mercoledì 10 gennaio 2024

CONFINI PANDEMICI

 da Confronti del febbraio 2022

Confini pandemici
di Claudio Paravati

Non è senza qualche momento di esitazione, quasi di sofferenza, che mi pare si debba prendere atto ancora una volta di essere di fronte alle grandi disuguaglianze, alle faglie dei nostri confini mentali, politici, sanitari.
De Monte ci racconta come in Bosnia, ancora dopo anni, si assista alla ormai consueta, benché assurda, situazioni in cui versano migliaia di persone che migrano da quasi ogni parte del mondo, e che vivono accampate tra boschi, montagne e tendoni, per essere malmenati dalla polizia di frontiera croata quando provano il "game", lo scavalcamento a piedi della frontiera. Si tratta di giovani, spesso giovanissimi - minorenni-, che scappano dal Pakistan, dall'Afghanistan, dal Vicino Oriente e dal Corno d'Africa. Spesso, spessissimo, sono famiglie con bimbi piccoli ancora nello svezzamento. Ancora un anno è passato, e queste zone d'ombra sono proprio lì ai piedi dell'Unione europea. Su questi temi aveva speso parole importanti il presidente David Sassoli, a cui dedichiamo un pensiero riconoscente.
Non solo questi confini rimangono zone di poca umanità, di violenza e noncuranza dei diritti umani, ma sono divenuti per di più pandemici. Ha fatto bene Lipori a ricordare nel suo data journalism la vertiginosa distanza tra la popolazione vaccinata in alcune aree del mondo, rispetto ad altre dove solo il 10% della popolazione ha fatto il vaccino. Sono queste delle faglie geo-politiche che continuano a vivere una "deriva" che accentua le grandi disuguaglianze; il prezzo sarà caro in termini di vite e di consistenza.
Infine, è toccante il reportage a firma di Asmae Dachan, in cui ci racconta la vita dei rifugiati siriani in Turchia, tra violenze, abbandoni, soprusi di ogni tipo. Ci lascia letteralmente attoniti leggere quel che accade.
Va bene, si potrà dire che violenza, sofferenze, soprusi non siano una novità, e che sono sempre esistiti nel mondo. Ma quanto è doloroso prendere atto che nella pandemia che doveva renderci "migliori", ci svegliamo ancora per le urla di giustizia attorno alle nostre case. Di "migliore" c'è ancora troppo poco.