In nome del buon costume
01-02-2023 - Valentina Pazé
Volerelaluna
Ci siamo. Dopo la triade Dio-Patria-Famiglia non poteva mancare, a completare il Pantheon della destra di governo, la riesumazione del caro, vecchio Buoncostume, offeso dallo spettacolo indecente dei corpi degli ultimi: prostitute, stranieri, senza fissa dimora, malati mentali.
La proposta di legge depositata alla Camera dal viceministro e deputato di Fratelli d’Italia Edmondo Cirielli nell’ottobre 2022 (http://documenti.camera.it/leg19/pdl/pdf/leg.19.pdl.camera.291.19PDL0008210.pdf), su cui solo in questi giorni si è accesa la discussione, prevede che tornino ad essere qualificati come reato penale punibile col carcere gli “atti osceni in luogo pubblico”, derubricati nel 2016 a illecito amministrativo, sanzionato con un’ammenda. Nel testo della proposta di legge, dichiaratamente finalizzata a tutelare il “buon costume” e la “morale pubblica”, viene evocato lo spettro degli «immigrati che, non avvezzi ai costumi, alle consuetudini e alle norme etiche e giuridiche che regolano la convivenza civile nella nostra società e sradicati dagli ambienti di provenienza, compiono talora azioni oscene o degradanti nelle nostre città», come aggirarsi per le strade nudi o denudarsi, «non curanti della presenza di altre persone, spesso anche di minori» (sic!). Intervistato da AdnKronos, Cirielli chiarisce che pensa in particolare ai «molti stranieri che si lavano nudi nelle fontane» e alle «persone malate che vanno davanti alle scuole e si masturbano» (https://www.ilmattino.it/primopiano/esteri/atti_osceni_carcere_luogo_pubblico_prostituzione_nudi_cosa_cambia_fdi-7194624.html). Non manca, infine, la censura contro le coppie che si appartano in macchina senza oscurare i vetri, in particolare quando si tratti di prostitute e dei loro “signori clienti”.
Al di là dell’ossessione larvatamente razzista per le frotte di migranti che si aggirerebbero nudi per le nostre strade, l’ispirazione del testo è chiara: a fare problema non è la crescita del disagio sociale e il crescente abbandono di persone affette da disturbi psichici; non è lo smantellamento del sistema di accoglienza degli stranieri richiedenti asilo e rifugiati; non è lo sfruttamento e la violenza nei confronti delle prostitute, quotidianamente vittime di omicidio, stupro, lesioni. Non è neanche la mercificazione dei corpi, per lo più femminili, ma anche trans e maschili, in vendita nelle strade, nelle case, nei centri-messaggi, via web, ma solo ed esclusivamente la loro inopportuna esibizione. Il problema è evitare che ciò che si muove nei bassifondi, ai margini delle “nostre città”, rimanga dove deve restare: occultato, invisibile, inaccessibile alla vista dei cittadini per bene, in modo da non recare oltraggio al buon costume e alla pubblica morale.
Equivocato da chi aveva colto nella sua proposta di legge un qualche intento punitivo nei confronti dei clienti delle prostitute, Cirielli chiarisce di non essere affatto attratto dal “modello nordico” di regolamentazione della prostituzione, che configura come reato l’acquisto di servizi sessuali: a essere punibile, secondo lui, dovrebbe essere solo chi si fa sorprendere con una prostituta all’aperto. Perché «una cosa è imboscarsi, un’altra mettersi su una strada, rendersi ‘visibile’ in un luogo chiaramente esposto al pubblico». E dunque, “signori clienti”, che problema c’è? Nessuno vuole disturbarvi, purché vi imboschiate per benino, teniate un profilo basso, non vi facciate beccare in situazioni imbarazzanti! (https://www.adnkronos.com/proposta-legge-fdi-contro-atti-osceni-cirielli-prostituzione-non-centra_4jqNr1lSYYHaJMbjrY6Km2?refresh_ce).
L’approccio della destra nei confronti della prostituzione, sia che si traduca nella repressione della prostituzione di strada, sia che punti sulla depenalizzazione dello sfruttamento e la riapertura delle case chiuse (come da proposta di legge presentata da Casellati nella XVII legislatura), non potrebbe essere più distante dallo spirito della legge voluta nel 1958 dalla socialista Lina Merlin. Là profondo rispetto per le prostitute, nei confronti delle quali non si prevede alcuna forma di controllo, schedatura, obbligo di visite sanitarie; qui maschia comprensione per le esigenze sessuali dei “signori clienti”, purché si comportino con discrezione e si nascondano allo sguardo pubblico. Là lotta contro ogni forma di sfruttamento della prostituzione altrui; qui totale insensibilità nei confronti di chi lucra sulla riduzione dei corpi a merci. Là primato della persona e dei diritti fondamentali, di fronte ai quali la stessa libertà di iniziativa economica deve incontrare un limite; qui la vecchia logica del codice Rocco, che classificava la violenza sessuale come reato contro il buon costume, anziché contro la persona.
E la sinistra? Tra le ordinanze dei sindaci e i regolamenti comunali anti-prostituzione e anti-vagabondaggio, ispirati all’esigenza di salvaguardare il “decoro” dei centri cittadini, e l’esaltazione acritica della libertà di prostituirsi, confusa con la libertà sessuale, la confusione è grande. Il tempo per una riflessione seria sull’argomento, che riparta dai diritti dei soggetti coinvolti e dall’analisi pacata dei pro e dei contro delle varie soluzioni legislative, sembra che non sia ancora arrivato nel nostro paese.