Il dovere di sostenere la scuola antifascista
DI CHIARA VALERIO
La Repubblica 24/2
Il fatto si racconta in breve. Il giorno 20 febbraio, davanti al liceo Michelangiolo a Firenze in via della Colonna, sei militanti di Azione studentesca, organizzazione vicina a Fratelli d’Italia, aggrediscono due studenti del collettivo di sinistra. L’eco, nelle dichiarazioni degli esponenti della maggioranza di governo, è “Solo una rissa, solo una rissa, solo una rissa”. La domanda “Ha senso parlare di fascismo, con la destra al governo?” ammette, mi pare, un’unica risposta ed è “Sì, se destra e fascismo non sono sinonimi”.
Il fascismo è un metodo. Il fascismo, che abbiamo processato solo sommariamente, è una attitudine mentale.
Schernire è fascista. Minacciare è fascista. Confondere l’insegnamento o appiattirlo sull’indottrinamento è fascista. Come avrebbe detto Forrest Gump “Fascista è chi il fascista fa”, anche quando dice di essere altro.
La Repubblica Italiana, per chiarire cosa intendo con “processare sommariamente”, ha prosperato, in quanto post-fascista, su strutture amministrative e architettoniche pensate ed erette durante il fascismo. La riforma Gentile, definita da Mussolini “la più fascista delle riforme” (così, nella Circolare ai prefetti delle città sedi universitarie del 6 dicembre 1923), è una riforma scolastica rimasta sostanzialmente inalterata fino al 1962.
Con un balzo in avanti di trentacinque anni, arriviamo al 1997, anno in cui viene emanata la legge Bassanini (invero le leggi, ma così sia) con la quale si intende riformare la pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda le competenze
dei dirigenti scolastici, la legge sancisce, tra altre, l’autonomia
didattica declinata nella capacità di perseguire gli obiettivi generali e
particolari del sistema nazionale d’istruzione nel rispetto della
libertà d’insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle
famiglie e del diritto di apprendere da parte degli studenti. Un
tentativo di defascistizzare la scuola. In tal senso — il senso dello
Stato, come altro definirlo — la comunicazione con numero di protocollo
197 del Liceo Scientifico Statale Leonardo da Vinci del 21 Febbraio
scorso, avente a oggetto “i fatti di Via Colonna” indirizzata agli
studenti e, per conoscenza, a famiglie, docenti e personale scolastico
altro, della dottoressa Annalisa Savino, dirigente scolastica, non va
oltre ciò che compete ai dirigenti scolastici.
Anzi, rappresenta
esattamente ciò che ad essi compente. Di cui hanno diritto e dovere,
responsabilità amministrativa e culturale, cose tutte che non riguardano
loro in sé ma loro in quanto dirigenti della pubblica amministrazione
di una repubblica democratica e antifascista. La lettera, nel metodo, è
un appello all’attenzione, a valutare se quella rissa, possa essere
anche altro. “Siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella
storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune,
rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di
sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al
proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di
aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza”.
Stacco. Come nel cinema. Cut. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, commentando la comunicazione della dirigente scolastica, dichiara “È una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto leggerla, non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo.
Stacco. Come nel cinema. Cut. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, commentando la comunicazione della dirigente scolastica, dichiara “È una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto leggerla, non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo.
Sono iniziative strumentali che esprimono una
politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole; se
l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere
misure”.
Tralasciando le polarizzazioni e gli arrocchi riscontrabili sia
nella lettera della preside (tuttavia sta lì, conosce il territorio e i
suoi umori) che nella dichiarazione del Ministro (nazismo?), lascia
perplessa l’idea di scuola che traspare dalle parole di Valditara.
Soprattutto, la lettera, nel metodo, compete alla preside. La scuola
pubblica, la cui principale differenza rispetto a qualsiasi altro
organismo o istituto formativo, mi è sempre parsa anteporre il discorso
sul metodo al discorso sul merito, lancia messaggi (utilizzo le parole
di Valditara) e contenuti che, in effetti — e questo sta scritto nella
Costituzione e nelle leggi dello Stato di cui Valditara è Ministro — non
hanno a che vedere solo con la realtà, ma si occupano
dell’immaginazione, della prospettiva, dell’analisi, soprattutto,
ribadisco, dell’immaginazione.
Immaginazione civile consistente, per esempio, nel non accontentarsi di definire rissa una aggressione, ma nel chiedersi se quel fatto non sia sintomo o avvisaglia di un altro.
Immaginazione civile consistente, per esempio, nel non accontentarsi di definire rissa una aggressione, ma nel chiedersi se quel fatto non sia sintomo o avvisaglia di un altro.
Si
avanza per ipotesi, anche approssimate. E non ammettere
l’approssimazione, il dubbio e i tremori che tutti ci abbracciano è, nel
metodo, il modo per infragilire la democrazia. Compito del Ministro —
ma finora non è riuscito a nessuno dei suoi predecessori — è realizzare
una scuola pubblica libera, democratica e antifascista in grado di
attuare il mandato costituzionale rendendo un grande servigio alla
Repubblica.