mercoledì 22 febbraio 2023

UN LIBRO DA LEGGERE CON IMPEGNO

“Dalla prostituzione al velo quando la libertà delle donne può diventare una trappola”

Francesca Bolino 
La Repubblica Torino 21/2

Siamo davvero liberi di disporre del nostro corpo? E se sì, di quale libertà parliamo? Domande necessarie e importanti per illuminare alcuni punti oscuri che caratterizzano quest’epoca così banalmente assertiva, dominata dall’ipocrisia, dall’ambivalenza, dal neoliberismo e dalle democrazie di mercato. In soccorso arriva un saggio appena pubblicato da Bollati Boringhieri che si intitola “Libertà in vendita. Il corpo tra scelta e mercato” di Valentina Pazè docente di Filosofia politica all’Università di Torino che questa sera alle 18 presenterà al Circolo dei Lettori in dialogo con Chiara Saraceno e Fulvia De Luise.
Professoressa, cosa ha voluto mettere in luce con il suo libro?
«Che le nuove forme di sfruttamento sono mascherate e giustificate nel nome della libertà. E per spiegare come e perché accade ho preso in esame la prostituzione,la maternità surrogata e l’uso del velo all’interno dell’islam, ovvero tre fenomeni che hanno in comune il corpo delle donne. E a produrre false narrazioni è il mix confuso di contesti e libertà spesso molto diverse in cui avvengono determinati fatti».
Un esempio?
«In Francia, dopo diverse battaglie sull’uso o meno in pubblico del burkini e del hijab, è stata istituita una legge che lo vieta. Ed è una legge paternalistica. L’effetto ottenuto è proprio l’opposto: alcune donne non sono più uscite di casa, non si sono mescolate con la società e dunque è stata un’occasione mancata di integrazione. Un caso tipico in cui il divieto ha prodotto un danno».
E riguardo alla prostituzione, quale libertà è in gioco?
«Con la prostituzione è in gioco la libertà economica. E non deve essere confusa con la libertàsessuale che è invece un corollario della libertà personale e di espressione. In questo libro ho raccontato anche le storie di alcune donne, testimoni essenziali del fatto che la società è affetta da un’autentica incapacità di vedere e nominare l’esistenza di rapporti di subordinazione, sfruttamento e vero dominio. E posso affermare che tra loro non ci sono persone con una professione ben pagata e istruite che possono invece scegliere liberamente di fare altro».
Le donne sono emancipate ma non libere?
«Questo “noi collettivo” va scorporato. Bisogna ricordarsi che le donne non sono tutte uguali ed è un dato di fatto. Non siamo tutte ugualmente vulnerabili. Trovarsi, per esempio, straniera in Italia in condizioni disagiate, non conoscere la lingua, pone in una situazione di vulnerabilità che non ha invece unadonna di altra estrazione sociale.Insomma, siamo diversamente esposte al rischio di sfruttamento».
Che è sempre esistito però.
«Certo, ma oggi viene dipinto o ridipinto in termini di libertà dello sfruttato e di farsi sfruttare».
Nel saggio ha anche ripercorso il tema della schiavitù volontaria. Per dimostrare cosa?
«Nell’antichità era scontato che fosse una brutta cosa e che non era volontaria. Anzi, si diceva che lo schiavo fosse indispensabile alla libertà del padrone. Poi, ad un certo punto, nel Seicento è avvenuta una svolta teorica: la schiavitù si è affermata nell’interesse dello schiavo. E oggi ci troviamo in una temperie culturale in cui la libertà ha il valore sommo ma si fa fatica a individuare e combattere le trappole da essa prodotte».