lunedì 22 agosto 2022

USARE LE RISORSE PER L'ACCOGLIENZA

Le case confiscate alla mafia per i profughi ucraini

Il ministero dell’Interno ha 622 strutture sequestrate da mettere a disposizione per chi fugge dalla guerra

Ma la macchina burocratica è lenta: In Emila c’è un primo esperimento che potrebbe fare da apripista

VANESSA RICCIARDI

Immobili costruiti con i soldi della 'ndrangheta, confiscati dallo stato, per anni sono rimasti in un limbo, senza possibilità di riutilizzarli per fini sociali. L'intuizione dell'amministratore giudiziario Rosario Di Legami è metterli a disposizione di chi fugge dalla guerra in Ucraina. L'operazione "dalla mafia all'accoglienza" che sta portando avanti Di Legami riguarda 12 appartamenti confiscata a Sorbolo, in provincia di Parma. Si tratta di un complesso edilizio tra i più ampi mai sequestrati alle cosche del nord. L'idea è figlia di un progetto già avviato per il loro riutilizzo che risale al 2020 dal nome Spazi per ricominciare".

Gli appartamenti sono stati affidati dal tribunale all'amministratore Di Legami dopo Aemilia, il più grande processo alla 'ndrangheta nel nord che si è svolto tra il 2016 e il 2018. «La sinergia istituzionale porta sempre ottimi frutti, nel caso particolare con la regione Emilia-Romagna, il sindaco di Sorbolo e la prefettura», dice Di Legami. Durante il picco del Covid-19 alcuni immobili dei mafiosi sono diventati degli appartamenti per le madri e le mogli in difficoltà, vittime di violenza e di intollerabilità", situazioni di vita insopportabile all’interno del nucleo familiare durante la pandemia. In seguito, sono stati convertiti per l'accoglienza dei profughi afghani, che però non sono mai arrivati. Con l'emergenza ucraina Di Legami ha avuto già il via libera del ministero dell’Interno per quattro appartamenti a Sorbolo.

I beni confiscati

La macchina del ministero si muove lentamente. I migranti hanno cominciato ad arrivare dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio, ma solo il 7 marzo il Viminale ha avviato il censimento degli immobili confiscati alle mafie per capire quanti fossero disponibili per l'accoglienza. Un mese dopo l'inizio della guerra, il 25 marzo, la ministra Luciana Lamorgese ha firmato il protocollo per il loro utilizzo e ha dato conto delle strutture: 622.

L'Agenzia dei beni confiscati ne gestisce direttamente 229, che annoverano anche due strutture alberghiere, una in Sicilia e una in

Lombardia, per una capacità ricettiva stimata di 1.671 posti tra i beni in capo all'Agenzia e non ancora assegnati. Poi ci sono altri 388 beni destinati ai comuni ma non ancora utilizzati. Una capienza di 1.356 posti ha detto la ministra durante un'audizione.

Il ministero ha specificato che non si aspetta che la richiesta sia immediata, perché degli oltre 75mila profughi giunti in Italia il 29 marzo, 5.600 sono ospitati nei centri di accoglienza straordinari. Ben 69mila in case private. A questi ultimi la Protezione civile ha stabilito che verrà dato un contributo mensile: 300 euro ciascuno per la durata massima di tre mesi a partire dalla data d'ingresso in Italia, 150, invece. per ogni minorenne.

Il caso Emilia

A Sorbolo. intanto, è già tutto pronto: «Abbiamo pensato di dare subito gli immobili disponibili, altri otto appartamenti, invece, saranno assegnati una volta che l'Agenzia per i beni confiscati darà il via libera». Per questi altri, gli imprenditori hanno donato letti, armadi, ma anche i sanitari e ridipinto le pareti. In questa operazione, ribadisce Di Legami, si sente «il senso di comunità dell'Emilia-Romagna».

I quattro appartamenti già allestiti accoglieranno le prime famiglie tra una settimana. Da qui a un mese e mezzo, secondo l'avvocato, saranno destinati tutti e 12 le abitazioni. Tuttavia i problemi non sono stati del tutto assenti in questa storia. Problemi operativi principalmente: «Aspettavamo alcuni chiarimenti: chi paga le bollette, chi paga il condominio?», dice Di Legami.

Il ministero dell’Interno, contattato da Domani, ha escluso ulteriori blocchi dovuti a questioni non secondari e di risorse da investire: «Non ci saranno problemi, probabilmente sarà la stessa Agenzia

per i beni confiscati a fornire i fondi, comunque si troveranno», rassicurano dal Viminale. Di Legami specifica che una soluzione si troverà, al massimo «se ne occuperà il comune e verranno rimborsate in seguito tramite prefettura». Di certo attorno al progetto emiliano si è creata una rete di solidarietà territoriale notevole. Per esempio sull'arredamento delle case confiscate c’è stata una corsa alla donazione impensabile, sottolinea l'amministratore: «La generosità dell'imprenditoria va valorizzata anche dopo l'emergenza, magari pensando a progetti di lungo termine con project financing sui beni confiscati da riadattare per fini sociali»,

Il fallimento e il lavoro

I beni confiscati e le aziende in amministrazione giudiziaria non sempre riescono ad avere nuova vita: «C'è una tendenza del legislatore privilegiare la vendita piuttosto che la valorizzazione, tipico dei procedimenti fallimentari». Nello specifico in questo caso Di Legami si riferisce non alle case ma a una decina di aziende di cui si occupa nel nocerino, in Campania, di cui cinque di trasporti. L'amministratore giudiziaria cerca di mantenerle in operatività, e anzi di farle crescere.

Attualmente c’è una carenza di lavoratori per i camion: «C’è difficoltà a trovare italiani che vogliano fare gli autisti», risponde semplicemente. «Per questo sto assumendo sette lavoratori ucraini». Gli uomini che si preparano a ricominciare facevano già gli autisti e Di Legami ha saputo delle loro necessità tramite altri impiegati: «Con la guerra stiamo assistendo all’esodo di milioni di persone e grandi professionalità».

Il governo, dopo un momento di esitazione, il 29 marzo ha varato il Dpcm che norma la permanenza dell'enorme flusso di persone che risiederà in Italia. Il permesso di soggiorno ha validità di un anno e può essere prorogato per un altro. Con il documento, i profughi avranno accesso all'assistenza sanitaria del servizio nazionale, e anche al mercato del lavoro e allo studio. Per ora c'è «il momento di solidarietà ma poi il problema del lavoro dovrà essere affrontato». E anche in questo caso, c'è chi si è mosso prima del governo: «Ho pensato alla valorizzazione dell’impresa sequestrata con finalità umanitaria» racconta Di Legami, che già prima del Dpcm si preparava ad assumere.

In futuro non sappiamo se i profughi ucraini torneranno tutti a casa, magari qualcuno di loro resterà: «Inserire chi scappa dalla guerra direttamente nel mondo del lavoro vuol dire integrare in una comunità e porre le basi della solidarietà».

Domani 31 marzo