mercoledì 22 febbraio 2023

ANIMA

 ANIMA

di Marco Campedelli - Adista Segni Nuovi 11/02/2023

Anima, non c'è parola più astrusa e lontana di questa. E invece no. E' più presente di quanto si creda. E c'è un insospettato "bisogno di anima". <<L'età dell'anima è diversa da quella registrata all'anagrafe. Credo che l'anima abbia una determinata età fin dalla nascita, e che questa età non cambi più. Si può nascere con un'anima che ha dodici anni. E quando si hanno ottant'anni, quell'anima ne ha ancora dodici e non di più. Si può anche nascere con un'anima che ne ha mille>>. Stiamo leggendo dal Diario integrale di E. Hillesum, la giovane intellettuale ebrea olandese, morta ad Auschwitz. La pagina segna il giorno 12/10/1942. Siamo seduti in cerchio sul palcoscenico dell'Aula Magna  "Giovanni Zanoni" del nostro liceo. I ragazzi colpiti da queste parole cominciano a discutere del tema come qualcosa di inaspettatamente famigliare. Pensiamo al viaggio di questa parola che Platone chiama psychè, ma che arriva dal greco anemos (da anapnein: respirare); in ebraico, nèfesh, che ha a che fare con la gola, con il respiro ancora. In sanscrito la chiamano atman. Non è facile definire cosa sia l'anima, tanto che perfino Tommaso d'Aquino scrive: <<Capire cosa sia l'anima è assai difficile>>. Si ricorda che per Jung anima è l'archetipo del femminile. I ragazzi sono convinti che bisogna "coltivare la propria anima". Che sia irrinunciabile. La nostra discussione rimane sul piano culturale e antropologico. Ma rintraccia anche le esperienze, la vita. Qualcuno dice di aver visto negli occhi di suo nonno affacciarsi un'anima bambina. <<Non avrà avuto più di sette anni>>, dice. Una studentessa ad un certo punto si commuove e non trattiene le lacrime. Parla di una persona a lei molto cara che ha perso la memoria e non la riconosce più. <<Sono triste perchè non riesco più a trovare la sua anima...>>.
Mi sorprende che per una cultura come la nostra in cui anima e corpo sono stati così tragicamente separati, l'anima per questi ragazzi del Liceo sia così presente e necessaria. Che insomma l'anima abbia un posto nella loro vita, nei loro pensieri. Dicono che senza anima studiare è la cosa più noiosa del mondo. Che loro si accorgono anche di quanti anni abbia l'anima dell'insegnante che si trovano davanti la mattina in classe.
L'anima insomma ha una sorta di concretezza, di corpo indistruttibile. Mi sovviene che qui nel nostro Veneto, nella Lessinia o nelle colline tra Verona e Vicenza, nelle antiche case di pietra c'era nella camera una finestrella piccola e stretta, rivolta verso oriente. Mi hanno detto che era la "finestra dell'anima". Così quando uno moriva la sua anima trovava un pertugio per uscire senza ostacoli.
Come si fa a coltivare la propria anima allora? Non si intende naturalmente la nozione di anima legata a una fede religiosa, ma della parte più segreta e profonda di sé. La scuola tiene conto delle nostre anime? si domanda una ragazza (o del <<sapere dell'anima>>, Maria Zambrano). E a sua volta, una scuola senza anima a cosa serve? Mi viene in mente la "scuola dell'istruzione e del merito" e ho il sospetto che non preveda nessun pertugio, nessuna finestrella per l'anima: Alla prossima lezione verrà il preside, che è un poeta. I ragazzi gli vogliono chiedere se la scuola si sta occupando della loro anima. Sono fortunati perché un poeta probabilmente l'anima la conosce bene.
E' suonata l'ora. I ragazzi però non si muovono, continuano a discutere e c'è chi chiede di fotografare le pagine del Diario che abbiamo letto. Una ragazza prima di uscire si ferma, mi guarda e dice come in un soffio: <<A coltivare l'anima si fa così...>>.