sabato 22 giugno 2024

IL DONO DELL'OSPITALITÀ EUCARISTICA

Ci sono delle questioni che non riesco più ad affrontare come questioni rilevanti. Mi dispiace dirlo a voi che siete persone appassionate ed intelligenti, molto coinvolte su questo terreno. La mia non è mancanza di rispetto per altre posizioni, solo che, a mio avviso, essere tolemaici dopo Galileo e le scienze degli ultimi secoli, mi sembra disquisire di questioni che hanno fatto il loro tempo. Probabilmente ha ragione chi mi rimprovera, come per altre questioni, il fatto che io sia "dissociato" dal tempo in cui vivo. Oggi per me nella strada, dove cammino con tante altre persone cristiane, ho acquisito consapevolezza che la cena del Signore è un dono che Dio fa a noi cristiani e cristiane attraverso Gesù, prima che avvenissero le nostre mille rotture, differenze, contrasti, lotte e rotture. Basta leggere alcune tappe delle nostre divisioni, per renderci conto di quanto sia importante recuperare l'ospitalità eucaristica come cena del Signore per "gustare" il sapore delle nostre origini. Davvero ci siamo coinvolti in dispute secolari, spesso anche prive di senso e ci siamo allontanati dalla sostanza della cena del Signore. È sufficiente leggere con attenzione "Mangiare Dio" di Matteo Al Kalak (Ed. Einaudi) per esplorare il territorio delle ricerche, di conflitti e delle rotture.

Le chiese, a mio avviso, hanno il compito di rendere viva nella storia questa preziosa testimonianza di Gesù di Nazareth e invece, fatti alla mano, nell'Ortodossia e non solo, continuiamo a dividerci anche su questioni lungamente esplorate e chiarite.

Quando alludo alla scelta teologica del "non chiedere permesso a nessuno", voglio esprimere questo concetto: le comunità che hanno compiuto questo cammino ecumenico devono poter riconoscere e praticare con gioia e responsabile libertà la grazia di questo cammino. Le differenze tra una comunità e l'altra costituiscono una ricchezza e anche una difficoltà, ma a me interessa soprattutto nel ministero pastorale e teologico che le comunità possano decidere in proprio di condividere la cena del Signore con quelle comunità in cui davvero si predica il Vangelo con competenza e coerenza e si vivono i valori della solidarietà e della pace…

Mi interessa particolarmente una ospitalità eucaristica con quelle comunità cristiane che hanno un comune impegno solidale, un orizzonte politico di liberazione. A livello spirituale teologico liturgico, trovo fecondo e arricchente praticare l'ospitalità eucaristica anche per imparare dalle esperienze diverse come rendere il culto più legato alla vita, più parlante nelle diverse sensibilità e più attento alle nuove generazioni per mettere in comune i problemi che le nostre comunità vivono circa la partecipazione al culto cristiano.

Oggi, per quanto riguarda il territorio Pinerolese - Torinese nel quale vivo, trovo inconcepibile rifiutare un dono che Dio ci fa dopo tanti anni di genuina pratica ecumenica (si pensi allo scambio dei pulpiti, ai corsi di teologia condivisi, alle marce di solidarietà...). Penso sia importante la scelta di una domenica ogni anno in cui realizziamo nelle parrocchie, nelle comunità varie una vera ospitalità eucaristica. Scopriamo così con gioia questo ulteriore passo del nostro cammino ecumenico. Si tratta in sostanza di avanzare e motivare una proposta aperta a chiunque creda a questo ulteriore passo ecumenico.

Se aspettiamo un decreto cattolico universale, temo che ci imparentiamo con Matusalemme. Sono le chiese locali che possono e, a mio avviso, debbono esperimentare e proporre questi percorsi in spirito di comunione, ma senza chiedere permesso a nessuno. Le nostre storie sono forse troppo ricche di adeguamenti e di obbedienza. Un po' di creatività in più, con qualche pizzico di disobbedienza e di eresia forse non ci farebbe male.

Franco Barbero, 14/6/24