La dialogante intransigenza di Marcello Vigli, maestro di laicità e di impegno politico
Giovedì 2 maggio 2024,
verso le 10, è morto Marcello Vigli. È un nome noto e un viso familiare per
tanti lettori e abbonati alle pagine di Adista. È una presenza che è stata per
decenni (fin dalla sua fondazione, nel 1967) amica e sostenitrice delle nostre
ragioni e delle nostre battaglie. È stato un collaboratore prezioso, discreto e
determinato, inflessibile sui temi della laicità e della lotta al Concordato;
irriducibilmente anti fascista e contro ogni forma di clericalismo e
intolleranza; ma costantemente animato da una fede profonda e impegnato sul
terreno del confronto, del dialogo, della mediazione. Perché era convinto che
la divisione portava inevitabilmente alla sconfitta. E che era sempre opportuno
cercare un punto di incontro, pur nelle differenze, piuttosto che marcare le
distanze e coltivare esclusivamente il proprio ambito, nell’azione ecclesiale
come in quella civile e politica.
L’antifascismo, Marcello, lo aveva fatto davvero. Non lo
raccontava, ne aveva pudore, minimizzava il suo ruolo nella Resistenza. Ma
l’aveva fatta. Nato nel 1928, da giovanissimo aveva aderito al Partito dei
Cristiano Sociali di Gerardo Bruni, una formazione che si collocava a sinistra,
ma che non accettava l’orizzonte marxista né la subalternità all’Unione
Sovietica. Per i Cristiano Sociali, durante la Resistenza, Marcello aveva fatto
da staffetta nella Roma occupata dai nazisti. Alla fine della guerra aveva
anche ricevuto la tessera di partigiano. Ma non avendo combattuto, non amava
che si parlasse di lui come di un “partigiano”.
Profondamente credente, militava nell’Azione Cattolica ed era
stato dirigente nazionale negli anni di Carlo Carretto presidente della Giac e
di Arturo Paoli assistente nazionale. A queste due figure fu molto vicino e
legato da amicizia. Lui però dall’Azione Cattolica uscì prima sia di Paoli che
di Carretto, accortosi presto della piega integralista assunta
dall’associazione durante la campagna elettorale del 1948 (quella dei comitati
civici e del “berretti verdi”). In quella occasione il suo partito, schiacciato
dal moderatismo della Dc da una parte e da Fronte Popolare dall’altra, non
riuscì a far eleggere nemmeno un parlamentare. Finita la militanza politica
attiva, Vigli si concentrò sull’insegnamento (entrò nella scuola come
insegnante di Storia e Filosofia alla fine degli anni ‘50) e nel giornalismo
militante. Era infatti entrato in contatto con Wladimiro Dorigo, esponente
della sinistra democristiana veneta impegnata in quegli anni a tentare di
realizzare un’alleanza tra Dc e socialisti. Nel 1958 Dorigo dà vita a
Questitalia – bozze di politica e di cultura, per continuare la battaglia
politica per una svolta a sinistra della politica italiana e per l’apertura di
un dialogo tra cattolici e laici.
Consapevole delle implicazioni ecclesiali della sua decisione,
in una società ancora chiusa e clericale – e in un contesto politico ancora
segnato dal centrismo – Dorigo portò avanti per 13 anni la battaglia politico
culturale della “laicità in temporalibus” affiancato da un pugnace gruppo
redazionale nel quale Marcello Vigli fu il referente romano. Finita nel 1970
l’esperienza di Questitalia Vigli, che nel frattempo si era avvicinato ai
gruppi della Nuova Sinistra e al nascente movimento delle Comunità Cristiane di
Base, continua il suo impegno nella Cgil scuola, che contribuisce a fondare a
Roma, nelle CdB e anche nel movimento dei Cristiani per il Socialismo, che dal
Cile aveva preso piede anche in Italia.
Gli anni ‘70 e ’80 sono soprattutto segnati dall’impegno nella
scuola e nella Chiesa, attuato anche attraverso lo strumento di Scuola Notizie,
promosso nel 1968 come foglio informativo del Movimento Insegnanti e diventato
rivista nel 1975 (venne pubblicato fino al 1990) e nel 1974 fu tra i fondatori
della rivista Com Nuovi Tempi, rivista nata dal tentativo di unire le istanze
della sinistra cristiana riunitasi attorno alla Comunità di Base di S. Paolo
Fuori le Mura e a Giovanni Franzoni e il mondo evangelico progressista della
rivista “Nuovi Tempi“, animata dal pastore Giorgio Girardet.
Per Marcello alla radice del potere ecclesiastico che soffocava
le istanze evangeliche c’era il Concordato. Combattere il Concordato
significava combattere quei privilegi che ponevano la Chiesa cattolica in una
posizione di potere economico e politico. Solo l’abolizione del Concordato
poteva a suo giudizio dare nuova linfa e vera libertà alla Chiesa di Gesù e al
suo messaggio liberatore. Per questa ragione Marcello Vigli non perdeva
occasione per promuovere reti di realtà di base, laiche e cristiane, per realizzare
in maniera integrale lo spirito della Costituzione e recuperare la sinergia
delle forze progressiste che l’avevano scritta.
Fu tra i fondatori della sezione Italiana di Noi Siamo Chiesa,
partecipò a tutti gli incontri promossi dal cartello “Il Vangelo che abbiamo
ricevuto”, che – promosso da Giuseppe Alberigo – tentava di elaborare una linea
ecclesiale diversa da quella condotta negli anni ’90 dall’allora presidente
della Cei Ruini; prese parte a tutte le battaglie per la riforma della Chiesa e
la denuncia del processo di restaurazione pre conciliare attuato soprattutto
sotto i pontificati di Wojtyla e Ratzinger; si impegnò – attraverso l’associazione
nazionale Per la Scuola della Repubblica” – nel contrasto alla normalizzazione
e gerarchizzazione della scuola prodotta dall’autonomia scolastica e dalle
riforme volute da Berlinguer, Moratti, Gelmini. Fino agli anni più recenti, nei
quali intravedeva nella autonomia differenziata il progetto di potenziale
dissolvimento della scuola pubblica statale.
Valerio
Gigante (da “Adista”, www.adista.it)