Celibato e donne prete il pressing sul Vaticano dei vescovi tedeschi
Tonia Mastrobuoni e di Iacopo Scaramuzzi
La Repubblica 22/11
L’emorragia di fedeli in Germania ha toccato vette inedite: 360mila credenti hanno voltato le spalle alla Chiesa cattolica in quest’ultimo anno, dopo gli ennesimi scandali sui preti pedofili.
E se c’era una cosa che il capo
dei vescovi, Georg Bätzing, non poteva permettersi, era tornare a mani
vuote dalla settimana di confronto con i maggiorenti della Curia romana
sul “cammino sinodale” tedesco, il percorso riformista che, innescato
dall’epocale crisi degli abusi sessuali, ha dato il via a proposte –
benedizione delle coppie gay, ripensamento del celibato obbligatorio,
donne diacono se non donne prete – che da mesi fanno salire
l’apprensione in Vaticano. Spinta rafforzata dal fatto che i tedeschi
sono tra i maggiori contribuenti delle finanze della Chiesa.
Venerdì era sembrato persino che la Curia potesse imporre una moratoria sulle riforme, in sostanzala fine del percorso sinodale.
Venerdì era sembrato persino che la Curia potesse imporre una moratoria sulle riforme, in sostanzala fine del percorso sinodale.
Proposta che, come
recita un educato comunicato congiunto, «non ha trovato spazio». La
discussione sui cambiamenti chiesti a gran voce dai vescovi tedeschi,
dunque, continua.
Bätzing, costretto a un funambolismo complesso tra le resistenze vaticane e le spinte riformiste delle sue parrocchie, non ha mancato di tirare qualche linea rossa, prima di tornare in Germania. Il capo dei vescovi tedeschi ha dichiarato che «i problemi che abbiamo messo sul tavolo non si possono più rimuovere». E su uno dei nodi principali posti dalla Chiesa tedesca, l’accettazione delle coppie dello stesso sesso, il vescovo non arretra e ha promesso di «benedirle, senza se e senza ma».
A Roma suggeriscono pazienza. Ma già in primavera la presidente del Comitato centrale dei cattolici, Irme Stetter-Karp, aveva puntualizzato che «bisogna affrontare in modo strutturale alcuni temi, soprattutto le strutture di potere e come il potere viene distribuito».
Bätzing, costretto a un funambolismo complesso tra le resistenze vaticane e le spinte riformiste delle sue parrocchie, non ha mancato di tirare qualche linea rossa, prima di tornare in Germania. Il capo dei vescovi tedeschi ha dichiarato che «i problemi che abbiamo messo sul tavolo non si possono più rimuovere». E su uno dei nodi principali posti dalla Chiesa tedesca, l’accettazione delle coppie dello stesso sesso, il vescovo non arretra e ha promesso di «benedirle, senza se e senza ma».
A Roma suggeriscono pazienza. Ma già in primavera la presidente del Comitato centrale dei cattolici, Irme Stetter-Karp, aveva puntualizzato che «bisogna affrontare in modo strutturale alcuni temi, soprattutto le strutture di potere e come il potere viene distribuito».
Quanto alla ridefinizione del celibato, l’altra richiesta
dirompente arrivata dai vescovi tedeschi insieme a quella di un maggiore
coinvolgimento delle donne nella Chiesa, Stetter-Karp richiama la
discussione avvenuta in seno al sinodo amazzonico e auspica che «ci
possano essere in questo campo delle convergenze tra chiese nazionali». E
che prima o poi arrivi anche «un’apertura da Roma».
L’irritazione dei vescovi tedeschi è palpabile anche per la scelta di papa Francesco di non presenziare al momento più vivo della discussione. «Servono coraggio e pazienza per trovare una soluzione», erano state le parole di Bergoglio, «la tensione è necessaria».
L’irritazione dei vescovi tedeschi è palpabile anche per la scelta di papa Francesco di non presenziare al momento più vivo della discussione. «Servono coraggio e pazienza per trovare una soluzione», erano state le parole di Bergoglio, «la tensione è necessaria».
E di certo questa non è mancata
sotto le volte affrescate del Palazzo apostolico. Soprattutto quando il
Papa ha deciso di disertare la discussione il giorno dopo, lasciando il
campo alle due squadre. Che hanno ingaggiato non una resa dei conti ma
comunque un confronto «tosto e civile» (parole diBätzing), prolungatosi
ben oltre l’orario previsto, e concluso con la diplomatica
considerazione del cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, che
«non si potrà non tenere conto » del confronto. Che, almeno, questa
volta è stato diretto, schietto, concreto. «Come in famiglia», c
ommentano gli ottimisti.
Papa Francesco sta in mezzo: è lui che ha rilanciato il metodo sinodale, ma vuole evitare le fughe in avanti. È consapevole che «quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo – quasi! – per il vescovo di un altro continente ».
Papa Francesco sta in mezzo: è lui che ha rilanciato il metodo sinodale, ma vuole evitare le fughe in avanti. È consapevole che «quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo – quasi! – per il vescovo di un altro continente ».
Teme che i cattolici tedeschi divengano un po’
protestanti («In Germania c’è una Chiesa evangelica molto buona, non ce
ne vogliono due»), ma sa che i problemi negli altri paesi sono
analoghi. Il nodo, per la Santa Sede, è che una singola Chiesa non può
«deliberare in modo vincolante» su temi che riguardano la dottrina della
Chiesa universale.
Ma alle «preoccupazioni», «perplessità » e «riserve»
romane si contrappongono le impellenze dei tedeschi. Che respingono con
sdegno il sospetto di voler fare uno scisma («Sono cose che si dicono
da fuori per spaventare e intimidire»), ma vogliono recuperare
credibilità, con risposte concrete, tra i fedeli che ogni anno lasciano
la Chiesa.