sabato 7 gennaio 2023

27 dicembre 2022

Anna e Michela: la nostra esperienza nel mondo della disabilità

Facciamo tutti parte di un unico mosaico, ognuna e ognuno di noi è un pezzo del mosaico con una forma diversa.

 

ANNA: “Michela ha avuto lei l’idea per la serata. Il tema che ci hai dato Franco è molto vasto, partiamo dal personale, molti di voi sanno che ho una malattia genetica rara e, quindi, questa malattia genetica è una mia caratteristica. È scritta nel mio DNA, è la mia storia. Negli anni con alti e bassi ho convissuto bene con la malattia e ho affrontato e superato tutti gli ostacoli sempre con mamma e papà, adesso ho 43 anni. Diciamo che sin da piccola sono sempre stata una persona che voleva sapere e i miei genitori non volevano nascondermi nulla, questo penso che sia stato utile per affrontare le difficoltà di quanto capita durante la vita. Dai 16 anni utilizzo la carrozzella, diciamo che c'è una disabilità motoria, però ho sempre cercato di fare ugualmente tutto nei modi in cui era possibile.

Il percorso della vita a cosa mi ha portato? Crescendo pian piano l'associazione della mia malattia mi ha portato a contatto con le persone e a fare delle segnalazioni quando c'erano delle difficoltà per cercare di migliorare la situazione. Fare segnalazioni non è solo battere i pugni sul tavolo, ma fare segnalazioni scritte in modo gentile per indicare ciò che non va bene, ciò che nega un diritto. Questo fare segnalazioni, rimanere in contatto con le persone, cercare di migliorare, negli anni poi mi ha portato alle ACLI di Alessandria, al Patronato ACLI col quale da qualche anno ho una collaborazione attiva; ho iniziato occupandomi della comunicazione, quindi degli articoli da inviare ai giornali e pubblicare sul sito e poi da qualche anno mi occupo dello sportello “dis-ABILITÀ informAzioni accessibili”. Lo abbiamo chiamato così, disabilità scritto dis in minuscolo, il trattino e poi ABILITÀ scritto tutto maiuscolo, perché ognuno di noi ha le proprie abilità, siamo tutti abili in qualcosa, come siamo tutti disabili in qualcosa, perché ognuno di noi ha una caratteristica diversa, una disabilità. Basti pensare che una volta anche portare gli occhiali poteva essere considerata una diversità. Questo sportello è utile per dare le informazioni e per tutte le pratiche, tutti gli aspetti burocratici. Una persona nel mondo della disabilità si perde nella burocrazia. Tramite lo sportello, tramite le ACLI ho conosciuto, come molti di voi conoscono, il Nodo contro le discriminazioni della provincia di Alessandria. Lì si è aperta anche un'altra strada, segnalare le discriminazioni che accadono, ciò che non è permesso, che non è possibile alle persone con disabilità. Le discriminazioni avvengono poi anche in altri ambiti come l’orientamento sessuale, l’orientamento religioso, l’etnia, il genere e l’età, la discriminazione è ciò che non permette l’attuazione dei diritti, esclude una persona da ciò che può fare, da un proprio diritto. Questo è un mondo ampio, dove si può fare tanto e fortunatamente quello che posso dire è che noi in Piemonte siamo fortunati perché abbiamo una legge regionale e siamo l'unica regione in Italia ad avere gli uffici del Nodo contro le discriminazioni in ogni provincia in cui è possibile fare le segnalazioni, per cercare di cambiare, cercare di migliorare.

Ecco ho parlato tanto, vi dico un'ultima cosa, perché è l'ultimo ambito di cui sono venuta a conoscenza: parlo della Convenzione ONU. Dal 2006 esiste la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e dal 2009 la Convenzione è diventata legge in Italia. È un trattato internazionale finalizzato a combattere le discriminazioni e le violazioni sui diritti umani. Tramite la Convenzione ONU si cerca di trasmettere una nuova cultura, un nuovo modo di vedere la disabilità. Disabilità non solo come malattia, patologia di una persona, ma come parte delle diversità che caratterizzano gli esseri umani. Quindi con la Convenzione ONU non si vuole disegnare un nuovo modello di disabilità, ma un differente modello di società, perché dalla Convenzione ONU emerge che la disabilità è frutto dell'interazione fra una menomazione e un contesto sfavorevole, un contesto sfavorevole che si ha nella nostra società, nella nostra cultura.

Sto affrontando anche questo tema: sto leggendo con l’associazione YAWP di Alessandria (persone con disabilità cognitive) proprio un libro su come attuare la Convenzione ONU. Dovranno essere attuate delle leggi, dei decreti attuativi; sarà però un cammino abbastanza lungo. Mi dispiace se questa sera ci sono degli assistenti sociali collegati, degli educatori perché il problema per attivare la Convenzione ONU sarà cambiare, modificare il modo di rapportarsi con le persone con disabilità e quindi anche un nuovo modo di lavorare da parte degli educatori, delle assistenti sociali. Non è sempre semplice affrontare un cambiamento del paradigma, è più facile utilizzare sempre lo stesso paradigma, si è sempre fatto così!

Faccio una domanda: secondo voi, è più corretto dire disabile, “lei è disabile” o “lei è una persona con disabilità”?

 

MANUELA: Io direi la seconda perché non caratterizza la persona nel suo insieme, ma caratterizza un aspetto come quando ad un bambino non dici sei bugiardo, ma gli dici hai raccontato una bugia, in questo momento tu racconti una bugia, ma non caratterizzi il suo essere, specifichi soltanto un comportamento o un aspetto di lui.

 

ANNA: Esatto, sì. Infatti, pian piano, ripetendo questo sempre, anche i giornali, la comunicazione, i media impareranno a usare un termine corretto nel rispetto dei diritti di tutte le persone.

 

MICHELA: Anna, come la vivi tu la disabilità? Perché io queste parole che usi non le capisco. Come ti senti, menomata? uguale agli altri?

 

ANNA: Mi sento uguale agli altri, voglio dire, siamo tutti diversi, ognuno di noi ha determinate caratteristiche, altezza, corporatura, colore capelli, una malattia, ma siamo tutti uguali e tutti diversi per le nostre caratteristiche.

 

MICHELA: Voglio dire che vivo la disabilità in un altro modo: io mi vedo all'impiedi, ho un'altra prospettiva di vita, perché secondo me ognuno di noi è un fiore nel giardino di Dio, va curato; bisogna parlare non solo dell'ONU, bisogna parlare di se stessi, per dare una testimonianza, io ad esempio ho una tetraparesi spastica dalla nascita e posso dire che vivo questa cosa tranquillamente grazie a papà che mi ha amata da subito e mi ha fatto capire che la disabilità non è un problema, ma è qualcosa che ci fa crescere, non mi vedo assolutamente disabile, non sento alcuna difficoltà e vivo la mia vita normalmente. Io dico sempre “sono questa”, chi vuole accettarmi mi accetta, chi non vuole no, però io sono disposta anche a dire che malattia ho. Poi la differenza tra me e te è che tu dipendi un pochino meno dalle altre persone e quindi magari vivi la disabilità in un altro modo, ma io sono molto contenta di me stessa, perché comunque amo il mio corpo e secondo me è bello amarsi, è bello affrontare tutte le difficoltà sentendosi completamente uguale agli altri, perché si può. Io ad esempio non ho vergogna a dire che porto il pannolone, vivo la vita abbastanza nomale per poter essere me stessa e importante è aiutare gli altri, essere pronti sempre con il sorriso e aiutare gli altri. Fare tutto come gli altri. La cosa più importante che una persona disabile deve sempre avere è il sorriso. Possiamo avere tutti i problemi del mondo, ma dobbiamo testimoniare col sorriso.

Io sono molto fiera che Anna abbia trovato delle Associazioni che la possano aiutare, ma anche senza associazioni si può vivere benissimo. Una cosa che dà tanta soddisfazione a un disabile è credere in Dio perché noi siamo fiori colorati del giardino di Dio, profumiamo di Lui, tutto quel che facciamo dipende da Lui, se nella nostra fantasia facciamo le scale è perché dipende da lui, se immaginiamo di cucinare, il Signore mi fa dire che io cucino per papà. Così io mi vedo all'impiedi e tutti i giorni c'è qualcosa da scoprire, da fare, non bisogna mai abbattersi. Non abbattetevi mai, perché è vero che la vita è una continua lotta, ma non è mai un impedimento, è un giovamento, prendiamola com'è e siate felici.

Io sono disposta anche a dare una mano a questo gruppo, a chi ha dei dubbi per i quali la vita lo ha portato a essere arrabbiato, perché sappiamo che la vita non è un percorso facile, però le nostre lacrime, che a volte possono essere importanti per sfogarsi, non siano un modo per esprimere la nostra disabilità. Chiudo qua e spero di non avere offeso nessuno e do la mia disponibilità a dare un aiuto se qualcuno ne ha bisogno perché veramente la disabilità non è un impedimento ma un giovamento.

Essere disabile è una vittoria, è lottare e se avete bisogno, siamo qua per aiutare, importante è aiutare e credere in noi stessi perché che ci alziamo al mattino e crediamo in noi stessi è la cosa più bella che ci sia. Ad esempio a me è capitato di notte di salire una scala bianca, piena di fiori; poi mi sveglio proprio serena, tranquilla.

Poco fa, all'inizio, pensavo “oggi proprio non ce la faccio”, poi mi sono detta “no, non devo pensare ai dolori, il dolore per me deve essere un amico, io non posso perdere l'occasione per una testimonianza così importante, lo devo fare, devo parlare con queste persone che mi hanno scelta per questo incontro, per questa cosa importantissima”.

Saluto tutti e ringrazio voi come gruppo biblico e sappiate che pregherò per voi sempre. Se riuscirò a collegarmi da sola per seguire il gruppo lo farò ben volentieri perché è una cosa che mi piace, perché come voi potete imparare qualcosa da me, io posso imparare qualcosa da voi. Importante è sapersi amare, sapere che la vita è un dono, non va buttata via. Bisogna amare i dolori, magari dando loro un nome, ad esempio le mie gambe e le mie braccia hanno un nome, una mano si chiama Morena, l'altra mano è Guendalina e così facendo io amo il mio corpo e lo curo.

A livello spirituale e in mezzo alla gente io voglio essere uguale come tutti, ad esempio gli altri vanno in palestra, io vado dalla parrucchiera, non posso camminare come fanno tutti e ho sostituito i passi con dei regali e quindi sono felice così, spero di avervi dato una buona impressione di me e ci sentiremo ancora se ci sarà occasione.

Io purtroppo non vi posso presentare papà perché in questo momento dorme. Una sera gli chiederò se può stare un poco con noi per presentarvi questa persona esemplare, è stato lui a darmi questi input con tanti sacrifici, proprio tanti. Ho avuto la sfortuna di perdere la mamma 38 anni fa perché si è ammalata di un tumore, ma ci è stata vicino anche la nonna, una donna veramente brava, paziente, di fede che mi ha fatto capire tante cose; riconosco i suoi sacrifici e spero con tutto il cuore che riposi nella pace di Gesù. Sono le persone importanti della mia vita con le quali ho spiccato il volo e non mi sono mai sentita diversa, mai. Io spero con queste parole di non avervi stancato, ringrazio il gruppo e lascio un abbraccio forte a tutti.

 

FRANCO: Anna quante cose anche tu nella comunità stai facendo, ti conosciamo come una donna molto attiva. Le vostre attività sono diverse, perché siamo tutti diversi, ma siamo tutti figlie e figli di Dio, membri di questa umanità che ha tanto bisogno di tempo e di dedizione, come fate voi, siete un esempio di come non avete fatto della sofferenza il vostro calvario, avete fatto della sofferenza il luogo per amare gli altri, amare voi stesse e amare gli altri.

 

MICHELA: meno male che sono riuscita a parlare, perché temevo proprio di non riuscirci, ora vedo che il Signore vuole questo, che queste persone che mi hanno voluta devono godere di queste mie parole.

 

ANNA: Franco hai parlato della sofferenza, nella mia vita non ho mai sopportato le persone che mi salutavano con una pacca sulla spalla, sulla testa, come dire “poverina”. Adesso ho trovato nella Convenzione ONU un nuovo metodo, non più di assistenzialismo, ma di cultura per rapportarti con le persone con disabilità, un metodo per i diritti; ci vorrà tempo, probabilmente, però sarà importante per ridurre la sofferenza.

 

MICHELA: importante, per lottare bisogna essere forti, devi essere forte prima tu, perché ricordati una cosa, l'Onu ti può aiutare, ma se non hai tu la forza di andare avanti con Dio, avanti non andrai mai. Per questo ti chiedevo ieri sera "hai degli amici?" e tu mi hai detto di sì e questo mi ha aperto il cuore perché comunque avere degli amici che valorizzano la nostra vita è importante perché è la nostra gioia, la disabilità è unione, non difficoltà. Io la vedo così, non mi sento disabile e chi parla con me dopo di solito si sente bene.

Ho pensato di fare qualcosa sul corpo umano per il blog, ho incominciato a preparare qualcosa. Vi può interessare?

Seguo il blog e avere scritto per il blog mi è utile perché esprimere le proprie emozioni, le proprie tristezze e difficoltà è una grande cosa, l'importante è non arrabbiarsi mai, se io ho qualcosa non me la posso prendere con voi, con Dio o con me stessa, io devo affrontare pregando col sorriso sulle labbra perché non è colpa di nessuno. Se partiamo da questo concetto la disabilità si affronta molto più facilmente. Non è difficile essere disabile, importante è portare la serenità dentro e il sorriso.

 

MANUELA: tu Anna hai detto che la disabilità è una menomazione in un contesto sfavorevole, infatti non è tale in assoluto, lo diventa se ti trovi in un contesto che non è in grado di recepire la tua disabilità e di trovarti un posto per quello che tu sei. Questo l'ho trovato molto bello, un modo che evidenzia la relazione che non è in assoluto, ma è sempre rispetto a qualche cosa, hai una disabilità se sei in un posto che non ti permette di essere ben inserito.

 

MICHELA: Bravissima!

 

ANNA: nel libro questa frase è riportata per la disabilità, ma vale anche per una persona in difficoltà economica, una persona straniera, è la stessa cosa; è il contesto che crea l'essere diversi, isolati, non essere inclusi.

 

MICHELA: ma a volte siamo noi che ci isoliamo perché non accettiamo la società. La società ci vuole bene, ci aiuta e io che dipendo completamente dagli altri, più di Anna perché non mangio neanche da sola, se la società non mi segue, non mi isolo, sto in mezzo, cerco di dare la mia disponibilità anche ai malati oncologici. Ho capito che questa sera è collegata una persona che ha questi problemi, ebbene se questa persona vuole trovare in me un aiuto lo può trovare.

 

FRANCO: è vero nella società ci sono molte persone buone, corresponsabili, che condividono, ma ce ne sono altre che devono ancora fare dei passi.

 

MICHELA: con l'aiuto di Dio, si faranno questi passi. Non credete che per me sia stato facile da piccola capire perché non potevo giocare come un bambino normale. Fino a 20 anni non ho sopportato nessun bambino vicino a me, non potevo vedere i bambini che avevano una vita normale. Non potevo neanche condividere la gioia di questi bambini. Quando poi ho visto che le persone che mi stavano vicino mi davano comunque delle possibilità per realizzarmi, ho imparato che la vita non è solo quello che si fa normalmente, la vita te la puoi creare tu. Adesso voglio dare la sicurezza a papà che sono felice, che i sacrifici che lui ha fatto per rendermi felice hanno dato un frutto.

 

FRANCO: quante esperienze in una vita!

 

MICHELA: le esperienze si fanno tutti i giorni, la gente ti vuole bene e ti insegna a condividere la vita con ognuno di loro. Viviamo per questo. Importante è non chiedersi il perché, perché è successo questo, ma da chi, con chi e per chi.

[Sergio, Fiorentina, Francesco, Franca e Simonetta pongono qui l'accento sul problema della non adeguatezza dei mezzi pubblici e, più in generale, delle barriere architettoniche].

 

FRANCO: Credo che serate come questa servano a metterci in relazione, a volerci bene, ad aiutarci, ad avere strumenti anche per la fase politica. Possiamo pensare a mettere in cantiere una volta al mese una serata, un incontro su un tema come “Fede e impegno sociale” per rispondere al bisogno che c’è di garantirci una società che sia più umana. C’è poca attenzione alle persone che sono nella disabilità, che hanno disabilità varie, queste sono in crescita nel mondo. Abbiamo un occhio piccolo, vediamo sempre solo vicino a noi.

Michela e Anna come dirvi grazie? Non per questa sera, ma per le persone che siete! Quando penso a voi penso al dono che Dio ci ha fatto di incontrarci, e Dio sorregge anche le vostre vite. Ci lasciamo con questa gratitudine nel cuore. Chi vi vuole bene, famiglia, amici, parenti, è proprio la società dell’amore, l’unica che può farci guardare avanti e darci la voglia infinita di superare le barriere.

Diciamolo, perché si spendono così tanti soldi nelle armi e nulla per venire incontro alle necessità delle persone disabili?

Ci lasciamo con la buonanotte.