giovedì 15 dicembre 2022

LA CASA E' OGGI UN DIRITTO NEGATO


Il diritto alla casa dimenticato: 

l’edilizia pubblica è

 l’unica via


di Carlo Cellamare e Sabina De Luca

La casa è oggi un diritto negato a una parte sempre più consistente della nostra popolazione. Non per un caso o per un destino ineluttabile, ma per la sua progressiva scomparsa dall’agenda politica. Dall’inizio degli anni 90 assistiamo all’arretramento tacito delle politiche pubbliche da un ambito cruciale per la vita delle persone. E questo mentre nuove e diversificate forme di disagio vengono alla luce, facendo emergere, accanto alle più gravi e tradizionali forme di vulnerabilità, i bisogni di sempre più ampie fasce di popolazione che non riescono ad accedere e vivere in case dignitose, sicure, salubri ed economicamente sostenibili.

I DATI SULLA PRECARIETÀ abitativa danno plastica evidenza delle conseguenze delle scelte di questi anni: sono circa 650 mila le famiglie nelle graduatorie comunali per l’accesso a una casa popolare. Un dato impressionante ma non sorprendente se si considera la drastica riduzione della produzione di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP): dai 20mila alloggi/anno prodotti negli anni 80, ai 1.550 del 2005. Ogni anno vengono emesse tra le 40.000 e le 50.000 sentenze di sfratto, se non di più, che coinvolgono almeno 120mila persone (tra cui 30.000 minori): gli sfratti eseguiti con la forza pubblica sono 25-30.000 l’anno (coinvolti 15/18.000 minori almeno). E ancora: sono almeno 50.000 (dato sottostimato) le persone senza dimora e almeno 48.000 sono le case popolari non utilizzate per mancata manutenzione. Il 41% (866.000) delle famiglie in povertà in Italia abitano in affitto contro la media nazionale del 18%, e per loro la voce affitto rappresenta il 36% della spesa familiare rispetto al 22% dei non poveri. La povertà energetica data dall’impossibilità di sostenere i costi delle bollette - a causa sia della povertà di reddito, sia del livello di consumi imposto da abitazioni molto energivore, anche per l’assenza di manutenzione - era arrivata a interessare quasi il 10% delle famiglie già prima dell’esplosione della crisi energetica attuale.

Non sono mancati, in questi anni, interventi meritevoli, ma la loro occasionalità, e spesso parzialità nell’affrontare un problema legato non solo alla disponibilità di spazi fisici adeguati, ma anche di servizi, non hanno sanato l’assenza di politiche strutturali.

Neanche il Pnrr è sfuggito a questi limiti. Non avrebbe di certo potuto sanare, per l’entità delle risorse e il suo orizzonte temporale, tanti anni di latitanza di scelte politiche, ma avrebbe potuto fare di più che limitarsi ad accogliere bandi già in essere, pensati e gestiti da diversi ministeri, senza raccordarli fra loro, né correggerne l’impostazione quando necessario. Anche l’assai positivo segnale di una misura dedicata all’erp, finanziata dal Fondo Complementare, non scalfisce la perdurante marginalizzazione della questione abitativa. Non c’è traccia nel Piano, e tantomeno nei primi passi del nuovo governo, della consapevolezza del cambio di rotta necessario: serve una strategia ultradecennale, basata su una visione chiara delle questioni da affrontare, attraverso l’ineludibile rilancio degli investimenti pubblici, la revisione delle regole e il rinnovamento delle strutture amministrative dedicate e delle loro modalità di azione.

Una strategia di cui nel luglio scorso si è fatto promotore l’osservatorio nazionale sulle politiche abitative e di rigenerazione urbana, sintetizzata in pochi punti, fondati sulla centralità del pubblico, nella sua funzione non sostituibile di orientamento, regolazione, investimento e controllo: investire nella conoscenza dei fenomeni e delle realtà per costruire politiche a misura dei luoghi e delle persone che li abitano; varare un programma pluriennale di realizzazione di nuovi alloggi ERP, il cui patrimonio è oggi in grado di soddisfare solo tra il 3 e il 5% delle domande in graduatoria, senza ulteriore consumo di suolo ma partendo dal recupero dell’ingente patrimonio edilizio inutilizzato (almeno 7 milioni di immobili secondo l’istat); chiarire, anche con un intervento normativo, perimetro e parametri del social housing, per evitare opacità e distorsioni; rafforzare il Fondo affitti e il Fondo morosità incolpevole, addirittura cancellati nella legge di Bilancio; eliminare la cedolare secca per i canoni a libero mercato e rendere fiscalmente oneroso il mantenimento di case sfitte; riformare gli enti di gestione, la loro organizzazione, la normativa finanziaria e fiscale cui sono assoggettati; rendere sistemico l’istituto delle Agenzie per la Casa, per garantire il coordinamento dei diversi interventi a livello locale.

Indicazioni chiare per un impegno non più rinviabile.

l Fatto Quotidiano 12 dicembre