domenica 8 gennaio 2023

In Europa il 90% dei Rom è a rischio povertà

3/01/’23 - Giovanni Caprio

 


Pressenza

I Rom sono la più grande minoranza etnica d’Europa. Su una stima di 10-12 milioni di Rom che vivono in Europa, circa 6 milioni sono cittadini o residenti dell’UE. Molti Rom sono ancora vittime di pregiudizi ed esclusione sociale, nonostante il divieto di discriminazione in tutti gli Stati membri. Il termine generico “Rom” comprende diversi gruppi, tra cui Rom, Sinti, Kale, Romanichels, Boyash/Rudari, Ashkali, Egiziani, Yenish, Dom, Lom, Rom e Abdal, così come le popolazioni Viaggianti (gens du voyage, Zingari, Camminanti, ecc.). I documenti politici e le discussioni dell’UE utilizzano comunemente questa terminologia.

Qual è la situazione attuale dei Rom in Europa?

Uno degli strumenti utilizzati per monitorare le condizioni dei Rom è il sondaggio dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra, acronimo inglese di European union agency for fundamental rights). Openpolis
ha rielaborato i dati di questo sondaggio fornendo un quadro della situazione dei Rom nel vecchio continente. Dal sondaggio emerge che i Rom spesso vivono in condizioni di estrema fragilità: sono più esposti alla povertà e all’esclusione sociale e svolgono meno frequentemente un lavoro retribuito. Il divario con i cittadini autoctoni è molto ampio. L’80% delle famiglie Rom in Europa (nei 10 paesi coperti dal sondaggio Fra) è a rischio povertà (2021). La media della popolazione generale è invece pari al 17% (con un divario quindi di oltre 60 punti percentuali). Se si considerano soltanto i minori, la quota è ancora più elevata. Si tratta dell’83%, contro il 20% dei minori tra la popolazione generale.
In quattro Paesi su 10 (Portogallo, Italia, Spagna e Grecia) oltre il 90% dei Rom intervistati risulta essere a rischio povertà. Negli altri Stati che hanno partecipato al sondaggio il dato risulta comunque molto elevato, aggirandosi tra l’86% della Croazia e il 71% della Bulgaria. I Paesi dell’Europa meridionale sono i primi anche se si considera il divario con gli autoctoni, che in Portogallo arriva a 80 punti percentuali. Ultima da questo punto di vista è ancora una volta la Bulgaria, che è anche lo Stato con la quota più elevata di cittadini autoctoni considerati a rischio (qui lo scarto è pari a 47 punti). Più contenuti ma comunque elevati anche i divari dal punto di vista della partecipazione al mondo del lavoro. Se infatti l’80% dei Rom è a rischio povertà, il 43% dichiara di avere una qualche forma di impiego retribuito. Ungheria e Italia sono i due Paesi UE in cui la quota più elevata di Rom dichiara di svolgere un qualche tipo di lavoro (rispettivamente il 62% e il 61%). Agli ultimi posti invece la Spagna con il 25% e il Portogallo (31%). Quanto al divario con i cittadini autoctoni, è ancora una volta il Portogallo a registrare quello più marcato (44 punti percentuali). Seguono la Spagna e la Slovacchia, entrambe con scarti superiori ai 40 punti. Ultima l’Italia, con una differenza pari ad appena 2 punti. Qui il sondaggio completo.

Quali sono gli obiettivi europei per il futuro dei Rom?
In precedenza l’intervento comunitario si concentrava principalmente sull’integrazione socio-economica, per poi passare a un approccio globale che integra l’inclusione socioeconomica dei Rom emarginati con la promozione dell’uguaglianza e la promozione della partecipazione: tutti i Rom dovrebbero avere l’opportunità di realizzare il loro pieno potenziale e di impegnarsi nella vita politica, sociale, economica e culturale.
Il 12 marzo 2021 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una raccomandazione sull’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione dei Rom in tutti gli Stati membri.  In tale contesto la commissione fissa sette obiettivi da raggiungere entro il 2030. In primo luogo, combattere e prevenire l’antiziganismo e la discriminazione. Segue la riduzione della povertà e dell’esclusione sociale, che prevede di colmare il divario con i cittadini autoctoni. Altro obiettivo prefissato è quello di promuovere la partecipazione dei Rom nella società civile e di aumentare la parità di accesso a istruzione e occupazione. Infine, prevede di migliorare la salute e l’accesso ai servizi sanitari e agli alloggi. Non ci si riferisce soltanto all’adeguatezza della condizione abitativa, ma anche a ridurre la segregazione, per favorire l’inclusione. A partire da quest’anno, con cadenza biennale, gli Stati membri dovranno riferire sull’attuazione dei quadri strategici nazionali per i Rom, comprese le misure volte a promuovere l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione e utilizzando l’insieme degli indicatori. Le relazioni si concentreranno sull’attuazione degli impegni stabiliti nei quadri nazionali, nonché, ove opportuno, sul conseguimento degli obiettivi nazionali. Tali relazioni dovrebbero essere rese pubbliche per aumentare la trasparenza e promuovere l’apprendimento delle politiche adottate.

E qual è la situazione in Italia?

In Italia- definita il “Paese dei campi” perché quella impegnata più degli altri nella progettazione e nella gestione di ghetti etnici riservati a cittadini identificati come Rom o Sinti – si sconta innanzitutto e da sempre una carenza assoluta di strumenti per conoscere il numero delle persone Rom e Sinte residenti. Grazie al lavoro di monitoraggio dell’Associazione 21 luglio sappiamo però che attualmente in Italia si registrano 50 insediamenti abitati da 8.519 Rom, 67 insediamenti abitati da 4.748 Sinti e 3 insediamenti abitati in forma mista da 219 Rom e Sinti, per un totale di 120 insediamenti abitati da 13.486 Rom e Sinti. Qui la mappa.
Nel nostro Paese le politiche nei confronti dei Rom sono comunque fortemente condizionate dalla permanenza diffusa di forti pregiudizi e dall’approccio emergenziale (al netto dell’attuazione di alcuni programmi europei, soprattutto rivolti all’infanzia e all’integrazione scolastica). E’ proprio l’Associazione 21 luglio -sulla base della propria esperienza sul campo- a indicare invece quella che dovrebbe essere la via per superare la ghettizzazione e per integrare, quando sottolinea che “non servono approcci speciali – declinati su base etnica – né tanto meno uffici dedicati. Risultano piuttosto fondamentali interventi ordinari di politica sociale, opportunamente calibrati nel contesto in cui si va a lavorare, che mirino a sviluppare percorsi inclusivi individualizzati e strutturati sulle esigenze dei singoli nuclei familiari”.
La strategia nazionale di uguaglianza e inclusione 2021-2030 – elaborata con il pieno coinvolgimento dell’UNAR e anche con la partecipazione di numerosi stakeholder interessati, a partire dalle associazioni della Piattaforma Nazionale Rom e Sinti e del Forum delle comunità – appare alquanto ambiziosa, toccando tutti gli aspetti di vita dei Rom, dalla sanità al lavoro, dalla scuola alla casa, dalla non discriminazione alla partecipazione. Tuttavia, come spesso accade, incombe il solito rischio che gran parte degli obiettivi resti miseramente sulla carta.