sabato 21 gennaio 2023

NUOVI FASCISMI?

 Democrazia, autoritarismo, neoliberismo: Bolsonaro e non solo

16-01-2023 - Alessandra Algostino
Volerelaluna

L’attacco ai luoghi delle istituzioni democratiche avvenuto a Brasilia l’8 gennaio (e il suo inevitabile parallelismo con l’assalto al Congresso degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021, per tacere del nostrano attacco alla sede della CGIL del 9 ottobre 2021), mostra il volto violento della lacerazione del Paese uscita dalle urne. Il modello Bolsonaro è tutt’altro che perdente, in Brasile, ma come non pensare anche all’Ungheria, alla Polonia, alla Svezia, all’Italia, a Israele, al trumpismo? È una macchia nera che sta dilagando. Nuovi fascismi? Non lo so, ma in ogni caso si registra un’unione avvelenata di autoritarismo e neoliberismo, ammantata da evocazioni nazionaliste e conservatrici (la triade “Dio, patria e famiglia”), utili a compattare e neutralizzare anche solo l’idea del conflitto sociale.
Il “modello Bolsonaro” suggerisce quattro brevi spunti.

Primo
. Si diffonde il ricorso alla necropolitica (Mbembe, Necropolitica, Ombre corte, 2016), come politica che ha il sapore della lotta di classe al contrario. La necropolitica in Brasile si concretizza nelle politiche nei confronti dei popoli indigeni così come nella gestione del Covid-19; in Italia e in Europa riguarda in prima battuta le politiche migratorie, il genocidio dei migranti (nel Mediterraneo, nella rotta balcanica, nell’esternalizzazione delle frontiere e delocalizzazione della tortura). La necropolitica si declina anche come aparofobia, paura e odio verso i poveri: in Brasile in particolare nei confronti della popolazione nera e degli abitanti delle favelas; in Italia, per limitarsi ad un esempio, verso i percettori del reddito di cittadinanza. è necropolitica, in senso ampio, l’indifferenza alla sorte delle “vite di scarto” (Bauman), per cui – mi limito ad un esempio – si definanzia la sanità, favorendo la privatizzazione e la diseguaglianza sanitaria; ovvero, si abbandona ogni progetto di emancipazione sociale, pur prescritta, in Italia, dall’art. 3, comma 2, Costituzione. La regressione nella garanzia dei diritti sociali è, appunto, lotta di classe al contrario. Infine è necropolitica (e il Brasile di Bolsonaro ne è emblema, anche se non il solo) la devastazione ambientale, la corsa suicida al riscaldamento climatico, la distruzione della biodiversità. La necropolitica è una lotta di classe, a partire dalla considerazione che «l’oppressione etnica e razziale non è accidentalmente correlata al capitalismo, è strutturalmente integrata a esso» (Fraser), così come ogni forma di estrattivismo.

Secondo
. Alla necropolitica si accompagna la colpevolizzazione dei poveri, come dei migranti, dei popoli indigeni; al più si tollera un capitalismo neoliberale compassionevole, quando non tout court un filantrocapitalismo che lucra sulla povertà (Dentico, Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo, EMI, 2020). Si allontanano così le responsabilità delle diseguaglianze e il “rischio” che esse generino rivolte, si espellono (Sassen) le classi subalterne, ovvero si negano le contraddizioni e il lato oscuro del modello neoliberista e si reprime il dissenso, arroccando la democrazia in una cittadella vieppiù autoritaria.

Terzo. In questo contesto, il nazionalismo e la triade “Dio, Patria e famiglia” (brasiliana e nostrana: si pensi all’insistenza sul termine nazione nel discorso sulla fiducia di Meloni del 25 ottobre 2022) e non solo, forniscono una copertura identitaria che riempie il vuoto, riscalda il freddo del neoliberismo con la sua competitività sfrenata e la solitudine dell’imprenditore di se stesso, fornisce una identità artificiale contro la materialità degli interessi comuni del conflitto sociale, distraendo dalle diseguaglianze e dalle loro origini.

Quattro.
Il modello Bolsonaro, come accennato, unisce autoritarismo e neoliberismo. In altri termini, riprendendo Polanyi e Gramsci, ricorda l’assonanza tra il fascismo e la plutocrazia, ovvero, restando in America Latina, richiama come emblematico il golpe neoliberista di Pinochet, la sperimentazione dei Chicago Boys contro Allende. È un modello che porta al grande interrogativo della compatibilità tra capitalismo e democrazia. Il capitalismo può convivere con la democrazia, ma vive meglio in una autocrazia? o in una democrazia vuota, che mantiene il passaggio elettorale come un rito sterile? La rivoluzione passiva ci sta conducendo a un neoliberismo autoritario? Mentre la democrazia contiene in sé l’uguaglianza, il neoliberismo produce strutturalmente diseguaglianza, si fonda su sopraffazione e dominio e, creando diseguaglianze, depredando e devastando l’ambiente, ha bisogno di altra sopraffazione e dominio per garantire la propria autoconservazione. La via per invertire la rotta è sempre la stessa: radicare una alternativa, dal basso. Senza una trasformazione effettiva, profonda, consapevole, anche le vittorie sono fragili ed effimere. Affidarsi all’uomo del destino, chiunque sia, non è la soluzione: non a caso l’unione fra neoliberismo e autoritarismo è benedetta da un populismo facile preda di false suggestioni, cieco (neanche una necropolitica grossolana come quella di Bolsonaro è bastata per aprire gli occhi), Ricordiamolo, quando (cioè, ora), riforme presidenzialiste aleggiano su una democrazia già sufficientemente martoriata da una pratica quotidiana che la neutralizza.