NON SO COME TU FACCIA A SOPPORTARMI
Signore,
non so davvero
come tu fai a sopportarmi. Bazzico tutto il giorno nelle tue cose, ti sono
sempre tra i piedi, mi dò da fare per il tuo Regno.
La tua parola
mi giunge con abbondanza, a torrenti, e le ispirazioni del tuo Spirito mi
sollecitano ad ogni momento.
Eppure, o
Signore, incomincio ad aver paura di questo mio darmi da fare, perché so che il
tuo giudizio non s'accontenta delle etichette.
Incomincio, o
Signore, a temere che la tua parola mi sfiori e non mi raggiunga in profondità.
È una parola udita, non accolta, non mi penetra più: scorre come l'acqua di un
temporale: bagna, ma non irriga, non feconda.
Eppure so che,
perché io possa restare in te, è necessario che la tua parola resti in me (Gv.
2,14); ma poi... mi fabbrico delle illusioni e riprendo la corsa…
Questo è
grave, o Signore: non so più pregare la tua Parola; essa diventa scienza, ma
non sapienza di Dio; non Parola di salvezza e di santificazione.
Tutto questo
avviene perché io credo più a me stesso, ai miei talenti che non all'opera
della tua grazia.
Ma, Signore,
se ho paura della tua Parola, o ancor più paura delle mie parole.
Sto diventando
un tecnico dell'evangelizzazione, un professionista dell'apostolato, un
parolaio, non un annunciatore del Vangelo e un testimone.
Forse dimentico
che i miei fratelli vogliono sempre più vedere, toccare, e sempre meno sentire.
Aiutami, o
Signore, a trattenere in me la tua Parola; perché si può cominciare solo quando
essa è risuonata potentemente in noi, sconvolgendoci, trasformandoci.
Dammi il
coraggio di annunciare la tua Parola, ma dammi ancor più la costanza nel
pregare, nel meditare.
Liberami dalla
superficialità perché è il mio male, o Signore.
Liberami dalla
mia pigrizia: non mi fermo davanti a te perché non ti amo.
Adduco pretesti
e so che sono pretesti…
Franco Barbero (da “Osiamo dire”, ed. Gribaudi, Torino 1968)