LE DEMOCRAZIE SONO IN PERICOLO
Il Fatto Quotidiano 13/1/'23
Domenico Gallo
"Un giorno che tornavamo dal lavoro vedemmo tre forche drizzate sul piazzale dell'appello... Tre condannati incatenati, e fra loro il piccolo Pipel, l'angelo dagli occhi tristi. Le SS sembravano più preoccupate. Più inquiete del solito. Impiccare un ragazzo davanti a migliaia di spettatori non era un affare da poco... Tutti gli occhi erano fissati sul bambino. Era livido, quasi calmo, e si mordeva le labbra... I tre condannati salirono insieme sulle loro seggiole... – Viva la libertà! – gridarono i due adulti. Il piccolo, lui, taceva... A un cenno del capo del campo le tre seggiole vennero tolte... Poi cominciò la sfilata. I due adulti non vivevano più. La lingua pendula, ingrossata, bluastra. Ma la terza corda non era immobile: anche se lievemente il bambino viveva ancora… Più di una mezz'ora restò così, a lottare fra la vita e la morte, agonizzando sotto i nostri occhi. E noi dovevamo guardarlo bene in faccia. Era ancora vivo quando gli passai davanti. La lingua era ancora rossa, gli occhi non ancora spenti".
Le notizie delle impiccagioni che si susseguono in Iran, che derubano della vita i giovanissimi manifestanti, come il 22enne Mohammad Karami e il 20enne Mohammad Hosseini, accusati di "inimicizia contro Dio", mi hanno fatto tornare alla mente l'episodio terribile riportato da Elie Wiesel ne La notte, in cui rende testimonianza della sua esperienza di deportato ad Auschwitz. Mi sono chiesto quanto è durata la resistenza alla morte di questi giovani, se anch'essi sono restati a lottare fra la vita e la morte sotto gli occhi impassibili del loro boia. La crudeltà del regime iraniano non ha niente a che invidiare a quella delle SS. Anche nella prigione di Teheran deve essere risuonata la domanda di Auschwitz: Dio dov'è? La risposta è la stessa del giovane Wiesel: "Dov'è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca".
Malgrado la brutalità della repressione operata dal regime nazi-islamico degli Ayatollah, la Resistenza del popolo iraniano, che non accetta più di essere soggiogato dalla struttura autoritaria e disumana del potere teocratico, non è stata spezzata. In questa parte del mondo si lotta e si affrontano sofferenze inaudite per smantellare quelle strutture autoritarie del potere che soffocano i diritti umani e oltraggiano la dignità della persona. In altre parole è in atto una lotta, analoga alla Resistenza, per conquistare la libertà e insediare istituzioni democratiche. Invece, in altre parti del mondo, dove la libertà è stata insediata e garantita dalle Costituzioni, la democrazia viene erosa da un male oscuro, vilipesa, infamata; esplodono ribellioni popolari che aggrediscono le istituzioni e i simboli stessi della democrazia. L'episodio più eclatante è stato l'assalto squadristico compiuto domenica dai seguaci di Bolsonaro. Quello che è avvenuto lì, però, non è un fatto isolato, basti pensare all'assalto a Capitol Hill del 6.01.21.
Un po' dappertutto ci sono rigurgiti di fascismo che assediano democrazie consolidate e mettono in discussione i valori fondamentali portati dalle Costituzioni e dalle Carte dei diritti. Il sentimento di dispregio della democrazia è penetrato anche nel ridotto dell'Unione europea, dove stiamo sperimentando, in Ungheria come in Polonia, un nuovo modello di "democrazia illiberale" che rischia di essere imitato dai nuovi governi di Svezia e Italia. Il paradosso è che mentre in alcune parti del mondo si lotta per abbassare le forche, in altre parti in cui la civiltà giuridica le ha abbassate si lotta per ripristinarle. Dobbiamo chiederci da dove viene questo male oscuro, quali sono le sue cause profonde? Quando è cominciato questo percorso di indebolimento della democrazia e cosa lo ha generato? Forse quando abbiamo accettato l'unione incestuosa fra la democrazia e la guerra.