giovedì 12 gennaio 2023

Meloni in pressing su Von der Leyen ma il Pnrr preoccupa più dei migranti

 

di TOMMASO CIRIACO

ROMA — Servono fondi aggiuntivi da destinare ai Paesi di partenza del Nord Africa, per frenare le partenze. E c'è bisogno di un meccanismo di redistribuzione dei migranti volontario, ma certo. Giorgia Meloni, affiancata a Palazzo Chigi da Raffaele Fitto, espone il suo piano a Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione europea, in visita a Roma per un evento dedicato a David Sassoli, ascolta. Addirittura concorda sul principio di una maggiore solidarietà continentale. Ma non può assicurare più di quanto già promesso in passato: moral suasion verso i partner, cercando di favorire un'adesione che nessuno può imporre.

Magari non si può definire stallo. Ma certo, di passi avanti se ne vedono pochi. Manca un comunicato finale a doppia firma, così come una dichiarazione congiunta davanti alla stampa. Eppure, la premier si impegna a costruire ponti verso la Commissione europea. Non sarà sui migranti che l'Italia strapperà, dunque, perché ha bisogno dell'Europa su un capitolo assai più delicato come quello del Pnrr. I toni, non a caso, sono soft. Il resto lo fa il dialogo costante e silenzioso intavolato da Fitto con von der Leyen.

Difficile che il Consiglio europeo del prossimo 9-10 febbraio porti dunque a risultati concreti. Lo dice a chiare lettere anche la Presidenza svedese, gelando le attese di Palazzo Chigi. «Da parte nostra — rileva l'ambasciatore Lars Danielsson, rappresentante permanente della Svezia alle istituzioni Ue — non prenderemo nessuna iniziativa per mettere su un altro sistema di ricollocamenti volontari dei migranti come quello introdotto lo scorso giugno».

Roma, ovviamente, ci prova comunque. E preme per migliorare il meccanismo siglato nell'estate 2022 da Luciana Lamorgese durante il governo Draghi. Prevedeva un'adesione volontaria degli Stati membri alla ripartizione di una quota di migranti salvati durante le operazioni di soccorso in mare. Raccolse il consenso di Francia e Germania, che però non diedero del tutto seguito agli impegni assunti. Ecco, sul punto Meloni insiste per costruire un sistema che renda più stringente la redistribuzione. Difficile, come detto, che la spunti. Più probabile invece che Roma ottenga qualcosa sul fronte di un maggiore investimento europeo nei Paesi nordafricani.

E d'altra parte, il discorso è più complesso delle rivendicazioni della destra di governo. La presidente della Commissione ricorda ad esempio che i rifugiati provenienti dall'Ucraina sono concentrati soprattutto nei Paesi del fronte Est: un milione in Germania, uno in Polonia, 450 mila in Ungheria. Implicitamente, rimette in scala il problema degli sbarchi del Mediterraneo. Meloni replica ricordando che l'Italia è quarta in questa classifica. Che Roma è disposta a continuare ad aprire le porte ai profughi ucraini. E che comunque per gli arrivi dal fronte Sud è fondamentale distinguere tra rifugiati e migranti economici.

Sarebbe sbagliato immaginare che il colloquio con von der Leyen serva soltanto a ragionare di migranti. Il fronte più caldo è quello economico. Meloni chiede un fondo europeo che migliori la competitività delle imprese e le metta in condizione di competere con quelle americane. Un'idea che von der Leyen non esclude, ma considera successiva all'allentamento dei vincoli degli aiuti di Stato. Per la premier, però, consentire solo sussidi nazionali rappresenterebbe una soluzione monca, perché favorirebbe il potere di spesa degli Stati più solidi come la Germania, regalando a Berlino un enorme vantaggio competitivo. Ma non basta. È il Pnrr a pesare nel dialogo con Bruxelles. L'obiettivo principale resta quello di spostare alcune opere infrastrutturali sotto l'ombrello dei fondi di Coesione, in modo da ammortizzare l'aumento dei costi delle materie prime. In piedi anche la richiesta di trasformare alcuni progetti del Piano in interventi sul fronte della transizione energetica. Qualcosa la Commissione concederà, ma le maglie di Bruxelles restano al momento poco elastiche.


La Repubblica 10/1/2023