PERCHÉ LA SINDONE?
Risale ormai al 1988 la datazione del lenzuolo funebre eseguita con la tecnica del Carbonio 14 in tre differenti laboratori (Tucson, Oxford e Zurigo), pubblicata sulla rivista scientifica Nature e generalmente accettata dalla comunità scientifica. La prova ha stabilito che il telo risale, con una probabilità del 95% a una data compresa tra il 1260 e il 1390, periodo compatibile con le prime testimonianze storiche certe dell'esistenza della Sindone. Questa datazione è stata accettata da diversi esponenti della Chiesa Cattolica: l'allora arcivescovo di Torino, cardinal Ballestrero, annunciando i risultati commentò: «Penso non sia il caso di mettere in dubbio i risultati. E nemmeno è il caso di rivedere le bucce agli scienziati se il loro responso non quadra con le ragioni del cuore».
Nonostante questi studi, oggi si fa fatica a sentire una qualche voce critica sull’autenticità della Sindone. Perché? Al più, qualcuno si limita a dire che quel volto, sia o non sia di Gesù, ricorda i sofferenti, il Gesù dalla parte dei deboli.
Io penso che si possa partire da un dato: la Sindone non è essenziale alla fede. Il volto di Cristo lo possiamo cercare nei tanti poveri cristi che non ce la fanno più a tirare avanti.
Con la Sindone, si incoraggia una finzione, l’emozione di un momento, la superstizione. Nel proliferare di madonne più o meno piangenti, di reliquie le più improbabili, di pellegrinaggi alla ricerca del sacro ci si allontana da una fede adulta, in favore di tutto un armamentario che alla lunga nasconde il vero centro della fede.
“Perché cercate fra i morti colui che è vivo? [Luca 24, 5], quando lo avete in mezzo a voi lungo le strade della vita, nelle persone e nelle Scritture.
ISLAM
Sono un'insegnante di scuola primaria. Ieri un mio alunno di sette anni mi si è avvicinato e con un filo di voce mi ha detto: "Sono musulmano"
"Lo so caro".
"Ma non sono cattivo".
Mi si è stretto il cuore.
Due saggi riportano al centro del dibattito l'ipotesi kantiana che fede e sapere siano distinti ma per nulla incompatibili.
SCIENZA E FEDE
Amir D. Aczel, Perché la scienza non nega Dio, Raffaello Cortina Ed. pp. 224, euro 21.00.
Non si tratta di un pensiero nuovo per chi è abituato ad una riflessione non dogmatica, ma l'esposizione pacata e non partigiana seppellisce le facili battaglie ideologiche dei vari fondamentalismi, tra i quali il "Fondamentalismo ateistico".
Chi è Amir D. Aczel: dotato di una robusta formazione matematica e fisica che lo porta a discutere senza alcun complesso di inferiorità con i maggiori scienziati a livello mondiale e che gli ha fatto scrivere uno dei libri migliori sul fenomeno forse più sorprendente della meccanica quantistica detto entanglement, e convinto che «il Dio delle interpretazioni letterali delle Scritture redatte per popoli primitivi migliaia di anni fa certo non esiste», Aczel ripercorre tutti i campi della scienza contemporanea arrivando alla conclusione che lo stato attuale della ricerca scientifica ci consegna alla tesi sostenuta da Kant: la scienza né afferma né nega Dio. Offre piuttosto una serie di dati sull'estrema improbabilità di questo universo e dell'emersione in esso della vita così da alimentare ancor più le domande e le inquietudini: come spiegare la circostanza che ha condotto le costanti della natura a rivelarsi così finemente sintonizzate per la nascita della vita e dell'intelligenza?
ESSERE ATEI OGGI
Non tutti i modi di negare Dio sono uguali. Su questo tema il filosofo genovese Roberto Giovanni Timossi ha appena pubblicato da Lindau Nel segno del nulla. Critica dell'ateismo moderno, una guida ragionata alle diverse forme di negazione di Dio. Autore di molte rigorose pubblicazioni, logico e filosofo della scienza, editorialista di Avvenire, Timossi classifica gli ateismi secondo quattro tipologie:
1) antropologico: per essere uomini occorre liberarsi dell'idea infantile di Dio;
2) sociopolitico: la religione è oppio dei popoli;
3) scientifico: la scienza nega Dio;
4) antiteodicetico: il male nega Dio.
Secondo il credente Timossi l'ateismo non ha l'ultima parola, tuttavia può giocare un ruolo importante al cui proposito egli cita Dostoevskij, cristiano convinto ma anche autore di pagine di critica atea tra le più mirabili: «Il perfetto ateo sta sul penultimo gradino prima della fede più perfetta».
(Contributi liberamente tratti da: Vito Mancuso Né atea né devota perché la scienza non respinge l'idea di Dio, La Repubblica 7 aprile).
(continua)
