mercoledì 7 dicembre 2022

Comunità  cristiana  di  base  di  via  Città  di  Gap,  Pinerolo

NOTIZIARIO DELLA CASA DELL'ASCOLTO E DELLA PREGHIERA

Puoi sfogliare il nostro notiziario al link che segue:

https://www.sfogliami.it/fl/265510/3nh7t8mdu6t3sssku1ks33uxc3t53p7

N°96 dicembre '22



 

In evidenza:

     INCONTRI COMUNITA' IN SEDE E SU MEET

- 4, 11 e 18/12 h 10: eucarestie

- 6, 13, 20 e 27/12 h 21: gruppi biblici on line

- 9/12 h 18: incontro di preghiera

- 15, 22 e 29/12 h 17:45: gr. bibl. in presenza

- 18/12 ore 10:45: assemblea comunitaria

- 24/12 ore 21: veglia di Natale

- 31/12 h 17: ora di silenzio e meditazione

     RECENSIONI E SEGNALAZIONI

- L. Ferrajoli, Per una costituzione della Terra

- G. A. Fava, Uscire dalla sofferenza mentale

     SPUNTI PER MEDITARE E RIFLETTERE

- I vescovi tedeschi fanno pressione…

- Il gioco

    DALLA NOSTRA COMUNITA'

- Questa comunità

APPUNTAMENTI COMUNITA' IN SEDE (v.Città di Gap) E SU MEET

NB: da questo mese proponiamo un gruppo biblico solo on line, il martedì alle ore 21 (ci si può collegare dalle h20:45 usando il link meet.google.com/qpe-wfjz-cdp) e un gruppo biblico solo in presenza, il giovedì alle ore 17:45 (a Pinerolo, presso la sede via Città di Gap, 13). L'eucarestia della domenica alle h10 sarà in presenza e on line (colleg. dalle h9:45 meet.google.com/vpu-vkkh-wfm).

     DOMENICA 4 DICEMBRE h10/11:30 – Eucarestia (prepara Gilda). A seguire pranzo e incontro comunitario nel primo pomeriggio. Sarà con noi anche Michelangelo Ventura.

     MARTEDI' 6 DICEMBRE h21 – Gruppo biblico dedicato ad un tema: Valentina Pazé presenta il libro "Per una costituzione della Terra" di Luigi Ferrajoli, ed. Feltrinelli (vedi a pag.2).

     VENERDI' 9 DICEMBRE h18 – Incontro di preghiera (prepara Sergio Serafini).

     DOMENICA 11 DICEMBRE h10/11:30 – Eucarestia (prepara Valter).

     MARTEDI' 13 DICEMBRE h21 e GIOVEDI' 15 h17:45 – Gruppo biblico: su Luca 10 (preparano il martedì Manuela e il giovedì Ada).

     DOMENICA 18 DICEMBRE h10/10:45 – Eucarestia (prepara Antonella e Sergio).

     DOMENICA 18 DICEMBRE h10:45/11:30 – Assemblea di comunità

     MARTEDI' 20 DICEMBRE h21 e GIOVEDI' 22 h17:45 – Gruppo biblico: su Luca 11.

     SABATO 24 DICEMBRE h21 – VEGLIA DI NATALE (prepara un gruppo ad hoc).

     MARTEDI' 27 DICEMBRE h21 e GIOVEDI' 29 h17:45 – Gruppo biblico: su Luca 12

     SABATO 31 DICEMBRE h17 – Ora di silenzio e meditazione

ALCUNI APPUNTAMENTI con Franco Barbero

    VENERDI' 16 DICEMBRE dalle ore 16,45 alle ore 18,30 – Corso biblico a Torino: discuteremo sui miracoli nel vangelo di Luca. L'incontro ha cadenza mensile e si svolge presso il saloncino della libreria Claudiana (a Torino, in via Principe Tommaso, 1). Per informazioni contattare Anna Campora (3487136965) e/o Maria Zuanon (3497206529).

 

NOTIZIE DA GRUPPI E COLLEGAMENTI

Incontro cdb Piossasco e cdb via Città di Gap

Si segnala che, differentemente da quanto comunicato nel precedente notiziario, a causa della concomitanza con l'incontro pubblico sugli abusi nella chiesa cattolica, il prossimo incontro intercomunitario di programmazione, precedentemente previsto per il 3 dicembre, si svolgerà lunedì 14 gennaio alle ore 15, presso la sede della comunità di via Città di Gap, 13 a Pinerolo. Chiunque voglia partecipare è benvenuto/a.

Confermiamo l'ordine del giorno:

- 1) I Ministeri in Comunità.

- 2) Il servizio della Parola (studiare la Bibbia per renderla fruibile a tutti/e).

- 3) Programmazione per il 2023: discuteremo degli incontri pubblici e online, della festa di Comunità prima dell'estate e della celebrazione e festa per i 60 anni dell'ordinazione di Franco (in autunno).

Presentazione del libro "Per una costituzione della Terra"

Martedì 6 dicembre alle ore 21 (è possibile collegarsi via meet dalle ore 20:45), Valentina Pazé presenterà il libro di Luigi Ferrajoli "Per una costituzione della Terra. L'umanità al bivio" (ed. Feltrinelli). Qui sotto, nella sezione "recensioni e segnalazioni" di questo notiziario, pubblichiamo una breve recensione della relatriceIl link per seguire l'incontro è quello usuale del gruppo biblico on line della nostra comunità: http://meet.google.com/qpe-wfjz-cdp

 RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Luigi Ferrajoli, Per una Costituzione della Terra. L'umanità al bivio

Nel volume Per una Costituzione della Terra. L'umanità al bivio (Feltrinelli, Milano 2022), Luigi Ferrajoli riprende e sviluppa il progetto cosmopolitico kantiano, tenendo conto degli inediti pericoli che incombono sull'umanità.

Il genere umano si trova oggi di fronte a emergenze globali che mettono in forse la sua stessa sopravvivenza, come la catastrofe ecologica e la minaccia nucleare. Per la prima volta nella storia dell'umanità è concretamente possibile che non il pianeta, ma la specie più presuntuosa e aggressiva che lo ha colonizzato – l'homo sapiens –, si estingua.

E' per questo divenuto urgente riprendere e rilanciare l'idea di un patto di convivenza tra i popoli, a partire dalla riflessione sulle cause del fallimento dell'ONU, il più recente tentativo che sia stato realizzato di dare vita a un'istituzione globale finalizzata a bandire la guerra dalla storia. Si tratterebbe di espandere il paradigma del costituzionalismo, imponendo vincoli e limiti ai "poteri selvaggi" dei mercati globali, oltre che degli Stati sovrani, e introducendo idonee garanzie per diritti che sono oggi già riconosciuti da costituzioni e documenti internazionali, salvo essere scandalosamente disattesi, a partire dal diritto alla libera circolazione sulla Terra. Questi i fini della costituenda Federazione della Terra: "garantire la vita presente e futura sul nostro pianeta in tutte le sue forme", ponendo termine alle emissioni di gas serra e al riscaldamento climatico, all'inquinamento di aria, acqua e suolo, alla deforestazione, alla biodiversità e alle sofferenze crudeli inflitte agli animali; "mantenere la pace e la sicurezza internazionale", sopprimendo gli eserciti statali, mettendo al bando tutte le armi di distruzione di massa e riconoscendo il monopolio della forza legittima in capo a un'istituzione imparziale; "realizzare l'eguaglianza di tutti gli esseri umani nei diritti fondamentali" e nell'accesso a risorse vitali come l'aria, l'acqua, le foreste, i farmaci salva-vita, i vaccini. 

Un'utopia? L'autore non si nasconde le difficoltà insite in questo progetto, ma invita a evitare il "pessimismo disfattista e paralizzante" di chi si arrende all'apparente mancanza di alternative e a considerare che ad essere davvero fuori dalla realtà, oggi, è chi in Occidente si illude di poter continuare impunemente a godere dei propri privilegi, distruggendo il pianeta e condannando alla fame e alla miseria il resto del mondo.

(in libreria per Feltrinelli edizioni, 2022)

Valentina Pazé

Giovanni Andrea Fava, Uscire dalla sofferenza mentale. Storie di cure e di autoterapia

Non sono certo in regola e all'altezza dei titoli di competenza di Giovanni Fava, medico, psichiatra e docente universitario di fama internazionale.

I suoi libri, le riviste scientifiche in cui ha collaborato e le esperienze così vaste che ha compiuto come terapeuta, non mi faciliterebbero queste mie brevi riflessioni se non per due motivi: il legame che da molti anni viviamo di reciproca empatia culturale e spirituale e il fatto che da ben 45 anni, come semplice volontario, pratico l'ascolto quotidiano di persone in difficoltà di vario genere.

Quello che veramente ha fatto breccia in me è il fatto che, uno scienziato del suo livello, senza la minima ombra di sottovalutazione di tutto l'arco delle discipline della psicanalisi, non si è mai staccato di un centimetro dal contesto esistenziale del paziente. Mi sembra che per il suo lavoro l'ascolto è sempre il primo passo della relazione e della terapia. Questo è per me ciò che oggi ha bisogno di essere ribadito per molti ambiti delle relazioni terapeutiche e della cura.

In queste pagine ho visto scomparire l'onnipotenza del terapeuta e l'onnipotenza oggi galoppante del farmaco. Leggendo questi brevi racconti, che presentano casi clinici, la proposta terapeutica del professor Fava emerge come l'invito a far emergere le energie e le risorse sovente sconosciute ma reali, come metodo per uscire dalla sofferenza mentale.

Il suo sguardo, come le sue parole, non dicono la verità, ma accompagnano il paziente a cercarla.

Nella mia esperienza, certo meno significativa, ci sono due parole che dico sempre all'utente che incontro: ogni persona che arriva in questa sede è per me un dono e potrò solo accompagnarti alla scoperta del futuro, del positivo, del vitale che è in te.

A me sembra che l'autoterapia proposta da Giovanni Fava sia "la psicoterapia" come autoterapia guidata che si basa primariamente sulla capacità dello psicoterapeuta di mobilitare le capacità interne di guarigione attraverso modalità psicologiche" (pag.99) e "mediante il rapporto speciale che si instaura, e attraverso la propria esperienza, quello di indicare la strada , aiutare a superare le difficoltà che si possono incontrare e infondere la forza e la fiducia che sono necessarie

per percorrerla" (pag.99). Mi fa piacere constatare che anche per Giovanni Fava "c'è voluto molto tempo" (pag,46) per vedere persone rinascere: avevano lentamente scoperto l'altra parte di sé, le pietre preziose del proprio cuore.

Nel mio caso si trattava il più delle volte di persone che, come spiegava egregiamente padre Ortensio da Spinetoli ne "L'inutile fardello" ("Chiarelettere", 2016), erano state crocifisse o schiacciate dall'ossessione del peccato e della espiazione. Avevano subito già dal catechismo un insegnamento religioso estraneo al Vangelo di liberazione di Gesù di Nazareth.

Da queste pagine ricevo e trovo conferma che incontrare, ascoltare, regalarci del tempo, saper imparare è l'aspetto centrale delle relazioni che ci aiutano a uscire dalle sofferenze specialmente mentali e non solo. Questo è, a mio avviso, la conversione necessaria ad una certa psichiatria ortodossa ed è un discorso che molto spesso renderebbe più ridotto e utile il ricorso al farmaco: discorso poco piacevole alle industrie farmaceutiche. Credo che sia utilissimo diffondere e leggere questo libro perché poche volte succede che le acquisizioni scientifiche trovino una coniugazione critica e costruttiva ed una "narrazione" disponibile ad ogni lettore e lettrice desideroso della propria ed altrui felicità.

(in libreria per TAB edizioni, 2022, pp.108, €12)

Franco Barbero

SPUNTI PER MEDITARE E RIFLETTERE

I vescovi tedeschi fanno pressione sul vaticano: celibato facoltativo e ministero delle donne

L'emorragia di fedeli in Germania ha toccato vette inedite: 360 mila credenti hanno voltato le spalle alla Chiesa cattolica in quest'ultimo anno, dopo gli ennesimi scandali sui preti pedofili. 

E se c'era una cosa che il capo dei vescovi, Georg Bätzing, non poteva permettersi, era tornare a mani vuote dalla settimana di confronto con i maggiorenti della Curia romana sul "cammino sinodale" tedesco, il percorso riformista che, innescato dall'epocale crisi degli abusi sessuali, ha dato il via a proposte – benedizione delle coppie gay, ripensamento del celibato obbligatorio, donne diacono se non donne prete – che da mesi fanno salire l'apprensione in Vaticano. Spinta rafforzata dal fatto che i tedeschi sono tra i maggiori contribuenti delle finanze della Chiesa.
Venerdì era sembrato persino che la Curia potesse imporre una moratoria sulle riforme, in sostanza la fine del percorso sinodale. 

Proposta che, come recita un educato comunicato congiunto, «non ha trovato spazio». La discussione sui cambiamenti chiesti a gran voce dai vescovi tedeschi, dunque, continua.
Bätzing, costretto a un funambolismo complesso tra le resistenze vaticane e le spinte riformiste delle sue parrocchie, non ha mancato di tirare qualche linea rossa, prima di tornare in Germania. Il capo dei vescovi tedeschi ha dichiarato che «i problemi che abbiamo messo sul tavolo non si possono più rimuovere». E su uno dei nodi principali posti dalla Chiesa tedesca, l'accettazione delle coppie dello stesso sesso, il vescovo non arretra e ha promesso di «benedirle, senza se e senza ma».
A Roma suggeriscono pazienza. Ma già in primavera la presidente del Comitato centrale dei cattolici, Irme Stetter-Karp, aveva puntualizzato che «bisogna affrontare in modo strutturale alcuni temi, soprattutto le strutture di potere e come il potere viene distribuito». 

Quanto alla ridefinizione del celibato, l'altra richiesta dirompente arrivata dai vescovi tedeschi insieme a quella di un maggiore coinvolgimento delle donne nella Chiesa, Stetter-Karp richiama la discussione avvenuta in seno al sinodo amazzonico e auspica che 'ci possano essere in questo campo delle convergenze tra chiese nazionali'. E che prima o poi arrivi anche 'un'apertura da Roma'.
L'irritazione dei vescovi tedeschi è palpabile anche per la scelta di papa Francesco di non presenziare al momento più vivo della discussione. «Servono coraggio e pazienza per trovare una soluzione», erano state le parole di Bergoglio, «la tensione è necessaria». 

E di certo questa non è mancata sotto le volte affrescate del Palazzo apostolico. Soprattutto quando il Papa ha deciso di disertare la discussione il giorno dopo, lasciando il campo alle due squadre. Che hanno ingaggiato non una resa dei conti ma comunque un confronto «tosto e civile» (parole di Bätzing), prolungatosi ben oltre l'orario previsto, e concluso con la diplomatica considerazione del cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, che «non si potrà non tenere conto» del confronto. Che, almeno, questa volta è stato diretto, schietto, concreto. «Come in famiglia», commentano gli ottimisti.
Papa Francesco sta in mezzo: è lui che ha rilanciato il metodo sinodale, ma vuole evitare le fughe in avanti. È consapevole che «quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo – quasi! – per il vescovo di un altro continente». 

Teme che i cattolici tedeschi divengano un po' protestanti («In Germania c'è una Chiesa evangelica molto buona, non ce ne vogliono due»), ma sa che i problemi negli altri paesi sono analoghi. Il nodo, per la Santa Sede, è che una singola Chiesa non può «deliberare in modo vincolante» su temi che riguardano la dottrina della Chiesa universale. 

Ma alle «preoccupazioni», «perplessità» e «riserve» romane si contrappongono le impellenze dei tedeschi. Che respingono con sdegno il sospetto di voler fare uno scisma («Sono cose che si dicono da fuori per spaventare e intimidire»), ma vogliono recuperare credibilità, con risposte concrete, tra i fedeli che ogni anno lasciano la Chiesa.

Tonia Mastrobuoni e Iacopo Scaramuzzi ("La Repubblica" 22/11/22)

Il gioco

Un grande rabbino che ha segnato la storia dell'ebraismo più vivo e aperto al dialogo Abraham Joshua Heschel nel secolo scorso ha scritto, tra le altre opere due libri reperibili tuttora in Italia. Il primo è edito da Borla nel 1983 e porta un titolo che individua la prima parte del gioco della fede: "Dio alla ricerca dell'uomo". Il secondo libro è invece, edito nelle edizioni Qiqajon, intitolato "L'uomo alla ricerca di Dio".

Secondo una eloquente tradizione ebraica la fede è bene espressa in questo gioco delle due parti. Mentre Dio non cessa mai di cercare l'uomo: "Adamo dove sei?"(Genesi 3,9), spesso il singolo credente cessa di cercare Dio. Il rabbino spiega dettagliatamente che quando cessa questo reciproco gioco perché l'uomo si sottrae alla ricerca del "Dio nascosto", allora la fede ha un tracollo. 

Mi sembra così efficace questo racconto: "cerchiamo Colui che ci cerca". La vita di fede è la gioiosa presa d'atto che Dio non si scorda mai di noi, ma noi siamo esposti al pericolo di cercare mille cose dimenticandoci di cercare la sua presenza e il suo mistero.

La responsabilità di chiudere la partita, di interrompere il gioco è tutta nostra. Ma altrove la Bibbia ebraica ci ricorda che Dio riparte sempre all'attacco per poterci ritrovare.

Un altro rischio terribile incombe sulla esperienza di troppi gerarchi e teologi: credono di non dover più cercare perché presumono di avere già trovato tutto.

Hanno un magazzino colmo di cianfrusaglie dogmatiche e devozionali e credono che la loro casa non manchi di nulla. 

Franco Barbero

Vita: dono e responsabilità

"Sono convinto, anzi fermamente convinto, che la vita sia un dono di Dio. Mi è stata regalata. Non me la sono guadagnata. In quanto credente, ritengo che mi sia stata donata da Dio attraverso i genitori. Questo dono, tuttavia, comporta una responsabilità. D'altronde lo dice anche il catechismo. Ciascuno di noi è responsabile della propria vita. E perché dovrebbe cessare di esserlo proprio nell'ultima fase dell'esistenza? La responsabilità esiste fino in fondo e io ho tutte le intenzioni di assumerla… Vorrei che la chiesa aiutasse l'uomo e la donna a morire anziché limitarsi a dar loro l'estrema unzione. Si tratterebbe di aiutare a morire bene una persona che vuole dire addio alla vita…" 

(da Hans Kung, "Morire felici?", ed. Rizzoli, p. 24)

"Niente di nuovo sul fronte occidentale"

È nelle sale (terzo adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Erich Maria Remarque) il film Niente di nuovo sul fronte occidentale del regista Edward Berger. C'è un'immagine che lo segna. È quella, iniziale, di una volpe che allatta i propri cuccioli nella tana. Non è la sola immagine di natura: ci sono anche delle abetaie a fare da scenario alla estenuante battaglia umana che si svolse nella prima guerra mondiale sul fronte tedesco/francese. Quella volpe, quelle abetaie segnano da un lato l'indifferenza della natura e dall'altro la saggezza della natura a fronte della stupidità e della crudeltà dell'uomo.

Come ricorda lo stesso film al termine, su quel fronte, che si stendeva dal Mare del Nord fino alla Svizzera, morirono circa un milione di persone e gli avanzamenti delle truppe furono minimi, da cui il titolo del film, e del romanzo, a monte. Ma quel milione di persone che morirono per colpa di ordini dettati da superiori, a loro volta non erano semplici vittime: la violenza alberga in ogni uomo. All'inizio del film i ragazzi volontari tedeschi esultano pensando di marciare trionfalmente su Parigi, e il ragazzino francese uccide il soldato tedesco colpevole di rubare delle uova. In fondo, è "l'orrore, l'orrore" declamato da Marlon Brando in Apocalypse Now. Quell'orrore e quella "follia" che si esplicano nelle guerre, nei tredici milioni di morti della prima guerra mondiale o nei centomila (finora) della guerra in Ucraina. Ma anche nella conquista del mondo occidentale delle terre primitive, e dei relativi genocidi. O nello sterminio degli ebrei ieri, e nell'uccisione dei palestinesi oggi. La storia dell'uomo in fondo si può leggere così, come un continuo omicidio, una continua uccisione di propri simili. E quando è pace, è pace armata e si spende per riarmarsi.

Quanta differenza con quella volpe e quelle abetaie! Peccato che la guerra sia anche nei loro confronti. Come ricordava Barry Commoner, siamo dentro la terza guerra mondiale, quella contro l'ambiente. Nessuno, uomo, animale o pianta, può dirsi tranquillo.

(da Fabio Balocco, "Volere la luna")

Il riconoscimento dello Stato di Palestina è urgente

Un altro anno è passato e lo Stato italiano non ha riconosciuto lo Stato di Palestina.

Il 29 novembre le Nazioni Unite hanno celebrato la giornata di solidarietà con il popolo palestinese per ricordare che la questione palestinese è ancora e drammaticamente irrisolta. Senza un piano di pace che dia speranza di giustizia e di libertà. Con l'occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele e la costruzione di nuove colonie. Con i palestinesi che vivono a Gerusalemme Est minacciati di espulsione, ritiro del diritto di residenza, espropriazione e demolizione delle loro abitazioni, soggetti al divieto di espressione e di associazione. Con la popolazione della Striscia di Gaza isolata, privata della libertà di muoversi, obbligata a sottostare al fondamentalismo religioso di Hamas e della violenza della jihad islamica. Con oramai tre generazioni di profughi raccolti nei campi in Giordania, Libano, Iraq, Siria e nei Territori palestinesi, cittadini di serie B in ogni luogo, sempre in attesa, senza diritti, spesso vittime di altre guerre. Una pentola in continua ebollizione che giorno dopo giorno, anno dopo anno, non fa altro che peggiorare le condizioni di vita di tutti quanti, israeliani compresi.

Ma nessuno vuole affrontare la questione e dar corso a quello che tutti recitano come un karma "due Stati per due popoli", finché l'altra parte, Israele, non acconsentirà a riconoscere la nascita dello Stato di Palestina. Siamo entrati in un gorgo che ci porta tutti ad affondare nella più terribile delle oscurità. Non sono più la comunità internazionale, le Nazioni Unite e i suoi stati membri che, dopo aver riconosciuto lo Stato d'Israele, hanno il compito e la responsabilità di dar corso al riconoscimento dello Stato di Palestina, come detto, scritto e sancito da innumerevoli risoluzioni ONU, ma il decisore è diventato lo Stato d'Israele che, dall'assassinio del suo presidente, Itzhak Rabin, ha dichiarato ripetutamente la volontà di rinunciare a quel 22% della Palestina originale che ancora manca al proprio Stato.

L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina già da 42 anni ha riconosciuto lo stato d'Israele. Con gli accordi di Oslo, il Governo israeliano presieduto da Itzhak Rabin riconobbe il diritto dei palestinesi ad avere il loro Stato e i palestinesi, tramite il loro leader storico, Yasser Arafat, accettarono i confini del 1967 e la condivisione della città di Gerusalemme come capitale dei due Stati. Ci sarebbero quindi tutte le condizioni e gli strumenti per superare lo status quo che blocca il processo di pace e impedisce la fine di questo conflitto che ha origini post-coloniali e che rende tutta la regione un focolaio di guerre, di violenze e di instabilità regionale e mondiale. A chi conviene mantenere questa situazione?

Il riconoscimento dello Stato di Palestina, al fianco dello Stato d'Israele non sarebbe la fine del conflitto, ma diventerebbe la base per far sedere al tavolo del negoziato i due Stati e affrontarlo con pari dignità, legittimità, autorevolezza delle due parti: due Stati sovrani che con la cooperazione e l'assistenza delle Nazioni Unite dovranno risolvere le questioni rimaste in sospeso e costruire la convivenza, la sicurezza comune, il rispetto di tutte le comunità, religioni e minoranze presenti nei due Stati.

Questo è il cammino della pace e della soluzione dei conflitti nel Medio Oriente. Per questo il ruolo delle Nazioni Unite e l'applicazione della carta costitutiva dell'ONU da parte degli Stati membri sono condizione irrinunciabile e fondamentale per uscire dalle guerre e dai conflitti che si trascinano da decenni. Serve la Conferenza internazionale di Pace per ristabilire il multilateralismo e il principio della sicurezza dei popoli, di tutti i popoli e del pianeta.

Il riconoscimento dello Stato di Palestina è urgente, è il primo passo da fare, è il segnale che la politica è tornata in campo per costruire la pace. Ancora una volta ci rivolgiamo al Presidente della Repubblica, al Parlamento, al Governo italiano chiedendo che si riconosca lo Stato di Palestina per avviare una politica di pacificazione nell'intera regione medio-orientale.

(Assisi Pace Giusta, Rete italiana Pace e Disarmo, ANPI, AOI – Associazione ONG Italiane, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, AssoPace Palestina, CGIL, CISL, UIL, Campagna "Ponti e non Muri", Pax Christi Italia, Centro Internazionale Studenti G. La Pira, Fondazione Lelio e Lisli Basso, Fondazione G. La Pira)

Le derive della new age

"Gli esercizi di interiorizzazione non sono la preghiera. La preghiera per un cristiano e per i seguaci delle religioni monoteistiche è come porsi davanti a una persona, con la quale si può parlare, dialogare e che si può ascoltare. In tutte queste mistiche non cristiane non c'è il rapporto con una persona, ma con un vago mistero. Per noi cristiani è Dio che si rivela. Nella New Age, nella meditazione trascendentale è l'individuo che raggiunge il successo, non c'è l'apporto della grazia.  E' l'uomo stesso che si redime da solo discendendo nella profondità del suo essere. Ma che cosa trova là? Il vuoto, forse. Quando si fa senza la natura e la storia, questo è lo sbocco".

(da Edward Schillebeeckx, "Sono un teologo felice", EDB, p.77)

La preghiera non è mai una panacea

 "... Ad ogni buon conto, la preghiera non è una panacea, non sostituisce l'azione. E' piuttosto come un fascio di luce scagliato innanzi a noi nell'oscurità da un faro. E' in questa luce che ci è dato di scoprire, a noi che brancoliamo, inciampiamo e ci arrampichiamo con fatica, il luogo in cui siamo, quel che ci circonda, e la direzione stessa verso cui dovremmo incamminarci."

(da Abraham Joshua Heschel, "L'uomo alla ricerca di Dio", ed. Qiqajon, p.22)

Ma che non si tocchino i dogmi, dicono i teologi obbedienti

"Non di rado proprio là dove non si parte per principio, in dogmatica, dall'alto è dato osservare un tipico salto nel modo di procedere: un dogmatico cattolico o evangelico, equipaggiato esegeticamente, incomincia a salire, un passo dietro l'altro la montagna, arriva però poi a un punto in cui non sembra più possibile proseguire il cammino della conoscenza teologica, ma improvvisamente il nostro teologo si trova, come trasportato da un aereo, sulla vetta e di là parla del Dio trinitario e dei suoi "misteri", come se nel frattempo avesse, per così dire, visto il cielo dall'interno.

In questo modo non si ignorano certo più i risultati della cristologia storica, ma li si trascura dal punto di vista speculativo, invece di accogliere la provocazione dell'esegesi e della storia dei dogmi e di modificare la propria teologia, anche in relazione ai ricordati grandi dogmi". 

(da Hans Kung, "Teologia in cammino", ed. Mondadori, 1987, p. 219)

Tenerla nascosta?

"Non abbiamo ricevuto la fede per tenerla nascosta al sicuro, sepolta nel cimitero del passato, ma perché dia frutto. Oggi ciò significa immetterla nella cultura della modernità così che questa cultura possa diventare una forma provvisoria del regno di Dio. A tale scopo, la buona novella va tradotta nel linguaggio della modernità. Poiché diversamente, dobbiamo temere che essa  non rimarrà molto più a lungo buona novella nemmeno per noi."

(da Roger Lenaers, "Il sogno di Nabucodonosor", ed. Massari, p. 367)

Quando la fede è viva

"La fede è viva quando Dio ci inquieta, ci tormenta, ci mette in movimento, ci lancia in un'avventura e in una ricerca, quando ci impedisce di essere soddisfatti delle nostre credenze, delle nostre pratiche e della nostra etica.

Al contrario, una religione che ci porta tutte le risposte, che elimina domande, problemi e interrogativi, ci rinchiude in un feretro e ci seppellisce in una tomba, quella dei nostri dogmatismi, in cui abbiamo il sentimento illusorio di trovarci perfettamente al riparo. 

Una religione di questo tipo certo fornisce delle rassicurazioni ma dimentica e maschera il carattere vivente di Dio. Lungi dal garantirci per contratto un conforto spirituale, intellettuale e psicologico, la fede ci scuote e ci smuove, continuamente, ci mette in movimento."

(da André Gounelle, "Parlare di Dio", ed. Claudiana, p. 99)

La Bibbia non è parola di Dio

"Ho trovato che la Bibbia e il mio studio di essa è una profonda risorsa per la mia vita e la mia fede, ma allo stesso tempo sono stato profondamente imbarazzato dal modo in cui la Bibbia è stata usata lungo i secoli per giustificare un atteggiamento disumanizzante dopo l'altro.

 Mi sembra di non riuscire ad accettare entrambe le cose.

O devo rifiutare la Bibbia per vivere in un mondo moderno oppure devo rifiutare il mondo moderno per aderire alla Bibbia. Questa è una scelta che non posso e non voglio fare.

Quindi sono portato a trovare un modo diverso per leggere la Bibbia, che mi permetta contemporaneamente di essere una persona di fede è una persona grata è dedicata al secolo nel quale ho il privilegio di vivere. Chiunque chiama la Bibbia "Parola di Dio" o tratta le parole della Bibbia come fossero parole uscite dalla bocca di Dio è per me non solo irresponsabile ma anche analfabeta.

Leggere da questo libro nel servizio liturgico domenicale e terminare la lettura con una qualche versione della frase "questa è la Parola di Dio" è, per me, poco più della perpetuazione dell'ignoranza e del pregiudizio religiosi."

(da John Spong, "Letteralismo biblico: eresia dei Gentili", ed. Massari, p. 31)

E' mia impressione

E' mia impressione che anche il dialogo tra cristiani, ebrei e musulmani attraversi una stagione in cui prevale un "movimento immobile".

Mi spiego. Si creano cordiali incontri, mille miglia lontani dalla estraneità dei tempi passati. E' un passo prezioso e sincero. Ma, nello stesso tempo, con tanta abilità si gira e si rigira attorno ai problemi veri. Non basta dire - per fare un esempio - che Gesù è stato un ebreo, in tutto e per tutto, un credente in Dio e poi nel dialogo ebraico-cristiano non trarne alcune conseguenze anche sul piano dogmatico. 

Non voglio affatto negare o sminuire i passi compiuti negli ultimi 100 anni, ma la questione centrale è non limitarci a dire che Gesù era ebreo: bisogna trarne alcune conseguenze.

Franco Barbero

Paolo di Tarso: vocazione non conversione

Quella di san Paolo non è stata una «conversione, ma una vocazione» Parte da questo presupposto la richiesta contenuta in una petizione promossa dal Segretariato attività ecumeniche (Sae) e inviata al prefetto del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti, mons. Arthur Roche; e al segretario, mons. Vittorio Francesco Viola: modificare ufficialmente la denominazione "Festa della Conversione di San Paolo" in "Festa della Vocazione di San Paolo", che peraltro coincide con la conclusione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Finora la proposta è stata firmata da 164-persone: vescovi, teologhe e teologi, liturgisti, bibliste e biblisti, studiosi, presbiteri, religiose e religiosi e da «numerosi altri membri del popolo di Dio», fra cui anche diversi protestanti ed ebrei (è possibile sottoscriverla ancora sul sito web del Sae: www.saenotizie.it).

Nelle fonti neotestamentarie spiegano dal Sae quella di Paolo non appare, come spesso invece è considerata, come una conversione dall'ebraismo al cristianesimo, che peraltro nella prima metà del I secolo d. C., non esisteva ancora come religione definita. Nelle parole di Paolo si tratta piuttosto di una rivelazione del Signore risorto e di una chiamata ad essere apostolo delle genti.

Infatti «il termine "conversione" è dotato di tre significati principali: passaggio da una comunità di fede a un'altra; cambiamento di vita di persone o comunità che decidono di abbandonare la "via dei peccatori"; un impegno. di purificazione e rinnovamento quotidiano della propria vita spirituale», si legge nella petizione. «La chiamata alla conversione e al "cambiamento di mentalità" (metanoeō) è posto all'inizio della predicazione di Gesù: "Convertitevi e credete al Vangelo" Mc 1,15). Si tratta di un appello sempre attuale per ogni credente. La chiamata di Paolo di Tarso non si conforma a questo andamento».

Nel brano" autobiografico" della lettera ai Galati infatti «Paolo parla di un'improvvisa rivelazione una chiamata avvenuta per scelta divina senza riferirsi ad alcun processo di pentimento personale relativo alla sua precedente condotta». Anche quando parla di «giudaismo» peraltro parola assai rara nel lessico neotestamentario - «Paolo - non si riferisce alla sua appartenenza ebraica da lui sempre affermata e mantenuta. Anzi, lo stesso qualificarsi come "apostolo delle genti" (Rm 11,13) presuppone il mantenimento della sua appartenenza ebraica».

Insomma «Paolo apostolo è un ebreo che annuncia Gesù Cristo a non ebrei». L'espressione «conversione risulta impropria» in base alla testimonianza di Paolo stesso e «può ingenerare l'errata convinzione che Paolo si sia convertito in quanto ha cessato di essere ebreo per diventare cristiano», oltre che auspicare una forma di proselitismo nei confronti degli ebrei, prassi un tempo tenacemente perseguita con metodi quasi sempre riprovevoli, ma oggi apertamente e ufficialmente respinta» dalla Chiesa cattolica. Paolo è diventato infatti non già un cristiano bensì un ebreo credente in Gesù Cristo».

Ecco allora la richiesta inviata al Dicastero vaticano per il culto divino: modificare ufficialmente la denominazione «Festa della versione di San Paolo» in «Festa della Vocazione di San Paolo». Si tratta di una richiesta che, in senso stretto, riguarda solo la Chiesa cattolica di rito latino.

Tuttavia, precisano dal Sae, collocata in un contesto più ampio, modifica è dotata di un rilevante significato in ambito ecumenico e fornisce un ulteriore impulso al fondamentale dialogo tra la Chiesa e il popolo ebraico. Siamo sempre più convinti, spiega la presidente del Sae, la predicatora valdese Erica Sfredda, che «il dialogo sia ecumenico sia di altra natura, sia più ormai indispensabile per vincere ogni forma conflittuale».

(da "Adista" del 5 novembre)

Vivere intensamente è la maniera più sana per prepararsi alla morte

"Se qualcuno ponesse a me la domanda che è stata posta tanto tempo fa al leggendario personaggio biblico di Giobbe: "L'uomo che muore può forse rivivere?" (Gb 14,14) la mia risposta adesso sarebbe: sì sì sì!

 Questo è il punto più lontano cui le parole possano condurmi ma è abbastanza per me. Così concludo questo libro chiamandovi a vivere pienamente, ad amare prodigalmente, a essere tutto ciò che potete essere e a impegnare voi stessi a costruire un mondo in cui ciascuno abbia migliori opportunità di fare lo stesso. Questo per me è essere parte di Dio e fare il lavoro di Dio. Questo per me essere discepoli di Gesù.

Infine, questa è per me la via per prepararsi alla vita dopo la morte. Shalom"

(J. S. Spong, "Vita eterna", ed. Gabrielli, p. 241)

L'ignoranza e il cambiamento di Gesù

Per molti cristiani il fatto che io riporti questo brano in cui un grande biblista cattolico parla dell'ignoranza di Gesù può "suonare" come una affermazione blasfema. Oggi, per quanto tutto questo sia nascosto al popolo cristiano, gli studi biblici hanno chiaramente illustrato e documentato il percorso spirituale, intellettuale e vocazionale che Gesù, come profeta ebreo, ha compiuto lungo tutto il corso dei suoi anni per comprendere ciò che Dio gli chiedeva di vivere, di fare e di predicare. Il Gesù che nasce e vive "tutto imparato" è una tragica invenzione, creata dalla chiesa gerarchica. Invece, il Gesù storico che cerca, si confronta, impara è veramente il grande maestro della nostra fede.

Franco Barbero

Gesù è cambiato

"Gesù è cambiato e questo cambiamento non è stato semplicemente e pacificamente evolutivo. Lo si chiami o no "crisi", lo si possa datare e localizzare o non come crisi "galilaica", è secondario per lo scopo che qui ci interessa.

 L'importante è che Gesù si mostra fedele a Dio fino alla fine, e tale fedeltà viene espressa come un andare (salire) a Gerusalemme dove si incontrerà con Dio un'altra volta in modo nuovo, nella passione e sulla croce.

Conversione, tentazione, crisi sono altrettante realtà attraverso le quali diventa evidente che Gesù ha dovuto accettare che Dio sia Dio.

La sua disponibilità a tutto questo dimostra che Gesù è stato davvero l'uomo disponibile davanti a Dio. Ma prima di terminare occorre ancora considerare uno dei presupposti che accompagnano tale disponibilità: l'ignoranza di Gesù, correlativa alla sua attiva disponibilità ad ascoltare la parola del Padre. Senza l'ignoranza infatti la disponibilità non avrebbe senso logico.

Nella teologia il tema dell'ignoranza di Gesù viene dibattuto per ragioni dogmatiche ed esistono diverse interpretazioni dei testi evangelici per cercare di mitigarne il senso. Tuttavia una lettura onesta dei sinottici impedisce di evadere dal tema, senza dire quanto essa risulti positiva dal nostro punto di vista: fa comprendere più facilmente come l'esperienza che Gesù ha avuto di Dio sia stata realmente teologale e lo mostra di nuovo pienamente solidale con tutta la realtà umana".

(da Jon Sobrino, "Gesù Cristo liberatore", ed. Cittadella, p. 266)


DALLA NOSTRA COMUNITA'

Questa comunità


  ·       Il mese di novembre è stato ricco di iniziative che ci hanno visto molto coinvolti come comunità:- Il 5 novembre alcuni/e della nostra comunità hanno partecipato alla manifestazione nazionale per la pace di Roma. Un popolo variegato, con bandiere di tutti i colori, ha chiesto la convocazione di una conferenza di pace indetta dall'ONU, per porre fine alla drammatica guerra in Ucraina.
- Domenica 6 novembre, presso la cascina Penseglio di Albugnano, si è tenuta l'usuale giornata di meditazione, riflessione e confronto tra le comunità cristiane di base del Piemonte. Don Paolo Scquizzato (www.paoloscquizzato.it) ha introdotto il tema "Ora che 'il cielo è vuoto': preghiera, etica e comunità". Nel pomeriggio, dopo il pranzo comunitario, abbiamo discusso prima a piccoli gruppi e in seguito in assemblea plenaria, con la partecipazione del relatore.
- Il 20 novembre a San Lazzaro, nel salone parrocchiale, abbiamo partecipato ad un'emozionante e coinvolgente celebrazione per accogliere in comunità Giosuè, figlio di Manuela e Michela.
·       Il mese di dicembre si presenta altrettanto intenso e ricco di iniziative e novità:
- Il 3 dicembre parteciperemo all'incontro pubblico sugli "abusi nella chiesa cattolica italiana", con Michelangelo Ventura (membro della nostra comunità allargata, del coordinamento nazionale di Noi Siamo Chiesa e della rete "L'abuso"), Federica Tourn (giornalista indipendente) e don Omar Larios, che illustrerà le iniziative in cantiere nella diocesi di Pinerolo.
- Il 6 dicembre alle ore 21 Valentina Pazé presenterà il libro di L. Ferrajoli "Per una costituzione della Terra. L'umanità al bivio", ed. Feltrinelli (per maggiori dettagli si rimanda a pag.2 di questo notiziario).
- Il 7 dicembre alle ore 18 alcune/i di noi si ritroveranno in comunità per preparare la veglia di Natale.
- Giovedì 8 dicembre alle ore 9:30 in videoconferenza su meet ci troviamo per parlare del blog.
- Giovedì 13 alle h17:45 si terrà il secondo gruppo biblico solo in presenza, nella sede della comunità. Verificheremo il livello di partecipazione e l'adeguatezza del giorno e dell'orario scelti. Seguiremo la stessa programmazione del gruppo del martedì sera, che da dicembre si terrà solo on line.
- A fine mese, al posto delle eucarestie, si svolgeranno i due nostri tradizionali momenti comunitari di fine anno: la veglia di Natale di sabato 24 alle h21 e l'incontro di silenzio e preghiera di sabato 31 dicembre alle ore 17 (gli incontri si terranno sia in presenza che on line… arriverà via mail il link).
·       Un caldo abbraccio a chi sta vivendo un periodo di difficoltà e sofferenza, nella speranza che presto la situazione migliori e che il 2023 sia un anno più sereno del 2022! Auguri per il nuovo arrivato Theo!
Francesco Giusti

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