LA PRIMA LINEA RUSSA E’ NELLA GUERRA ALLE DONNE
Non è per uno scherzo del destino che Mosca è
diventata nell’ultimo ventennio il faro mondiale di ogni sovranismo, dopo
essere stata per gran parte del Novecento la capitale globale del comunismo.
La ragione di fondo è nell’aspirazione del regime
di Putin a difendere «i valori tradizionali», contro quella che considera la «degenerazione
morale dell’Occidente».
Un’aspirazione condivisa da sovranismi collocati
alle più diverse latitudini, da Bolsonaro a Orbán passando per Trump e Le Pen,
che da anni hanno ormai affidato al Cremlino la bandiera della verità nella
guerra di culture che ha sostituito la lotta di classe sovrapponendosi e
confondendo i confini tra Oriente e Occidente.
E se nel febbraio 2022 l’aggressione russa
all’Ucraina aveva reso d’improvviso più difficile parteggiare apertamente per
le ragioni della superpotenza nucleare che calpesta l’indipendenza di una
nazione e ne massacra gli abitanti, oggi l’imbarazzo dei putiniani di ogni
Paese è scomparso: dalla destra statunitense ai rossobruni tedeschi o italiani
torna a farsi sentire il tifo per un regime che ha messo nel mirino, non solo
metaforicamente, chi sceglie di vivere liberamente la propria sessualità o chi
difende i diritti di ogni minoranza.
Marta Allevato, per circa un decennio
corrispondente da Mosca e oggi specialista di politica russa e internazionale
per l’Agi, ha dedicato un libro brillante alla «crociata del Cremlino per i
valori tradizionali» (La Russia moralizzatrice, Piemme).
Tra la storia recente e gli incontri con
protagonisti celebri o poco conosciuti di tante battaglie di impegno civile,
l’autrice racconta i vari fronti della campagna putiniana per la dittatura del
tradizionalismo.
Una campagna che ha permesso al regime di
sopravvivere alla crisi di consensi del 2011-2012, rilanciandosi nella lotta
contro liberalismo, secolarismo, pacifismo e omosessualità: i cavalli di Troia
della “degenerazione morale” con cui l’Europa e l’Occidente vorrebbero contaminare
il mondo russo.
In particolare Marta Allevato si sofferma su un
aspetto assai poco noto della crociata putiniana: la persecuzione del
femminismo («fenomeno molto pericoloso - nelle parole del patriarca Kirill - perché
qualsiasi intrusione dall’esterno nelle questioni familiari comporta gravi
conseguenze negative») e di chiunque si batta per la tutela delle donne dalla
violenza domestica e sessuale.
Ne esce la fotografia di un Paese nel quale,
sullo sfondo di una disparità sostanziale tra uomini e donne con differenze di
reddito che sfiorano il 40 per cento, non solo sono stati bocciati tutti i
tentativi di varare una legge sull’eguaglianza di genere ma negli ultimi anni
si è apertamente discusso di limitare l’interruzione volontaria di gravidanza
qualora non vi sia il consenso del padre o si è introdotto (come nella
repubblica autonoma di Mordovia) il reato di «induzione all’aborto» per
chiunque spinga una donna a ricorrervi.
Lo stesso è accaduto per le violenze domestiche:
nel gennaio 2017 la Duma - ricorda l’autrice - ha depenalizzato «le percosse domestiche
“non gravi”, se compiute per la prima volta e senza danni significativi.
Da due anni di carcere si è passati a quindici giorni
di detenzione o a una multa, se la violenza non si verifica più di una volta
l’anno». E nella discussione parlamentare si è difesa la misura «con la
necessità di garantire il diritto alla sculacciata, come strumento educativo
per i bambini».
Ma se il putinismo utilizza l’idea sovranista di
famiglia come trincea di regressione civile, è proprio la famiglia ad essere
evocata come strumento di resistenza al regime da quei piccoli, sparuti e coraggiosi
nuclei di opposizione civile che nella stessa Russia si battono contro
l’aggressione all’Ucraina.
Marta Allevato ne cita uno significativo: il
gruppo “Resistenza femminista”, che ha riunito una quarantina di associazioni
di attiviste e che nel 2023 ha ricevuto il Premio Aquisgrana per la Pace.
«Violenza domestica contro donne, bambini e
anziani - questo il loro messaggio di ringraziamento - è la violenza che lo
Stato russo incoraggia e alimenta e che è uscita dalle nostre case e ha
superato i confini nazionali.
La guerra inizia in casa e deve finire in casa».
Piccoli segnali di luce e di speranza, nel buio
fitto della Russia di oggi.
Andrea Romano (da “La
Repubblica”, 26 aprile 2024)