lunedì 2 gennaio 2023

LE ONG SI RIBELLANO AL GOVERNO

 La rivolta delle Ong:

 "Non rispetteremo il decreto migranti”


dalla nostra inviata ALESSIA CANDITO


A BORDO DELLA OCEAN VIKING — Scorre l’Italia lungo i fianchi della Ocean Viking, dopo il salvataggio di centotredici naufraghi spedita dal governo Meloni a Ravenna ancor prima di aver chiesto il porto. All’alba appare la Calabria, poi la Puglia, ma la penisola è lunga, la destinazione lontana e ci vorranno ancora due giorni di navigazione prima di toccare terra.

«È come se a un’ambulanza che ha fatto un soccorso a Kiev si chiedesse di andare all’ospedale di Venezia», si mastica amaro a bordo per il nuovo decreto anti Ong. «Un decreto? Ma non è legittimo solo in casi di urgenza?», è la domanda ricorrente per gli italiani della crew. «Pensa che si parla di questione di sicurezza per l’Italia, ma non per chi muore in mare». Un paradosso chiaro a tutti nel mondo delle Ong, che al decreto hanno tutte più o meno apertamente dichiarato guerra. «Sea-Eye non seguirà alcun codice di condotta illegale o qualsiasi altra direttiva ufficiale che violi il diritto internazionale o le leggi del nostro Stato di bandiera», promette Annika Fischer, che dice di temere «conflitti» con le istituzioni italiane e si appella al governo tedesco: «Ci protegga».

Sale sulle barricate anche Sea Watch. «Ci opporremo sempre e con ogni mezzo a chi vede i diritti umani come un ostacolo ed è pronto a sacrificare la vita delle persone per una promessa elettorale», tuonano dall’ong tedesca, che prepara la prossima missione con la nuova ammiraglia, mentre battaglia in tribunale per la “liberazione” di Sea Watch3, da mesi bloccata a Reggio Calabria.

«Nessun governo può impedire a una nave di sottrarsi all’obbligo di soccorso, e nessuna nave — promettono — si rifiuterà di accogliere chi chiede aiuto». Anche loro — annunciano — si atterranno solo alle norme internazionali e alle leggi della Germania, Stato di bandiera, anche perché per il nuovo codice di sicurezza, non c’è uno straccio di presupposto legale. «L’unica urgenza — sottolineano — sarebbe quella di garantire un sistema di soccorso istituzionale nel Mediterraneo e garantire vie sicure a chi fugge dalla Libia».

Nel nuovo decreto invece non c’è nulla di tutto questo, solo nuovi blocchi, limitazioni, sanzioni. «Significa solo — aggiungono da Sea Watch — provocare altre morti, calpestare i diritti umani e affidare quel tratto di mare alle milizie libiche».

Lì a breve arriverà Geo Barents di Msf, pronta a partire da Augusta. Con che intenzione? «Salvare vite umane è il nostro imperativo — dice il capomissione Juan Matias Gil — ed è un obbligo sancito da tutte le convenzioni e le leggi internazionali e per questo continueremoa farlo». 

Dalla Cei, per il governo più che una bocciatura sembra arrivare una scomunica. «Credo che questo decreto cadrà presto, è costruito sul nulla, su un segnale di insicurezza che in realtà è fasullo», dice a Vatican News monsignor Gian Carlo Perego, presidente della fondazione Migrantes. «Ed è paradossale”, sottolinea, che le navi ong diventate «strumento di sicurezza per almeno il 10% delle persone che sono sbarcate nel nostro Paese e in Europa» siano considerate «strumento di insicurezza».

Per accogliere le vittime di naufragi, anche i porti che accolgono navi come Ocean Viking si blindano. «Ci possono rallentare, ma non fermare — afferma il presidente di Sos Mediterranée Italia, Alessandro Porro — Anche solo una vita salvata vale lo sforzo di quello che facciamo».


La Repubblica 30/12