mito che dà ragione alla violenza e non alla ragione e al diritto. Una vittoria bellica è sempre seme di nuova guerra, di rivincita.Chi vince è prigioniero della sua vittoria.E' uno sguardo corto, stolto, fautore di nuovi disastri. La resistenza, invece è il diritto umano in azione. 
La resistenza trattiene-ferma l'aggressione e la violenza, e non intende sopraffare l'aggressore con la vittoria. La resistenza rende inutile all'aggressore la sua violenza aggressiva e resiste usando la forza umana del sopportare senza subire, del disobbedire che annulla la prepotenza: infatti, ogni potere consiste nell'essere obbedito, la disobbedienza lo svuota.La resistenza costa anche sacrifici e vite umane, ma paga questo prezzo nell'atto di vivere di, di promuovere vita libera: con questa forte coscienza morivano fortemente vivi fino ad oggi, i partigiani resistenti al nazifascismo, per la libertà nostra nella nostra Resistenza.
Abbiamo letto le loro ultime lettere, di vita e speranza, non di odio e morte.La resistenza non è guerra: si può anche morire per opporsi e resistere, ma non è, come nella guerra, morire per voler uccidere.Chi muore per uccidere  affonda sotto il potere della morte, è servo della morte, cade nella tragica illusione di vivere dando morte.
Questa è la guerra, ben diversa dalla resistenza.La guerra ripete la violenza che uccide.La resistenza sa anche morire ma per smettere di uccidere. La resistenza è per il diritto umano, la guerra è per produrre più morte.Vince in guerra che uccide di più. È la gara mortale.
Volere la vittoria è volere guerra e non pace.La resistenza invece ottiene la dignità di chi ha retto al male e si pone alla pari a trattare soluzioni giuste del conflitto. La resistenza non solo è giusta, ma non porta  una violenza-vittoria-rivincita.
Vincere vuol dire vincolare, legare. Il vinto veniva condotto in catene dietro il carro di trionfo: questa è l'immagine profonda arcaica del pensiero di guerra-morte-contro-morte ed è un pensiero cieco, ripreso oggi pericolosamente come volontà dichiarata. Una cosa è liberarsi dall'oppressione senza ripetere la sopraffazione, tutt'altro è lo spirito del vincere: sopraffare, "ridurre sotto". 
E questo è il linguaggio rivelatore di un Occidente intriso di volontà di egemonia, di conquista rapida di quei secoli, dedito al culto del primato espansionista, nell'orgoglio anche religioso di essere il bene contro il male.Non è certo questa la vera civiltà dell'Occidente: diritto, l'umanesimo, l'arte, l'universalismo, la spiritualità plurale, la laicità dello Stato.Putin merita certo, come ogni oppressore, di essere destituito, spogliato di quel potere ma non lo vinci davvero imitandone il vizio. La guerra è un tragico gioco di specchi, senza uscita umanità di uscire dalla guerra, quella altrui e la nostra. 
È in gioco la vita. Aiutiamoci in questa impresa degna.la vittoria è anzi parità, anzi fraternità, anzi giustizia, antipatiche, infatti vita.E' il trionfo della forza bruta, antitesi del diritto (Bobbio).
La logica di vittoria dice: vinca il più armato e violento. Nulla di peggio della vittoria, semi di violenza in risposta alla violenza vincente.
 La vittoria non è il gioco sportivo quando è leale, tantomeno è il pacato giudizio razionale di una corte di saggi: vediamo torti e ragioni, riconosciamo le ragioni.No, è la pura forza sfrenata che si pone come forza, non come ragione (l'ultimo messaggio di Allende).
Insegniamoci a vicenda a vivere senza uccidere, organizziamoci per vivere così, la vittoria sarà essere civili, concittadini dell'unico mondo.Abbiamo forte bisogno di criticare, dissacrare l'idolo della vittoria, maschera del dominio omicidio, sorriso capzioso della Morte.

E.P.