NASCE IL SOCIAL FORUM DELL’ABITARE PER IL DIRITTO ALLA CASA E ALL’ABITARE
Sono
18 milioni le famiglie italiane (il 70,8% del totale) proprietarie della casa
in cui vivono, di cui il 12,8% – 3,3 milioni di famiglie – attraverso un mutuo,
ma sono più di 5 milioni (20,5%) quelle che vivono invece in affitto: 12
milioni di persone concentrate soprattutto nelle grandi aree metropolitane. A
vivere in affitto sono soprattutto le famiglie meno abbienti, quelle più
giovani e i migranti: il 74% delle famiglie straniere, il 50% delle persone
sole con meno di 35 anni, il 40% delle giovani coppie senza figli, il 35% delle
persone sole di 35-64 anni, di quelle in reddito di cittadinanza e delle donne
sole con figli minori. Tra queste sono quasi 3 milioni le famiglie che spendono
per la casa una quota uguale o superiore al 40% del reddito disponibile per un
affitto – una soglia riconosciuta internazionalmente come molto critica – che
spesso non riescono a sostenere e vengono sfrattate: nel 2022 sono state oltre
42.000 le nuove sentenze e più di 30.000 gli sfratti eseguiti. Per affittare un
bilocale di 70mq nelle otto principali città italiane si spendono in media
1.000 euro al mese, che nelle zone centrali raggiungono prezzi ancor più
proibitivi. Ai primi posti Roma e Milano, con una media rispettivamente di
1.400 e 1.300 euro.
Sono
alcuni dei dati del documento di convocazione dell’assemblea nazionale del
Social Forum dell’Abitare, che si è svolta nei giorni scorsi a Bologna e che ha
visto la presenza di oltre 300 partecipanti, i quali hanno sancito la nascita
di un’ampia coalizione che si batte per il diritto alla casa e, più in
generale, per un abitare accessibile, giusto e sostenibile. Un’iniziativa
promossa da Agevolando, Alta Tensione Abitativa, Arci, Banca Etica, Cgil,
Chiediamo Casa, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA),
Comitato Abitare in via Padova, Comunità San Benedetto al Porto, Federazione
Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD), Forum Cambiare
l’Ordine delle Cose, Forum Disuguaglianze e Diversità, Gruppo Abele,
Legambiente, Nuove Ri-Generazioni, Ocio Venezia, Rete Nazionale Coabitare
Solidale, Sbilanciamoci!, Solid Roma, Spin Time Labs, Sindacato Unitario
Nazionale Inquilini ed Assegnatari (Sunia), Unione degli Universitari (Udu) e
Unione Inquilini, alla quale si stanno sempre più connettendo associazioni,
sindacati, studenti, finanza etica, ricerca, terzo settore, attivismo
ambientalista, femminista, LGBTQUIA+ e antirazzista.
Il
documento pone l’accento sulla carenza strutturale di alloggi pubblici e sulla
mancanza assoluta di politiche pubbliche per la casa. “Le politiche abitative
messe in campo dagli anni ’90 – si legge nel documento – hanno fatto in modo
che l’edilizia residenziale pubblica non fosse più considerata un asse
strategico del Paese, fondamentale per la coesione sociale e il benessere dei
cittadini, ma si trasformasse in contenitore per i più poveri destinando agli
altri l’affitto o un mutuo trentennale come dimostrazione di ascesa sociale.
Quando – anche a causa di questa scelta – la mobilità sociale si è capovolta,
precipitando in povertà anche il ceto medio, il potere persuasivo dei monopoli
immobiliari e finanziari aveva ormai occupato lo spazio della politica
imponendo le sue priorità. La controprova sono le 700.000 domande inevase di
casa popolare che giacciono da decenni nei cassetti dei Comuni, impedendo
l’accesso all’abitazione delle classi popolari in precarietà abitativa.”
Il
mercato come regolatore unico della condizione abitativa ha preso quindi il
posto del governo pubblico dell’abitare, sostituendo un modello imperfetto con
una efficiente leva immobiliare che ha incentivato la speculazione edilizia e
il consumo di suolo soprattutto nelle aree metropolitane. Gli ultimi colpi
assestati al diritto alla casa per tutte e per tutti sono stati: la
cancellazione del Fondo di Sostegno all’Affitto e della morosità incolpevole,
che ha privato le amministrazioni locali dell’ultimo parziale strumento utile
per arginare il fenomeno degli sfratti; la cancellazione del Reddito di
Cittadinanza e della parte che contribuiva all’affitto; il definanziamento di
alcuni importanti progetti del PNRR volti alla rigenerazione, soprattutto
sociale, di quartieri popolari; la scelta di dismettere il sistema di
accoglienza, che essendo l’unico motore istituzionale volto all’inclusione
anche abitativa dei migranti, avrà come conseguenza l’aumento del numero di
persone costrette ad arrangiarsi.
Il
Social Forum dell’Abitare nei tre giorni bolognesi ha lanciato ben 19 proposte
per cercare di imprimere nel Paese un cambiamento radicale in tema di diritto
all’abitare, recuperando innanzitutto la funzione sociale del pubblico in tutte
le sue dimensioni, con una vertenza nazionale che restituisca a tutti i
cittadini e a tutte le cittadine la titolarità dei diritti inalienabili.
Parlare di nuova centralità del pubblico significa necessariamente
un’integrazione con la dimensione sociale in grado di considerare l’abitare
come parte integrante del welfare e significa rivedere totalmente il modello
urbano. Bisogna integrare il tema dell’abitare con quello del lavoro, della
qualità della vita delle persone, a partire dalle periferie e coniugare la
promozione sociale e culturale con la capacità di progettare un futuro,
incentrato sulla sostenibilità ambientale, sulla lotta alle disuguaglianze
sociali e su un’ecologia integrale.