In Europa il 90% dei Rom è a rischio povertà
3/01/’23 - Giovanni Caprio
Pressenza
I Rom sono la più grande minoranza etnica d’Europa. Su una stima di 10-12
milioni di Rom che vivono in Europa, circa 6 milioni sono cittadini o residenti
dell’UE. Molti Rom sono ancora vittime di pregiudizi ed esclusione sociale,
nonostante il divieto di discriminazione in tutti gli Stati membri. Il termine
generico “Rom” comprende diversi gruppi, tra cui Rom, Sinti, Kale, Romanichels,
Boyash/Rudari, Ashkali, Egiziani, Yenish, Dom, Lom, Rom e Abdal, così come le
popolazioni Viaggianti (gens du voyage, Zingari, Camminanti, ecc.). I documenti
politici e le discussioni dell’UE utilizzano comunemente questa terminologia.
Qual è la situazione attuale dei Rom in
Europa?
Uno degli strumenti utilizzati per monitorare le
condizioni dei Rom è il sondaggio dell’Agenzia europea per i diritti
fondamentali (Fra, acronimo inglese di European union agency for fundamental
rights). Openpolis
ha rielaborato i dati di questo sondaggio fornendo un quadro della situazione
dei Rom nel vecchio continente. Dal sondaggio emerge che i Rom spesso vivono in
condizioni di estrema fragilità: sono più esposti alla povertà e all’esclusione
sociale e svolgono meno frequentemente un lavoro retribuito. Il divario con i
cittadini autoctoni è molto ampio. L’80% delle famiglie Rom in Europa (nei 10
paesi coperti dal sondaggio Fra) è a rischio povertà (2021). La media della
popolazione generale è invece pari al 17% (con un divario quindi di oltre 60
punti percentuali). Se si considerano soltanto i minori, la quota è ancora più
elevata. Si tratta dell’83%, contro il 20% dei minori tra la popolazione
generale.
In quattro Paesi su 10 (Portogallo, Italia, Spagna e Grecia) oltre il 90% dei
Rom intervistati risulta essere a rischio povertà. Negli altri Stati che hanno
partecipato al sondaggio il dato risulta comunque molto elevato, aggirandosi
tra l’86% della Croazia e il 71% della Bulgaria. I Paesi dell’Europa
meridionale sono i primi anche se si considera il divario con gli autoctoni,
che in Portogallo arriva a 80 punti percentuali. Ultima da questo punto di
vista è ancora una volta la Bulgaria, che è anche lo Stato con la quota più
elevata di cittadini autoctoni considerati a rischio (qui lo scarto è pari a 47
punti). Più contenuti ma comunque elevati anche i divari dal punto di vista
della partecipazione al mondo del lavoro. Se infatti l’80% dei Rom è a rischio
povertà, il 43% dichiara di avere una qualche forma di impiego retribuito.
Ungheria e Italia sono i due Paesi UE in cui la quota più elevata di Rom
dichiara di svolgere un qualche tipo di lavoro (rispettivamente il 62% e il
61%). Agli ultimi posti invece la Spagna con il 25% e il Portogallo (31%).
Quanto al divario con i cittadini autoctoni, è ancora una volta il Portogallo a
registrare quello più marcato (44 punti percentuali). Seguono la Spagna e la
Slovacchia, entrambe con scarti superiori ai 40 punti. Ultima l’Italia, con una
differenza pari ad appena 2 punti. Qui il sondaggio completo.
Quali sono gli obiettivi europei per il
futuro dei Rom?
In precedenza l’intervento comunitario si concentrava principalmente
sull’integrazione socio-economica, per poi passare a un approccio globale che
integra l’inclusione socioeconomica dei Rom emarginati con la promozione
dell’uguaglianza e la promozione della partecipazione: tutti i Rom dovrebbero
avere l’opportunità di realizzare il loro pieno potenziale e di impegnarsi
nella vita politica, sociale, economica e culturale.
Il 12 marzo 2021 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una
raccomandazione sull’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione dei Rom in
tutti gli Stati membri. In tale contesto la commissione fissa sette
obiettivi da raggiungere entro il 2030. In primo luogo, combattere e prevenire
l’antiziganismo e la discriminazione. Segue la riduzione della povertà e
dell’esclusione sociale, che prevede di colmare il divario con i cittadini
autoctoni. Altro obiettivo prefissato è quello di promuovere la partecipazione
dei Rom nella società civile e di aumentare la parità di accesso a istruzione e
occupazione. Infine, prevede di migliorare la salute e l’accesso ai servizi
sanitari e agli alloggi. Non ci si riferisce soltanto all’adeguatezza della
condizione abitativa, ma anche a ridurre la segregazione, per favorire
l’inclusione. A partire da quest’anno, con cadenza biennale, gli Stati membri
dovranno riferire sull’attuazione dei quadri strategici nazionali per i Rom,
comprese le misure volte a promuovere l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione
e utilizzando l’insieme degli indicatori. Le relazioni si concentreranno
sull’attuazione degli impegni stabiliti nei quadri nazionali, nonché, ove
opportuno, sul conseguimento degli obiettivi nazionali. Tali relazioni
dovrebbero essere rese pubbliche per aumentare la trasparenza e promuovere
l’apprendimento delle politiche adottate.
E qual è la situazione in Italia?
In Italia- definita il “Paese dei campi” perché quella
impegnata più degli altri nella progettazione e nella gestione di ghetti etnici
riservati a cittadini identificati come Rom o Sinti – si sconta innanzitutto e
da sempre una carenza assoluta di strumenti per conoscere il numero delle
persone Rom e Sinte residenti. Grazie al lavoro di monitoraggio
dell’Associazione 21 luglio sappiamo però che attualmente in Italia si
registrano 50 insediamenti abitati da 8.519 Rom, 67 insediamenti abitati da
4.748 Sinti e 3 insediamenti abitati in forma mista da 219 Rom e Sinti, per un
totale di 120 insediamenti abitati da 13.486 Rom e Sinti. Qui la mappa.
Nel nostro Paese le politiche nei confronti dei Rom sono comunque fortemente
condizionate dalla permanenza diffusa di forti pregiudizi e dall’approccio
emergenziale (al netto dell’attuazione di alcuni programmi europei, soprattutto
rivolti all’infanzia e all’integrazione scolastica). E’ proprio l’Associazione
21 luglio -sulla base della propria esperienza sul campo- a indicare invece
quella che dovrebbe essere la via per superare la ghettizzazione e per
integrare, quando sottolinea che “non servono approcci speciali – declinati su
base etnica – né tanto meno uffici dedicati. Risultano piuttosto fondamentali
interventi ordinari di politica sociale, opportunamente calibrati nel contesto
in cui si va a lavorare, che mirino a sviluppare percorsi inclusivi
individualizzati e strutturati sulle esigenze dei singoli nuclei familiari”.
La strategia nazionale di uguaglianza e inclusione 2021-2030 – elaborata con il
pieno coinvolgimento dell’UNAR e anche con la partecipazione di numerosi
stakeholder interessati, a partire dalle associazioni della Piattaforma
Nazionale Rom e Sinti e del Forum delle comunità – appare alquanto ambiziosa,
toccando tutti gli aspetti di vita dei Rom, dalla sanità al lavoro, dalla
scuola alla casa, dalla non discriminazione alla partecipazione. Tuttavia, come
spesso accade, incombe il solito rischio che gran parte degli obiettivi resti
miseramente sulla carta.