Banche armate. No al sostegno all’export armiero
Nei giorni
scorsi Renzo Craighero, noto militante nonviolento, a lungo coordinatore anni
fa a Bologna della campagna di obiezione fiscale alle spese militari, avendo
avuto notizia che la propria banca , anche se in misura ridotta rispetto ad
altre, ha concesso prestiti ad aziende con anche produzioni militari, ha
inviato la seguente lettera all’Amministratore delegato e al Direttore di
filiale chiedendo una modifica di questo comportamento, riservandosi, in caso
negativo, di passare ad altra banca.
In questo momento di enorme aumento delle spese militari a livello mondiale ed
italiano, la ripresa delle iniziative contro le ‘banche armate’ sembra di
grande attualità ed utilità, rilanciando una forma di lotta nonviolenta che in
passato si è rivelata efficace.
Col permesso dell’autore, vi alleghiamo il testo integrale della lettera, che
può essere ripresa con i dati propri e della propria banca e ad essa inviata.
RACCOMANDATA A/R
Alla cortese attenzione Amministratore Delegato Gruppo BPER Modena
p.c. Direttore Filiale Bologna
Oggetto: export di armi
Egregio Amministratore Delegato,
sono un ex dipendente del Gruppo Unipol e cliente prima di Unipol Banca e poi
di BPER Banca.
Nel contempo, sul piano sociale e politico, persevero da anni nella mia
attività militante all’interno di associazioni pacifiste locali e nazionali.
In quest’ambito ho partecipato alle campagne per l’approvazione della legge
n.185/90 (sul commercio delle armi) e alle varie manifestazioni contro le
guerre e, in tempi recenti, per il cessate il fuoco in Ucraina e Palestina.
In qualche occasione mi sono trovato anche a sostenere la campagna nazionale
contro le cosiddette “banche armate” convinto, peraltro, di essere cliente di
istituti di credito non implicati in questo tipo di operazioni.
Recentemente ho scoperto che mentre ciò valeva per Unipol Banca, non
altrettanto vale per BPER Banca.
Ho rilevato come nell’ultimo triennio la banca è stata attiva nel gestire
rapporti e fornire servizi ad operatori della Difesa e ad imprese coinvolte
nella produzione e commercio di materiali di armamento. Sono consapevole che
l’entità delle poste in gioco non è particolarmente rilevante (rispetto alle
operazioni gestite da Unicredit e da altri primari istituti di credito), così
come colgo e apprezzo che il Gruppo BPER si sia dato una policy in linea con
quanto previsto dalla legge n.185/90 e dai Regolamenti dell’Unione Europea, ma
tutto questo non mi basta.
Io aspiro a far parte di una banca che arrivi a non svolgere più servizi
finanziari per le aziende che producono ed esportano sistemi militari ed armi
comuni.
Viviamo tempi in cui le spese per armamenti hanno raggiunto il loro picco storico
e i conflitti fra Stati non trovano più una soluzione negoziale.
Il futuro dell’umanità è a rischio. E’ responsabilità in primo luogo dei
Governi e dei decisori politici affrontare i problemi emergenti valorizzando la
diplomazia e gli organismi internazionali esistenti, ma nessuno è innocente e
per invertire una linea di tendenza che sempre più si baricentra sull’aumento
delle strutture e dei mezzi militari occorre che ognuno faccia la propria
parte: le istituzioni competenti, i partiti, le associazioni e la società
civile organizzata, i detentori di interessi, i singoli cittadini.
Anche le banche, quanto più se di origini popolari e con sensibilità etica,
devono e possono prendere posizione, rinunciando a erogare servizi che in modo
diretto o indiretto supportano il finanziamento dell’industria militare e il
commercio delle armi.
Questo è l’invito che rivolgo al Gruppo BPER con la speranza che, pur con le
gradualità necessarie, si dia questo obiettivo.
La ringrazio per l’attenzione e le do la mia disponibilità per ogni
chiarimento.
Mi riservo di rendere pubblica la Sua risposta dalla quale potrà dipendere
anche la mia decisione se continuare o interrompere il rapporto con l’Istituto
da Lei rappresentato.