Il richiamo della foresta: porti chiusi e guerra alle Ong
di Carlo Bonini
Sui migranti la destra ricomincia esattamente da dove aveva finito. Con parole d'ordine trite-i porti chiusi e le acque territoriali interdette, le Ong fuorilegge - che da anni ingrassano la sua agenda della paura e che ricacciano un tema epocale e di estrema complessità in una dimensione esclusivamente "securitaria". La sciatta evocazione della fase tre della missione navale europea Sophia, l'assenza di ogni riferimento a una strategia di politica estera in un paese chiave come la Libia, e più in generale con i paesi dell'Africa sub-sahariana (se si eccettua un generico richiamo a «un piano Mattei per l'Africa», a «un modello virtuoso di collaborazione e crescita tra Ue e nazioni africane»), non riescono a dissimulare l'assenza di un concreto progetto politico da discutere in seno all'Ue per una riforma dei trattati sull'accoglienza e redistribuzione (peccato originale di cui la destra porta la paternità con i governi Berlusconi). Nessun riferimento alla tragedia umanitaria che continua a consumarsi davanti alle nostre coste (dal 2021 all'ottobre di quest'anno 2.836 innocenti, secondo dati dell'Oim diffusi ieri, hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo) e generiche rassicurazioni sul diritto d'asilo. Una sola concessione, nella replica e in nome di un rivendicato «patriottismo solidale», alla «vergogna dello sfruttamento dei migranti in agricoltura, per la quale ci sentiamo impegnati a dare delle risposte». Quali, la Meloni non dice. Sul tema dei flussi per governare gli ingressi, la destra è e resta ferma alla Bossi-Fini. Come riconosce la stessa premier: «Non ho cambiato idea su nulla».
La Repubblica 27 ottobre