DOVE ASCOLTARTI?
5 «Il seminatore uscì a seminare;
Una parte del seme cadde lungo la strada:
fu calpestato e gli uccelli del cielo lo mangiarono.
6 Un'altra cadde sulla roccia: appena germogliato seccò
perché non aveva umidità.
7 Un'altra cadde in mezzo alle spine:
le spine, crescendo insieme con esso, lo
soffocarono.
8 Un'altra parte cadde in un buon terreno:
quando fu germogliato, produsse il cento per uno».
(Luca
8, 5-8)
Dio è un instancabile seminatore che getta il seme della
sua Parola nei diversi terreni della nostra vita anche nei tempi meno
opportuni.
Signore non ti stanchi mai di noi. Continui a parlarci, a chiamarci
per nome, a seminare i semi del tuo regno nelle nostre vite.
Ti muove una fiducia instancabile che dimentica i tanti
fallimenti, gli appuntamenti mancati. Perché continui a cercarci? Che cosa ti
spinge verso di noi? Che cosa hai visto in noi che i nostri occhi miopi non
hanno colto?
Ascoltate! Ci
inviti ad ascoltare. Proprio come hai invitato il tuo popolo prima di noi.
Ascolta, Israele! (Deut. 6). Ascoltare...questo semplice atto non è affatto
semplice. Per ascoltare ci vuole silenzio, e le nostre vite, invece, sono
troppo chiassose. Siamo sempre connessi: Internet, Whatsapp, Facebook. Quanta
distrazione Signore.
Forse dovresti aggiornare le tue capacità comunicative,
aprire un blog, chiederci l'amicizia in rete... Non sarebbe inopportuno
rivolgerti a un consulente del settore. Una buona campagna pubblicitaria
catturerebbe la nostra attenzione. Oppure che ne dici di un numero verde? Una
linea gratuita per poter parlare con te, quando ne abbiamo voglia, ovviamente!
Dove incontrarci allora per ascoltarti? Ti proporrei di
vederci in un bar e di mangiare insieme un panino; ma anche lì sarebbe
difficile parlare con la musica dei videoclip. Si chiama inquinamento
acustico, mio caro! E' uno dei tanti frutti della nostra civiltà. E allora?
Fuggire, trovare rifugio in un luogo deserto per poterti incontrare? Qualcuno
di noi l'ha fatto. In quella pace, in quel silenzio, la tua parola l'ha raggiunto.
E il terreno roccioso ha prodotto germogli, fragili piante che sembravano annunciare
la primavera dell'anima. Ma poi, lasciate le zone protette della fede, tornati
a casa, alla quotidianità, quei germogli sono stati bruciati dall'aridità
spirituale dei nostri vissuti. Calpestati dalle corse frenetiche di ogni
giorno. Forse non serve cercarti nei luoghi deserti, nei santuari, nelle
chiese. È più facile trovarti tra la folla. È tra la gente comune che ci
chiami, Dio quotidiano, Dio dei giorni feriali, Dio ordinario.
Ma nel quotidiano come facciamo a fare silenzio, ad
ascoltarti? Come facciamo a fermarci, a prenderci una pausa per noi, per te,
per me, per dialogare da amici proprio come Mosè che parlava con te?
Tra le tante parole, cerchiamo di distinguere la tua
Parola, quella parola significativa che ha infiammato i cuori dei discepoli;
quella parola di vita per cui generazioni prima di noi si sono giocate tutto;
quella parola antica, eppure così attuale quando incontra i nostri vissuti,
quando si radica nei nostri terreni precari; quella parola che, quando penetra,
produce frutto in abbondanza e ti fa dimenticare tutti i fallimenti precedenti.
Non è solo questione di volontà, Signore, se non riusciamo
ad ascoltarti. Tu lo sai. Forse non abbiamo fatto i conti col fatto che
l'ascolto non è solo frutto di buona volontà, a volte avviene in un contesto
arido, come la strada, dove non c'è la condizione fisica perché il seme della
parola attecchisca. E anche se ci fosse, ecco che qualcuno ce la porta via....e
se ne ciba. E così quella stessa parola diventa cibo geneticamente modificato,
usata per sfamare altri tipi di fame: fame di dominio, di guerra, di scontro di
civiltà.
A volte abbiamo la fortuna di vedere questa parola mettere
radici nelle nostre vite. La cura dei nostri genitori nel trasmettercela,
l'attenzione delle nostre chiese nell'annunciarla: tutto questo non è rimasto
senza frutto. Ma poi dobbiamo fare i conti con la questione spinosa delle
preoccupazioni.
E qui c'è una crisi che invece di affrontare alla luce
della Parola diventa alternativa alla Parola. Bella la parola da ascoltare la
domenica, ma il lunedì ritornano le preoccupazioni.
Come far radicare questa parola nei terreni spinosi della
vita per non ridurla a parola di consolazione a buon mercato?
Sono domande che ci accompagnano per tutta la vita. Ed è
forse dietro queste domande che tu scorgi la nostra fedeltà. Ci sentiamo
incoerenti, incostanti, infruttuosi.
Ma tu non ti stanchi mai di seminare, e getti il seme
della tua parola non solo nei diversi terreni delle nostre vite, ma anche nei
tempi meno opportuni.
La tua parola è esigente: ci inviti a portare frutti
persino fuori stagione, come nell'episodio del fico (Marco 11). Ci chiami
all'ascolto di continuo, in ogni stagione della nostra vita, nei tempi ordinari
e in quelli festivi. Ci sostiene la tua immagine di instancabile seminatore che
semina in ogni tempo, in ogni luogo. Siamo abitati dalla tua grazia. Dalla tua
volontà di non lasciarci andare. E' questa grazia che ci fa confidare che la
parola attecchirà nelle nostre vite.
Lidia Maggi