Comunità
dell’energia rinnovabile: essere o non essere?
Le comunità
dell’energia rinnovabile (CER) rappresentano l’incarnazione di un approccio di
buon senso al problema dei fabbisogni energetici,
specialmente con riferimento all’imminente collasso climatico indotto
dall’insostenibilità dei rapporti interumani del produrre e del consumare, del
dare e dell’avere così come sono globalmente praticati in questa fase della
nostra storia. L’energia in effetti è un qualcosa in cui tutti siamo immersi,
come i pesci nel mare: il problema pratico è quello di convertire l’energia che
ci circonda nelle forme che servono per far funzionare gli apparati che usiamo
per vivere ragionevolmente bene: essenzialmente elettricità e calore. Con
questo approccio ciò che conviene fare è metterci insieme localmente per
condividere i costi della realizzazione e della gestione degli impianti per la
conversione e poi della redistribuzione dell’energia elettrica (e magari anche
del calore) fra di noi. Vista così, la materia energia, come l’aria e
come l’acqua, non è, in sé, una merce. Notare bene che l’energia in
cui siamo immersi, contrariamente a quanto si sente spesso affermare anche in
sede istituzionale, è più che sufficiente a soddisfare tutto il nostro
fabbisogno: a scala mondiale l’energia proveniente dal sole e che raggiunge
la superficie del pianeta è alcune migliaia di volte il fabbisogno dell’intera
umanità; a scala nazionale, sempre con riferimento solo al sole, la
disponibilità è pari ad alcune centinaia di volte il fabbisogno. L’intera
domanda annua di energia in Italia corrisponde a quella ottenibile con una
superficie di pannelli FV commerciali (rendimento dell’ordine del 20%) pari a
poco più dell’1% (cautelativamente diciamo 2%) del territorio nazionale, ricordando
anche che nel nostro paese il suolo già in qualche modo impermeabilizzato
(tetti, piazzali, capannoni e così via) è tra il 7 e l’8% del totale e continua
a crescere, anche a tasso accelerato, a prescindere da tutte le chiacchiere
relative alla necessità di fermare il consumo di suolo.
Torniamo alle
Comunità dell’energia rinnovabile, la cui nascita è formalmente incentivata
attraverso dei meccanismi che premiano e valorizzano la capacità di scambiare
energia in tempo reale (in realtà entro la stessa ora) all’interno del gruppo.
La vicenda normativo-istituzionale è piuttosto lunga. La principale direttiva
europea in materia è la cosiddetta RED II del 2018, che gli stati debbono
recepire. Parlamento e governo italiani cominciano, nel 2020, con una norma
transitoria rappresentata dall’art. 42 bis della legge n.
8/2020. In base a quella norma in tutto il paese sono nate meno di 30 CER e una
cinquantina di gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente (AUC). Si
tratta di realtà molto piccole, per via delle caratteristiche
previste dalla norma transitoria, buone per qualche cerimonia di
inaugurazione con fasce tricolori e discorsi ufficiali ma irrilevanti dal punto
di vista del bilancio energetico nazionale.
Il pieno
recepimento della RED II entra in vigore il 15 dicembre 2021 con il decreto
legislativo 199/2021, il quale però non è immediatamente operativo in attesa
dei provvedimenti attuativi che abbiamo altra volta ricostruito (https://volerelaluna.it/ambiente/2023/05/25/energia-rinnovabile-la-grande-presa-in-giro/). Aggiungiamo
ora qualche ulteriore chicca, come il fatto che il decreto legislativo n.
199/2021 prevedeva che gli impianti utili al fine dello scambio incentivabile
dovessero essere attivati dopo la data di entrata in vigore del medesimo
decreto legislativo, cioè dopo il 15 dicembre 2021, ma il ministro, nel suo
decreto del gennaio 2024 (DM414/23, il quale di per sé non ha valore di legge),
ulteriormente specifica che gli impianti utili debbono essere entrati in
funzione dopo la data di costituzione formale della CER. Se poi ancora si
osserva che, a fronte dell’incertezza della data di inizio della vita
incentivata di una CER, vi sono delle scadenze ultime ben fisse, è difficile
sfuggire alla sensazione che norme e regolamenti siano prevalentemente
orientati a contenere lo sviluppo delle CER piuttosto che a
promuoverlo. L’ultima data utile per chiedere l’accesso alla tariffa
incentivante è in ogni caso il 31 dicembre 2027 e quella per chiedere l’accesso
ai fondi PNRR per impianti al servizio di CER in comuni sotto i 5000 abitanti è
il 31 marzo 2025. Comunque la massima potenza incentivabile nelle CER è
complessivamente 5 GW, cioè, riferendoci al fotovoltaico, un po’ più di 1500
ettari su tutta Italia. Perché questo tetto? Certo se, come riferisce il quotidiano La
Stampa, il ministro osserva che ci sono in giro troppi pannelli
fotovoltaici e pale eoliche è difficile aspettarsi un reale sostegno alla
diffusione delle comunità dell’energia. Le CER vanno bene se sono
contenute e se non disturbano il sacro mercato dell’energia, laddove
l’obiettivo dovrebbe proprio essere la riduzione della domanda
di energia verso le grandi e grandissime centrali, quale che sia la fonte.
Emblema di questo
conflitto tra tradizionale logica di mercato e consumo comunitario di energia
autoprodotta è la vicenda dello “scorporo”. Il decreto
legislativo n. 199/2021 (art. 32, comma 3, lettera c) stabilisce
che i clienti domestici [soci di una CER] possono richiedere alle rispettive
società di vendita, in via opzionale, lo scorporo in bolletta della
quota di energia condivisa. In pratica, per chi, come me, è sovente in giro a
parlare di CER con normali cittadini interessati, si tratta né più né meno di
ciò che gli ingenui ritengono ovvio: «abbiamo i nostri impianti
e quando quelli riversano in rete e alla stessa ora noi preleviamo (sia pure
attraverso la rete pubblica) si tratta della nostra energia. Non dobbiamo
pagarla a qualcun altro che non l’ha a sua volta acquistata da qualche remoto
grande produttore; pagheremo in bolletta solo quello che ci manca». E invece no
e si fa persino fatica a far capire come stanno le cose nella normativa in
assenza di scorporo. Ciascuno dei soci consumatori di una CER paga in bolletta
tutto quello che entra nel suo contatore a prescindere da quale sia la
provenienza, come anche tutto quello che viene immesso in rete dagli impianti a
disposizione della CER viene remunerato attraverso il ritiro dedicato (RID) a
prescindere dal fatto che concorra o meno all’autoconsumo distribuito interno.
Poi la CER ha diritto a una tariffa incentivante proporzionale alla quantità di
energia che risulta virtualmente scambiata e l’incentivo viene pagato grazie
agli oneri di sistema a carico di tutti gli utenti d’Italia. Con questa
sovrapposizione il normale regime di mercato non viene disturbato; può essere
disturbato il buon senso: ma questa è un’altra storia. Con lo “scorporo” ogni
consumatore domestico socio di una CER pagherebbe in bolletta i kWh
consumati al netto dello scambio interno alla comunità (e se
si vuole anche la remunerazione del RID dovrebbe essere al netto dello
scambio). Tra l’altro, così facendo e se lo scorporo venisse generalizzato non
solo alle utenze domestiche in una CER, si potrebbe anche fare a meno degli
incentivi a carico della collettività nazionale degli utenti, in quanto il
risparmio per il socio risulterebbe più rilevante della quota di incentivo che
potrebbe toccargli.
E dunque? Tocca
all’autorità, ARERA, definire le modalità con cui il socio domestico potrebbe
chiedere l’attuazione dello scorporo, ma l’autorità nell’introduzione al
TIAD asserisce che lo “scomputo” (il cambio di parola non è casuale visto che
l’autorità vorrebbe non ragionare in kWh che sono misurati dai contatori, bensì
in € che sono “misurati” dal Mercato) sarebbe molto complesso (la fisica non è
d’accordo, pur riconoscendo che la confezione di una bolletta elettrica è ben
più complicata che il calcolo delle geodetiche all’orizzonte di un buco nero di
Kerr) e pertanto per ora non lo si applica e che,
quando poi lo si applicasse (applicherà?) bisognerebbe ricordare che così
facendo si danneggerebbe il venditore con cui il socio ha il contratto perché
diminuirebbe la quantità di energia venduta e bisognerebbe di conseguenza
indennizzarlo. Che una persona normale (diversa da un operatore del settore
energetico) trovi tutto ciò alquanto paradossale pare non commuovere più di
tanto l’autorità, ma nemmeno la “politica” e le istituzioni. Che un
organismo tecnico, di fatto, sospenda sine die l’applicazione
di una norma avente valore di legge non scandalizza più di tanto né il
Parlamento né, tanto meno, il ministro che in merito si dichiara semplicemente
incompetente. Insipienza o connivenza?
Pur con tutto ciò
che ho scritto fin qui, l’interesse per le comunità è molto vivo e c’è
un diffuso fermento in vista di costituirne ovunque. Personalmente sono il
referente di una CER, denominata “Energia per tutti” e costituita, il 16 marzo
2023, in una cabina primaria che comprende il territorio di tre piccoli comuni
(Cantalupa, Frossasco e Roletto) nella parte occidentale dell’area metropolitana
di Torino (il pinerolese). I soci sono al momento 47 e comprendono, oltre ai
privati, un albergo e una parrocchia; il numero continua pian piano a crescere.
Gli impianti a disposizione sono tutti fotovoltaici e di proprietà di singoli
soci: quelli attivati dopo la data di costituzione della CER hanno
complessivamente una potenza di 54 kW (comprendendo anche quelli “vecchi” la
potenza arriva a circa 120 kW); per altro un certo numero di soci entrati nel
gruppo negli ultimi due mesi è intenzionato a realizzare ulteriori impianti a
disposizione della CER, per i quali gli interessati contano di poter usufruire
del contributo a fondo perduto dedicato dal PNRR (punto M2.C2.1). Nel
pinerolese è stata costituita ormai da più di due anni una Associazione
Temporanea di Scopo (ATS) che oggi conta 41 comuni e che ha come obiettivo la
promozione di CER sul territorio di pertinenza. Il progetto approvato dal
direttivo (di cui faccio parte) è quello di promuovere almeno una CER in ognuna
delle 13 aree corrispondenti a una cabina primaria del pinerolese. Una CER già
esistente è quella citata più su; altre dovrebbero costituirsi nel giro di
qualche settimana, stante l’elevato numero di preadesioni già raccolte a
seguito di una campagna informativa (ancora in corso) svolta a mezzo di
assemblee pubbliche in tutti i comuni. Le amministrazioni comunali, promotrici
di tutto ciò, stanno inizialmente fuori dalle CER, per via delle incertezze
riguardo alla forma giuridica più appropriata per mettere insieme pubbliche
amministrazioni e soggetti privati. Comunque il passo successivo preventivato
consisterà nella costituzione di una CER (soggetto giuridico) di area vasta
(possibilità prevista dal decreto legislativo n. 199) in cui gli incentivi
sarebbero valutati e distribuiti cabina primaria per cabina primaria, ma
verrebbero centralizzati (con un impatto quindi ridotto sui singoli soci) i costi
di gestione del tutto. Un’altra possibilità che la norma prospetta e che si sta
considerando è quella di ottenere la possibilità di mettere a disposizione di
ogni CER anche impianti appartenenti a soggetti esterni alla comunità, a
partire da futuri impianti comunali, la cui messa a disposizione non ridurrebbe
in alcun modo il vantaggio derivante al comune dall’autoconsumo fisico e dalla
cessione dell’energia eccedente in RID.
Un’altra esperienza
che mi coinvolge direttamente (nel comitato scientifico) è quella della CER
“Venaus ecosostenibile” nel piccolo comune montano di Venaus in Valle di Susa.
Questa CER è nata (nel dicembre 2021) con 14 soci (compreso il Comune) ma con un
impianto connesso solo nel gennaio 2024: il punto saliente di questa comunità è
quello di basarsi su un piccolo impianto idroelettrico comunale (20 kW)
costituito da una turbina collocata nelle condutture dell’acquedotto di valle.
Un’ulteriore comunità con cui collaboro direttamente è la CER Vallette,
centrata su una parrocchia alla periferia della città di Torino. La CER,
formalmente costituita il 14 aprile 2023, ha finalità sociali: tutti gli
incentivi e i ritorni, come i proventi del RID, sono destinati agli 8 soci in
condizioni di povertà energetica. L’impianto fotovoltaico di riferimento è
stato realizzato col sostanzioso contributo di una fondazione bancaria e ora,
interloquendo con la stessa fondazione oltreché con l’azienda pubblica che
gestisce il teleriscaldamento nella città di Torino e con l’amministrazione
comunale, si sta progettando di fare della CER Vallette un sito pilota per
sperimentare l’abbattimento dei costi del riscaldamento e per conseguire la
decarbonizzazione del servizio attraverso l’uso di pompe di calore geotermiche
alimentate con una adeguata estensione della copertura fotovoltaica. È poi in
corso una buona collaborazione con la diocesi di Torino per promuovere la
formazione di CER in tutte le parrocchie che siano disponibili. Sul piano
tecnico ci si è avvalsi delle competenze del dipartimento energia del
Politecnico di Torino.
Insomma, nonostante
tutto, il cammino verso la generalizzazione della produzione diffusa di energia
elettrica sotto il controllo degli stessi utenti procede. È vero che si
tratta in concreto di una vera e propria rivoluzione, fortunatamente pacifica,
ma per non ridurre il discorso sulla transizione energetica a una tragicommedia
sarebbe bene che anche coloro che hanno responsabilità decisionali si rendessero
conto di quale sia realmente la posta in gioco e rimuovessero ambiguità e
ostacoli tuttora ben presenti.
Angelo Tartaglia
(da https://volerelaluna.it2, 22-05-2024)