venerdì 16 dicembre 2022

LA RIVOLUZIONE DELLE RAGAZZE

Coraggiose, irriducibili, hanno trascinato gli uomini con loro.

Le ragazze iraniane, le grandi protagoniste di questo 2022.

embrano lontane invece sono molto vicine. Sembrano raccontare una storia che non ci riguarda, che parla di un velo che non portiamo, di una ribellione per dei diritti che già abbiamo, eppure le giovani iraniane sono le ragazze più coraggiose che si possa immaginare e guardarle, capirle, seguirle ci aiuta a capire anche chi siamo noi, perché la loro lotta non tocca solo lo hijab, la possibilità di andare in giro a capo scoperto o di indossare un abito attillato. La loro lotta riguarda un valore universale che è difficilissimo da conquistare e semplice da perdere: la libertà. Per questo dovremmo sostenerle, tenere accesi i riflettori su di loro, e soprattutto non lasciarle sole. Il mondo comincia a capire quanto questo movimento partito proprio dalle donne che in Iran non hanno voce, sia una vera rivoluzione.

Tutto è iniziato in una calda giornata di settembre quando Mahsa Amini è arrivata a Teheran con la famiglia. Mahsa ha 22 anni, è bella, indossa un lungo vestito nero e l'hijab, e come tutte le ragazze della sua età, ha un sogno da realizzare: vuole fare l'avvocata. Ma alla stazione del metrò, il corso degli eventi si inceppa e in un attimo Mahsa non è più la giovane sorridente che era stata fino a quel momento, diventa un potenziale nemico per la polizia iraniana che la accusa di non indossare correttamente il velo. Viene portata in una stazione di polizia per assistere a una le-

zione di rieducazione" e, poche ore dopo, è in coma all'ospedale Kasra dove morirà per le percosse ricevute in carcere.

Avrebbe potuto essere uno dei tanti episodi efferati di un regime dispotico e teocratico che si regge sul terrore e che è molto sollecito nel nascondere le sue atrocità. È dalla rivoluzione islamica del 1979, che la legge impone alle donne di coprire il capo e indossare vestiti ampi che coprano le forme, ma questa volta lo zelo delle autorità nel far rispettare l'obbligo si è trasformato in uno tsunami e arrestarlo ormai è diventato impossibile.

Dal giorno stesso della morte di Mahsa, le ragazze iraniane sono scese nelle piazze per protestare, si sono tagliate ciocche di capelli, hanno strappato i loro veli e hanno fatto correre sui social le immagini delle brutali repressioni. Non si sono fermate davanti agli arresti, agli inumani pestaggi, alle cariche violente, alle uccisioni di troppi innocenti - molti anche minorenni - e alle sentenze di morte. Hanno dimenticato la paura, la saggezza che impone di stare lontane dalle piazze tumultuose, e hanno sentito che era arrivato il momento di ribellarsi. Non solo per poter scegliere come vestirsi, per mostrare una ciocca di capelli in più, ma per decidere della loro vita e del loro futuro. Ci sono gesti quotidiani che noi diamo per scontati ma che non lo sono affatto: amare chi si desidera, baciarsi lungo una strada, viaggiare, cantare. Sono tutte cose che le giovani iraniane non possono fare ma che ora sanno di volere. Non hanno più intenzione di aspettare. La libertà è diventato il bene più prezioso, l'unica ragione per vivere e lottare, anche a costo di morire.

Dal Khuzestan a Mahabad, dal Kurdistan al Khorasan, sono due mesi che le ragazze iraniane sfilano pacificamente senza sosta. Sono coraggiose, di un coraggio che noi non conosciamo più. Giovanissime, usano i social per diffondere i loro video- anche se il regime iraniano lo proibisce -e per la prima volta sono loro le protagoniste, guidano la lotta e sono riuscite a trascinare prima i loro fratelli, poi i loro amici, poi ancora i loro genitori e l'intero Paese. Resistere alla loro determinazione è stato impossibile perché hanno dimostrato che non si sarebbero mai arrese, che sarebbero arrivate sino in fondo. E davanti a questa forza, travolgente e allo stesso tempo indifesa, il Paese le ha seguite. Ha capito il potere rivoluzionario di questo movimento spontaneo, che non conosce leader ma si autoalimenta grazie all'inesorabile concretezza delle sue richieste e dei suoi slogan che colpiscono il cuore: «Cannoni, carri armati e pistole non funzioneranno più, dì a mia madre che

non ha una figlia», oppure «Non aver paura, siamo unite» o «Donne, vita e libertà». La rivolta delle ragazze - gran parte millennial - è un urlo di rabbia contro un regime, contro la sua indifferenza e crudeltà, contro l'incapacità di risolvere i problemi della gente. La loro è una lotta politica straordinaria, inedita non solo nel mondo islamico ma anche in occidente. È la prima volta che una rivolta delle donne diventa una rivolta collettiva. Le ragazze vogliono potere, libertà e uguaglianza. Vogliono un Iran all’altezza dei loro sogni.

Nessuno sa come finirà. La repressione è durissima, spietata: decine di adolescenti sono stati uccisi, migliaia di persone sono rinchiuse nelle carceri. I mullah camminano guardandosi le spalle, gli ayatollah hanno paura proprio perché hanno capito che le donne non ne hanno più, che non si fermeranno neanche davanti alle torture e alla morte. Secondo gli analisti, il regime non è mai stato tanto fragile, però è ancora troppo forte per fallire. Il velo imposto alle donne ha un potere simbolico e la teocrazia iraniana sa quanto sia importante mantenerlo. Se cade il velo cade il regime.

Daniela Hamaui, D Repubblica 10 dicembre