IL DONO DELL'OSPITALITÀ EUCARISTICA
Ci sono delle questioni che non riesco più ad affrontare come
questioni rilevanti. Mi dispiace dirlo a voi che siete persone appassionate ed
intelligenti, molto coinvolte su questo terreno. La mia non è mancanza di
rispetto per altre posizioni, solo che, a mio avviso, essere tolemaici dopo
Galileo e le scienze degli ultimi secoli, mi sembra disquisire di questioni che
hanno fatto il loro tempo. Probabilmente ha ragione chi mi rimprovera, come per
altre questioni, il fatto che io sia "dissociato" dal tempo in cui
vivo. Oggi per me nella strada, dove cammino con tante altre persone cristiane,
ho acquisito consapevolezza che la cena del Signore è un dono che Dio fa a noi
cristiani e cristiane attraverso Gesù, prima che avvenissero le nostre mille
rotture, differenze, contrasti, lotte e rotture. Basta leggere alcune tappe
delle nostre divisioni, per renderci conto di quanto sia importante recuperare
l'ospitalità eucaristica come cena del Signore per "gustare" il
sapore delle nostre origini. Davvero ci siamo coinvolti in dispute secolari,
spesso anche prive di senso e ci siamo allontanati dalla sostanza della cena
del Signore. È sufficiente leggere con attenzione "Mangiare Dio"
di Matteo Al Kalak (Ed. Einaudi) per esplorare il territorio delle ricerche, di
conflitti e delle rotture.
Le chiese, a mio avviso, hanno il compito di rendere viva nella
storia questa preziosa testimonianza di Gesù di Nazareth e invece, fatti alla
mano, nell'Ortodossia e non solo, continuiamo a dividerci anche su questioni
lungamente esplorate e chiarite.
Quando alludo alla scelta teologica del "non chiedere
permesso a nessuno", voglio esprimere questo concetto: le comunità che
hanno compiuto questo cammino ecumenico devono poter riconoscere e praticare
con gioia e responsabile libertà la grazia di questo cammino. Le differenze tra
una comunità e l'altra costituiscono una ricchezza e anche una difficoltà, ma a
me interessa soprattutto nel ministero pastorale e teologico che le comunità
possano decidere in proprio di condividere la cena del Signore con quelle
comunità in cui davvero si predica il Vangelo con competenza e coerenza e si
vivono i valori della solidarietà e della pace…
Mi interessa particolarmente una ospitalità
eucaristica con quelle comunità cristiane che hanno un comune impegno solidale,
un orizzonte politico di liberazione. A livello spirituale teologico liturgico,
trovo fecondo e arricchente praticare l'ospitalità eucaristica anche per
imparare dalle esperienze diverse come rendere il culto più legato alla vita,
più parlante nelle diverse sensibilità e più attento alle nuove generazioni per
mettere in comune i problemi che le nostre comunità vivono circa la
partecipazione al culto cristiano.
Oggi, per quanto riguarda il territorio Pinerolese - Torinese nel
quale vivo, trovo inconcepibile rifiutare un dono che Dio ci fa dopo tanti anni
di genuina pratica ecumenica (si pensi allo scambio dei pulpiti, ai corsi di
teologia condivisi, alle marce di solidarietà...). Penso sia importante la
scelta di una domenica ogni anno in cui realizziamo nelle parrocchie, nelle
comunità varie una vera ospitalità eucaristica. Scopriamo così con gioia questo
ulteriore passo del nostro cammino ecumenico. Si tratta in sostanza di avanzare
e motivare una proposta aperta a chiunque creda a questo ulteriore passo
ecumenico.
Se aspettiamo un decreto cattolico universale, temo che ci
imparentiamo con Matusalemme. Sono le chiese locali che possono e, a mio
avviso, debbono esperimentare e proporre questi percorsi in spirito di
comunione, ma senza chiedere permesso a nessuno. Le nostre storie sono forse
troppo ricche di adeguamenti e di obbedienza. Un po' di creatività in più, con
qualche pizzico di disobbedienza e di eresia forse non ci farebbe male.
Franco
Barbero, 14/6/24