Allontanamento zero è legge
la destra esulta in aula
di Mariachiara Giacosa
Tra gli applausi della maggioranza, e le proteste dell’opposizione, “Allontanamento zero” è legge.
Dopo oltre tre anni da quando il provvedimento era passato in giunta, “annunciato” da quello striscione «Mai più Bibbiano» appeso dagli assessori di Lega e Fratelli d’Italia tra i balconi del palazzo della Regione in piazza Castello, la norma che ridisegna il sistema degli affidi, nato proprio a Torino all’inizio degli Anni Settanta, e della tutela dei minori in situazione di fragilità famigliare, incassa il voto compatto di tutto il centrodestra.
E incassa pure la presenza (quasi) al completo della giunta che ha partecipato ai lavori riempiendo banchi solitamente sguarniti, e votato il provvedimento. L’ha fatto anche il presidente del Piemonte Alberto Cirio (il suo sì è stato messo a verbale perché dalla sua postazione non funzionava il sistema di conteggio elettronico) in una delle sue non frequentissime presenze in aula. Un modo, anche fisico, per fare testuggine su uno dei provvedimenti più contestati di questa legislatura di cui è diventato una bandiera anche ideologica. E si spiega così il no, ancora ieri mattina, alla quinta seduta in Aula, alle opposizioni che chiedevano, dopo aver visto respinta la maggior parte degli emendamenti, la modifica in extremis del nome.
«”Allontanamento zero” significa che per i bambini in situazioni difficili non c’è speranza», è la sintesi degli interventi dei partiti di minoranza. Per Caucino, invece, anche la scelta lessicale va difesa. «Mai più bambini in comunità con sbarre alle finestre e lucchetti alle porte; mai più bambini strappati in lacrime dai genitori; mai più bambini allontanati a tradimento da scuola», ha detto.
Dura la reazione dai banchi della minoranza. «Se sa queste cose vada a denunciare in Procura», l’ha incalzata la consigliera Pd Monica Canalis. «Da oggi le famiglie piemontesi sono più sole, l’interesse del minore è subordinato a quello dell’adulto e l’affido è ufficialmente sotto attacco. Si torna indietro di oltre 50 anni», hanno sostenuto Canalis e il capogruppo Gallo. Francesca Frediani del Movimento 4 ottobre ha parlato di «provvedimento ideologico che delegittima il lavoro dei servizi sociali e svilisce il ruolo delle famiglie affidatarie, per consacrare il legame di sangue quale unico sistema per crescere e allevare i figli».
Uno dei punti cardine della norma è infatti la centralità della famiglia naturale: «Magari malandata, magari con difficoltà, è comunque il luogo giusto in cui i bambini devono crescere», ha detto Caucino. L’“Allontanamento zero” prevede infatti che prima di separare un minore dal nucleo familiare di origine per cause di fragilità o di inadeguatezza genitoriale i servizi sociali debbano seguire la famiglia per almeno sei mesi, tempo nel quale la si potrà aiutare, anche dal punto di vista economico, senza però allontanare i bambini.
Una parte dei soldi con cui oggi la Regione paga le rette dei bambini in comunità, o in famiglia, andranno come contributi alla famiglia d’origine, nella convinzione che, soprattutto quello delle comunità, sia in alcuni casi un giro d’affari e che «non siano luoghi degni per recuperare i minori». Nei casi in cui l’allontanamento sia comunque inevitabile – per abusi, reati, pericolo per la sicurezza e la salute del bambini – si dovrà privilegiare la famiglia, fino al quarto grado di parentela, lasciando solo come ultima possibilità quella di affidare il minore ad una famiglia esterna, dove comunque non potranno esserci più di due minori in questa situazione e non più di cinque figli, contando quelli naturali.
Il capogruppo della Lega Alberto Preioni ha dedicato il provvedimento ai genitori-nonni, una coppia di genitori dell’Alessandrino, protagonisti di una lunga vicenda giudiziaria sfociata nell’allontanamento della figlia.
«Secondo i nostri dati l’80 per cento degli allontanamenti si può evitare aiutando le famiglie a risolvere i problemi» ha spiegato Paolo Bongioanni di Fratelli d’Italia, partito che nei mesi scorsi aveva criticato alcune aperture dell’assessore Caucino alle tante obiezioni arrivate da servizi sociali, associazioni, avvocati e famiglie affidatarie.
La Repubblica 26 ottobre