Gli scontri
Sapienza, polizia contro gli studenti di sinistra “Presi a manganellate”
di VALENTINA LUPIA e LUCA MONACO
ROMA — «Le cancellate della facoltà erano già chiuse a chiave — denunciano gli studenti — volevamo solo attaccare uno striscione all’ingresso, la polizia ci ha aggrediti a freddo: è assurdo». Alla prima protesta autunnale nel cuore della Sapienza, il principale ateneo romano, parte la carica. Il reparto mobile, schierato davanti al dipartimento di Scienze politiche, blindato per consentire il convegno sul capitalismo organizzato dalla sigla di destra Azione universitaria, alla presenza del deputato Fdi e presidente di Gioventù nazionale Fabio Roscani e del giornalista Daniele Capezzone, si apre improvvisamente: i manganelli picchiano sulle teste dei ragazzi dei collettivi universitari. I più grandi, in prima fila, hanno vent’anni appena. Sono le 11. Sarà una casualità, mentre la mobilitazione anti-fascista viene repressa senza complimenti, qualche chilometro più in là, Giorgia Meloni, nelle corso delle dichiarazioni programmatiche alla Camera, osserva: «Non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso». Gli studenti sorridono amaro. Il bilancio finale sarà di un ragazzo denunciato per violenza privata, perché ha colpito gli agenti con l’asta di una bandiera, venti studenti contusi e due feriti. Sette agenti sono andati a farsi refertare in ospedale. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi difende l’operato degli agenti: «La polizia ha fatto in modo che una manifestazione autorizzata si svolgesse regolarmente. Abbiamo evitato un assalto».
L’Università, ricorda la rettrice Antonella Polimeni, «deve essere un luogo in cui si studia, si cresce, in cui bisogna incontrarsi e confrontarsi, non scontrarsi fisicamente». Il preside di Scienze politiche Tito Marci taglia corto: «Nella mia facoltà devo dare voce a tutti». Dopo i disordini, oltre mille attivisti dei collettivi universitari e delle sigle antifasciste Cambiare rotta, Fronte della gioventù comunista e Sinistra universitaria, hanno sfilato in corteo lungo i viali della città universitaria.
Amir, un 22enne studente in Economia, ha i pantaloni sporchi di sangue. «I miei capelli stile rasta mi hanno salvato — assicura — hanno ammortizzato la violenza delle manganellate. Un colpo mi ha procurato un taglio alla testa, mi hanno medicato sul posto. I medici mi hanno consigliato di fare una tac per escludere che abbia una commozione cerebrale. Per ora sto bene, ma è stato brutto».
Anche Federico, 19enne studente in Scienze politiche, è stato colpito, «con tre manganellate al fianco — ricostruisce — una sulla mano, altre tre alla testa: è la prima volta che mi succede. Ero tra quelli che tenevano lo striscione, all’improvviso non si è capito più nulla».
La digos analizzerà i filmati registrati dalla Scientifica durante le cariche per valutare se denunciare altri ragazzi. «Tutto il mio sostegno a Polimeni. La libertà di parola — ragiona la ministra dell’Università Anna Maria Bernini — non è una strada a senso unico. Chi inibisce la manifestazione del pensiero altrui non comunica, prevarica». Una lettura che il leader del M5s Giuseppe Conte non condivide affatto: «Le manganellate sugli studenti indifesi sono un’immagine che mette i brividi». C’è un clima «di intolleranza inaccettabile — aggiunge la senatrice dem Cecilia D’Elia — specie in un luogo come l’università».
La Repubblica 26 ottobre