Israele deve riconoscere i diritti dei palestinesi
La questione palestinese sta assumendo dimensioni apocalittiche
tali da farci pensare ad un epilogo drammatico del percorso ebraico. Israele
dovrebbe riconoscere i diritti dei palestinesi e cercare un accordo con loro,
nonostante una realtà molto complessa sulla
quale riflettere.
Gli ebrei vivono tra di noi, come noi ma portano con loro
l'antica identità: l’etnia e la religione hanno sempre camminato insieme
durante i millenni. Consciamente o meno portano in sé la nostalgia, il
desiderio struggente del ritorno alla terra delle origini, qualcosa
che noi non possiamo comprendere perché il nostro passato può
retrocedere solo di qualche generazione. In questo credo si collochi il nucleo
del grande problema.
Il mondo occidentale ha difeso incondizionatamente Israele
trascurando i palestinesi e ora chiede il cessate il fuoco perché Israele sta
esagerando. C’è stata poca obiettività nel valutare il
conflitto dalle origini. Ora certamente occorre il cessate il
fuoco immediato, ma gli ebrei tutti dovrebbero riflettere sul loro futuro e
dare inizio ad una nuova era.
Francia, Germania e Italia hanno il cursus honorum per porsi
come interlocutori diplomatici. Della Germania basta ricordare che è stata a
lungo partner commerciale della Russia, si pensi al ruolo attuale dell'ex
cancelliere Schroeder. La stessa indicazione vale per l’Italia.
Il nostro paese però oscilla a livello istituzionale da dichiarazioni
come «non siamo in guerra con la Russia», ad altre in cui si fanno parallelismi
con le guerre mondiali del secolo scorso e con i dittatori da abbattere in nome
della democrazia. Il secolo scorso però non vedeva paesi provvisti di armi
nucleari. Si giocano (si fa per dire, è un tragico gioco) partite diverse.
Urgono nuovi punti di vista che sappiano accogliere le
necessarie mediazioni e valutare le posizioni dei paesi Brics. Altrimenti non
usciremo mai da una conflittualità permanente. Credo che
un'Ue che sappia parlare a più voci con i presidenti delle
rispettive nazioni, possa essere una forza e non una debolezza. E sarebbe molto
più rappresentata che da un presidente della commissione non eletto
direttamente dai cittadini e che non può essere sintesi di paesi e forze
politiche diverse. Forse un gestore amministrativo economico sì, ma leader
politico no. Per una crisi politica servono leader politici possibilmente più
vicino possibile alla figura
di statisti.
Alberto Albertini (da
“Domani”, 29 maggio 2024)