“La logica in questa follia?
Va punito chi è in difficoltà”
di Tommaso Rodano
Marco Revelli, qual è il suo giudizio sulla prima manovra del governo Meloni?
Istintivamente direi “dilettanti allo sbaraglio”, per tutti i pasticci che sono stati fatti e per l’impasse in cui si stanno trovando. Però è un primo giudizio che si ferma alla superficie, forse c’è una logica in questa follia.
Dice che è un metodo?
È la tecnica della retromarcia. Annunciano provvedimenti che strizzano l’occhio alla parte peggiore del loro elettorato – penso alla questione del Pos o alle soglie al contante – e poi tornano indietro. A un osservatore ben attrezzato suona come contraddizione sistematica, ma può avere una sua utilità: si ottiene un primo risultato annunciando la misura che piace agli elettori, poi si dice che non la si può realizzare perché c’è l’Europa, l’ostruzionismo parlamentare o chissà quale altro impedimento.
In effetti nei sondaggi Meloni cresce.
Un francobollo di consenso alla volta: i rave party, i proclami di Valditara, il contante. Strizzano l’occhio a chi vuole evadere, oppure ai nostalgici dello Stato muscolare. All’apparenza si occupano di questioni identitarie perché non possono modificare le linee politiche fondamentali, stabilite altrove: il famoso “pilota automatico” di cui parlava Draghi. Ma poi, sotto, ci sono le questioni di fondo.
Tornano i voucher e scompare il Reddito di cittadinanza. Che idea del lavoro si legge nelle norme del governo?
L’immagine tipica di una forza esplicitamente reazionaria. In particolare due categorie sono considerate come dei paria, nel senso indiano del termine: i lavoratori dipendenti e i poveri. La considerazione verso il lavoro dipendente – anzi usiamo le parole del 900: il lavoro operaio – è evidente dai numeri: è considerato la parte perdente della società e si fa in modo che resti tale. Negli ultimi 25 anni i salari reali sono scesi di quasi il 3% (e l’inflazione gli ha dato un’ulteriore botta) ma continuano a essere il materasso su cui si picchia.
In che modo?
A questa destra interessa solo il lavoro imprenditoriale o quello che gli somiglia. Guardate l’intervento sull’iva: aumentano la soglia della flat tax a 85 mila euro. Agli altri invece l’intervento sul cuneo fiscale produce un beneficio che equivale a meno di un caffè al giorno. Uomini e topi. Per questa incultura di destra, che viene da lontano, la povertà è una colpa: chi è povero si merita la propria condizione per mancanza di iniziativa, pigrizia, incuria. Una concezione da etica protestante, intesa nel suo versante feroce.
Peraltro in un contesto in cui la povertà aumenta.
Per lo Svimez si prospettano 500 mila nuovi poveri al Sud e questi cancellano il reddito... Lo fanno sulla base di una profonda ignoranza di cosa sia oggi la povertà, di come sia composto l’esercito dei poveri e di come sia strutturato il mercato del lavoro. In primis hanno voluto togliere il reddito agli “occupabili”: dimostrano di non sapere che una parte consistente dei poveri assoluti è costituita da working poor. Altro che occupabili sul sofà: sono persone che già hanno un lavoro, ma non guadagnano abbastanza da superare la soglia della povertà assoluta, come succede al 13% delle famiglie operaie. Usano argomenti bestiali, dimostrano un’ignoranza o un cinismo abissale.
La manovra è destinata a soffiare sul conflitto sociale?
Non c’è un rapporto automatico tra vessazione e insurrezione. Anzi, a volte il meccanismo lavora all’inverso: i miei maestri, nel 900, mi insegnavano che i poveri non hanno mai fatto le rivoluzioni. Le fanno quelli che pensano di avere qualcosa da guadagnare o da difendere; chi ha perso tutto non ha nemmeno la forza per ribellarsi. Spesso una società sfarinata o in via di decomposizione è una risorsa per chi esercita il potere con cinismo e arroganza. E infatti questo schieramento politico, tecnicamente reazionario, almeno questo lo sa: disgregando la società si garantisce la possibilità di mantenere il potere. In una società disgregata le persone vivono male, anche quelle non povere, ma questo a chi ha il potere non interessa.
Il Fatto Quotidiano 22/12/2022