sabato 27 aprile 2024

 LA PRIMA LINEA RUSSA E’ NELLA GUERRA ALLE DONNE

Non è per uno scherzo del destino che Mosca è diventata nell’ultimo ventennio il faro mondiale di ogni sovranismo, dopo essere stata per gran parte del Novecento la capitale globale del comunismo.

La ragione di fondo è nell’aspirazione del regime di Putin a difendere «i valori tradizionali», contro quella che considera la «degenerazione morale dell’Occidente».

Un’aspirazione condivisa da sovranismi collocati alle più diverse latitudini, da Bolsonaro a Orbán passando per Trump e Le Pen, che da anni hanno ormai affidato al Cremlino la bandiera della verità nella guerra di culture che ha sostituito la lotta di classe sovrapponendosi e confondendo i confini tra Oriente e Occidente.

E se nel febbraio 2022 l’aggressione russa all’Ucraina aveva reso d’improvviso più difficile parteggiare apertamente per le ragioni della superpotenza nucleare che calpesta l’indipendenza di una nazione e ne massacra gli abitanti, oggi l’imbarazzo dei putiniani di ogni Paese è scomparso: dalla destra statunitense ai rossobruni tedeschi o italiani torna a farsi sentire il tifo per un regime che ha messo nel mirino, non solo metaforicamente, chi sceglie di vivere liberamente la propria sessualità o chi difende i diritti di ogni minoranza.

Marta Allevato, per circa un decennio corrispondente da Mosca e oggi specialista di politica russa e internazionale per l’Agi, ha dedicato un libro brillante alla «crociata del Cremlino per i valori tradizionali» (La Russia moralizzatrice, Piemme).

Tra la storia recente e gli incontri con protagonisti celebri o poco conosciuti di tante battaglie di impegno civile, l’autrice racconta i vari fronti della campagna putiniana per la dittatura del tradizionalismo.

Una campagna che ha permesso al regime di sopravvivere alla crisi di consensi del 2011-2012, rilanciandosi nella lotta contro liberalismo, secolarismo, pacifismo e omosessualità: i cavalli di Troia della “degenerazione morale” con cui l’Europa e l’Occidente vorrebbero contaminare il mondo russo.

In particolare Marta Allevato si sofferma su un aspetto assai poco noto della crociata putiniana: la persecuzione del femminismo («fenomeno molto pericoloso - nelle parole del patriarca Kirill - perché qualsiasi intrusione dall’esterno nelle questioni familiari comporta gravi conseguenze negative») e di chiunque si batta per la tutela delle donne dalla violenza domestica e sessuale.

Ne esce la fotografia di un Paese nel quale, sullo sfondo di una disparità sostanziale tra uomini e donne con differenze di reddito che sfiorano il 40 per cento, non solo sono stati bocciati tutti i tentativi di varare una legge sull’eguaglianza di genere ma negli ultimi anni si è apertamente discusso di limitare l’interruzione volontaria di gravidanza qualora non vi sia il consenso del padre o si è introdotto (come nella repubblica autonoma di Mordovia) il reato di «induzione all’aborto» per chiunque spinga una donna a ricorrervi.

Lo stesso è accaduto per le violenze domestiche: nel gennaio 2017 la Duma - ricorda l’autrice - ha depenalizzato «le percosse domestiche “non gravi”, se compiute per la prima volta e senza danni significativi.

Da due anni di carcere si è passati a quindici giorni di detenzione o a una multa, se la violenza non si verifica più di una volta l’anno». E nella discussione parlamentare si è difesa la misura «con la necessità di garantire il diritto alla sculacciata, come strumento educativo per i bambini».

Ma se il putinismo utilizza l’idea sovranista di famiglia come trincea di regressione civile, è proprio la famiglia ad essere evocata come strumento di resistenza al regime da quei piccoli, sparuti e coraggiosi nuclei di opposizione civile che nella stessa Russia si battono contro l’aggressione all’Ucraina.

Marta Allevato ne cita uno significativo: il gruppo “Resistenza femminista”, che ha riunito una quarantina di associazioni di attiviste e che nel 2023 ha ricevuto il Premio Aquisgrana per la Pace.

«Violenza domestica contro donne, bambini e anziani - questo il loro messaggio di ringraziamento - è la violenza che lo Stato russo incoraggia e alimenta e che è uscita dalle nostre case e ha superato i confini nazionali.

La guerra inizia in casa e deve finire in casa».

Piccoli segnali di luce e di speranza, nel buio fitto della Russia di oggi.

Andrea Romano (da “La Repubblica”, 26 aprile 2024)