giovedì 10 novembre 2022

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA DI DOMENICA 13 NOVEMBRE 2022

APOCALISSE: EPPURE IL GIARDINO FIORIRA'

Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse:"Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta".

Gli domandarono:"Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?".

Rispose:"Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo:"Sono io" e:"Il tempo è prossimo"; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine".

Poi disse loro: "Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa, io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime".

(Luca 21, 5-19).


Il contesto letterario apocalittico

Questi versetti vanno letti nel contesto del più ampio "discorso apocalittico" (Luca 21, 5-38).  I biblisti ci avvertono che lo stesso Gesù dovette fare i conti con le profezie del suo tempo, con i dubbi circa il "momento" dell'adempimento del regno di Dio.

E' probabile che lo stesso Gesù abbia condiviso, com'era nella cultura diffusa dei suoi contemporanei, un certo orizzonte dell'imminenza, della prossimità di una svolta di un intervento risolutore di Dio.

Quando Luca scrive verso gli anni 85 -90 ha ancora nella memoria e nel cuore l'evento della distruzione del tempio di Gerusalemme e la capitolazione delle città. Sembrò allora a tutti come la fine del mondo o, almeno, la fine di un mondo. Il linguaggio apocalittico, messo sulla bocca di Gesù, è con tutta probabilità una elaborazione di alcuni insegnamenti del maestro avvenuta in un contesto di crescente opposizione.

 La comunità, che ancora non è una realtà autonoma dall'ebraismo, respira ancora il clima dell'attesa imminente, ma comincia a prendere atto del fatto che i tempi si allungano. 

Alle spalle di questo discorso si avverte una situazione difficile, contrastata. Il futuro della comunità è pieno di ombre, di incertezze e il clima generale non promette nulla di buono. Il discorso apocalittico "dipinge" ed enfatizza le difficoltà che i discepoli e le discepole dovranno incontrare, ma, soprattutto nella seconda parte del capitolo, conferma la comunità nella fiducia perché "l'estate è vicina" (v.30) e il regno di Dio è vicino (v.31). Nei versetti dal 34 al 38 Luca riprende l'insegnamento di Gesù sulla preghiera e sulla vigilanza per avere la forza di affrontare i tempi difficili che si presenteranno.


Fiducia dentro la tempesta

Il Vangelo non disegna mai per i discepoli un cammino tra le stelle ma, fedele al percorso storico del nazareno, sa che seguire le tracce di Gesù significa inoltrarsi su sentieri molto concreti e spesso contrastati.

Pur avendo alle spalle una "cultura" della imminente venuta del regno di Dio, Luca sta prendendo consapevolezza che i tempi si allungano e, già nella stesura del Vangelo, corregge i mitiga la dimensione apocalittica che lo stesso Gesù di Nazareth viveva.

Non si tratta di fare calcoli esoterici sulla fine del mondo giocando agli indovini. Si tratta, invece, di guardare in faccia la realtà presente e di assumerci in essa le nostre personali e comunitarie responsabilità. Per nostra fortuna, la realtà spesso ha i colori e il profumo della gioia, dell'amore e della pace. Ma – qui il discorso apocalittico svolge una sua specifica funzione – la storia e il cammino di fede non si arrestano, non perdono senso e prospettiva anche quando si addensano all'orizzonte le nubi più nere e si sono chiuse le strade verso il futuro. Questa è l'esortazione preziosa da raccogliere: possiamo vivere delle stagioni storiche, personali ed ecclesiali in cui sembra spegnersi ogni speranza e tramontare ogni luce che illumini un sentiero verso il futuro. Il discorso apocalittico non ci offre le ali d'aquila per volare fuggendo oltre il presente. Ma con il suo caratteristico stile assertivo che avvicina troppo la soluzione, ci esorta a riporre fiducia nella misteriosa presenza di Dio che non abbandona a se stessa la realtà del mondo e non abbandona coloro che cercano di camminare nella vigilanza e nella perseveranza. Questo va ricordato anche in questi giorni in cui si vede il trionfo d'egoismo, del militarismo e del potere economico.


Oggi per noi

Non è facile neppure oggi tenere aperto il cuore alla fiducia in Dio e nel futuro dell'umanità e del creato. Eppure il centro della nostra fede è qui: il Dio creatore è soprattutto il Dio che ci accompagna, che immette amore, energie e speranze in tutte le arterie del creato. Certi momenti di "disperazione storica" sono paradossalmente spazi e pozzi di ripartenza. Certo, dopo anni di degrado, di latrocini e di sporcaccioni al governo, questa Italia è da ricostruire e siamo soprattutto noi che dobbiamo ripensare il nostro rapporto con lo straniero, con la terra, con i consumi, con la televisione, con la nostra interiorità.


L'anticreazione è in atto

E' tempo di responsabilità, di perseveranza, di consapevolezza.

Ovunque dilaga una corruzione che supera ogni misura. Il surriscaldamento del pianeta, lo sfruttamento selvaggio delle risorse, i rifiuti tossici sepolti nel cuore della nostra madre terra, l'avvelenamento dei cibi e dell'aria che respiriamo, l'inquinamento acustico, la diffusione delle droghe, la violenza contro le donne e gli omosessuali, gli abusi sui minori, il commercio delle vite umane, l'industria delle armi e il turismo sessuale … costituiscono una realtà devastante ed allarmante.

Stiamo giocando una "partita" di distruzione del creato. Spesso in una inconsapevolezza pari alla gravità della situazione,viviamo come se il pianeta non fosse una realtà vivente di cui siamo parte e di cui dobbiamo prenderci cura. 

Di questo "giardino" stiamo facendo una pattumiera, inconsapevoli del "pianto della terra", dei segnali che ci giungono dagli oceani, del richiamo severo degli tsunami. Il creato vuole avvertirci, invitarci ad invertire la rotta di un modo di vivere che è sfruttamento sistematico della "catena della vita".

È non c'é tempo da perdere se anche i ghiacciai si sciolgono e le acque diventano incontenibili.

Se corriamo dietro al mito della crescita illimitata, dei consumi sempre maggiori, diventiamo complici anche noi di questo processo di distruzione.


Ecoteologia e pratiche di cura

Oggi le chiese cristiane parlano di ecoteologia per dirci che Dio ci chiama a diventare responsabili della "casa comune" che è il mondo, il creato.

Che cosa possiamo fare noi piccole creature in questo caos che è una liturgia funebre, nascosta da molte apparenze e da tante illusioni, voluta dai padroni delle banche, delle multinazionali, dagli straricchi di questo mondo?

È la perseveranza (vers.19) sulla strada di Gesù che crea in noi una prospettiva diversa. Ciascuno/a di noi, nei piccoli gesti di una vita sobria e coerente, può diventare un alleato del Dio creatore, contrastare le pratiche di corruzione e di inquinamento.

Sì, io debbo partire da me, dal cambiamento del mio stile di vita, dalla conversione del mio quotidiano relazionarmi con le cose e con le persone, cercare il bene comune contro il galoppante individualismo.

Questo può essere anche nelle nostre parrocchie e nelle nostre comunità un momento propizio. Anche papa Francesco offre alcuni stimoli non indifferenti, ma nessuno/a di noi può aspettarsi da qualche altro la parte che gli compete in proprio.

 

Resistere e resistere

Non possiamo fermarci a qualche buona idea ecologica, a qualche saltuaria iniziativa: occorre dare nostro uno stile di vita personale e comunitario che non lasci spazio ai valori e ai comportamenti della logica dell'esclusione. Ormai il cristiano non può che essere una persona sovversiva, non può che dichiarare e praticare la propria opposizione alla società delle disuguaglianze.

Dal Cile alla Libia a Taranto….si scaricano sistematicamente sui poveri la disperazione di una vita senza lavoro, senza tutele per la salute, senza futuro e senza dignità. Dio ci invita alla ribellione, a manifestare apertamente il nostro dissenso, a non cedere all'indifferenza o alla rassegnazione, come se l'oppressione dei deboli fosse il destino dell'umanità. Tutto questo a partire da oggi.

 Caro Dio

voglio essere un amico, un Tuo alleato nella cura del creato.

Insegnami a scoprire e a vivere con gioia e con impegno la compagnia di tutte le creature per rimuovere qualche ingiustizia e per far fiorire un po' di giustizia e di felicità.