venerdì 13 gennaio 2023

Il Vaticano riapre il caso Orlandi

Il fratello: "Chi sa ora dica la verità"

di IACOPO SCARAMUZZI E GIUSEPPE SCARPA

 

In Vaticano sanno che fine ha fatto Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina dello Stato pontificio scomparsa il 22 giugno 1983. In Vaticano lo sanno perché alcuni alti prelati sono direttamente coinvolti o sono a conoscenza di quello che è accaduto. Questa la tesi di fondo della famiglia della vittima che tre anni e mezzo fa ha presentato una nuova denuncia che sembrava essersi persa nei cassetti di qualche pm, si chiamano promotori di giustizia, della Santa Sede. Ieri invece, a sorpresa, è stata comunicata l'apertura di un'inchiesta per il rapimento, l'omicidio e l'occultamento di cadavere della ragazza. Ipotesi investigative contenute nell'esposto e che saranno oggetto del lavoro degli inquirenti d'Oltretevere con audizioni e la verifica di nuove e vecchie piste relative al rapimento di Emanuela.

Ma l'iter che ha portato a questo rinnovato impegno dei pm vaticani è lungo e travagliato. Quest'ultimo capitolo del caso Orlandi inizia a settembre del 2019. Quando vengono allegate alla denuncia delle chat whatsapp del 2014 tra due «persone vicinissime a Papa Francesco», spiegava Pietro Orlandi pochi mesi fa. Conversazioni che fanno riferimento a dei documenti riservati relativi al rapimento della sorella in cui vengono citate, come persone informate sui fatti, il cardinale Abril e Monsignor Balda. La querela presentata dall'avvocato Laura Sgrò nell'immediato non porta a niente. Tant'è che gli Orlandi inviano, il 28 novembre del 2021, una lettera indignata a Bergoglio. Una missiva in cui lamentano l'ignavia delle toghe vaticane che, nonostante l'esposto, non hanno mosso un dito. Papa Francesco risponde all'avvocato Sgrò a febbraio del 2022 esprimendo solidarietà e la volontà che venga fatta piena luce. Poi ribadisce che è necessario rivolgersi al promotore di giustizia. Passano i mesi e non accade nulla. Fino alla svolta di ieri, quando viene comunicata l'apertura del fascicolo da parte del capo dei pm della Santa Sede, Alessandro Diddi. Per Pietro è una svolta: «la verità c'è, e molte persone la conoscono».

L'ipotesi è che questa nuova apertura sia stata voluta direttamente dal Papa. Infatti in un sistema giudiziario come quello dello Stato pontificio l'iniziativa del promotore di giustizia non può non avere avuto l'avallo, se non l'input, delle autorità superiori: del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin se non di Bergoglio in persona.

La Santa Sede, del resto, già negli anni scorsi ha mostrato un desiderio di collaborare alla ricerca della verità in questo mistero sul quale, nel corso dei decenni, c'è stata invece ben poca trasparenza da parte vaticana. L'allora portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, offrì ai giornalisti nel 2012 una sua dettagliata ricostruzione di tutta la vicenda. E nel 2019 le autorità vaticane accettarono, su richiesta della famiglia, di aprire alcune tombe nel Camposanto teutonico. Sempre per rispondere alle richieste della famiglia, ora, il "pm" del Papa ha preso quest'ultima iniziativa. Magari sollecitato, da ultimo, dalla eco che la serie televisiva Vatican girl (Netflix) ha avuto sin dentro i sacri palazzi e forse anche dalla volontà di alcuni deputati di aprire la commissione parlamentare d'inchiesta.


La Repubblica, 10 gennaio 2023