Argentina, uno scenario ad alto rischio
“In sette mesi,
Milei ha accelerato lo smantellamento di ciò che è stato fatto negli ultimi
decenni in termini di memoria, verità e giustizia. Stiamo vivendo una
situazione molto complicata e ad alto rischio”. Con queste parole, Veronica
Torras, direttrice dell’organizzazione Memoria Aperta, ha descritto la grave
situazione che vive l’Argentina dopo l’insediamento del presidente
ultraliberista e ultraconservatore.
“Se parliamo di memoria, verità e giustizia”,
spiega Torras, “l’Argentina ha fatto passi da gigante in quanto a politiche
pubbliche, sia per ciò che riguarda i processi ai responsabili delle violazioni
dei diritti umani durante l’ultima dittatura, sia per l’apertura degli archivi
militari e quelli dei corpi di sicurezza della dittatura stessa”.
Attualmente ci sono più di 1.300 persone
condannate in oltre 300 processi giudiziari, tra militari, poliziotti e civili.
All’interno di alcuni ministeri sono state
istituite squadre di indagine per l’identificazione e l’analisi degli archivi,
mentre è stata approvata una legge sui siti della memoria (legge 26691) che ha
permesso di identificare circa 40 siti statali che fungevano da centri di
detenzione clandestina, tortura e sterminio. Inoltre, il tema della memoria
storica, così come l’impatto sociale e collettivo della dittatura e del
terrorismo di Stato, sono stati inseriti nei programmi scolastici.
Smantellare la ricerca della verità
“Negli ultimi sette mesi, le nuove autorità
hanno cominciato a smantellare tutto quello che è stato fatto, usando vari
strumenti e metodi. Hanno iniziato a disattivare i principali programmi,
eliminando, ad esempio, il personale incaricato dell’apertura e studio degli
archivi militari o togliendo fondi alle attività legate ai programmi di
memoria, verità e giustizia”.
L’attivista ha anche condannato l’ondata di
licenziamenti che ha investito i dipendenti pubblici in generale e quelle
persone con una lunga traiettoria nella difesa dei diritti umani, in
particolare. Spesso, dopo aver smantellato i programmi nell’area della memoria
e licenziato gran parte del personale, i posti chiave venivano lasciati vacanti
in modo da creare una paralisi operativa.
Un’altra strategia che stanno adottando è quella
di togliere il sostegno del governo ai processi contro gli implicati nei
crimini della dittatura.
Grazie a una certa indipendenza dei Poteri dello
Stato che ancora regge in Argentina, assicura Torras, l’Esecutivo non è stato
in grado di esercitare una maggiore pressione. Quello che hanno fatto è stato
mantenere posizioni pubbliche che contraddicono i progressi fatti in termini di
memoria, verità sociale e storica sul terrorismo di Stato.
Rimilitarizzazione della società
“Si sono assunti il compito, ad esempio, di
negare, relativizzare e mettere in discussione la sistematicità dei crimini
commessi, il numero delle vittime, l’esistenza di campi di concentramento,
tortura e stupri. Hanno persino rivendicato le azioni delle forze armate e
Milei ha elogiato gli indulti promossi da Menem negli anni ’90, che hanno
lasciato l’Argentina per 18 anni senza la possibilità di avanzare con i
processi”, spiega Torras.
In altre parole, un percorso riconosciuto a
livello mondiale come una grande conquista nella ricerca della memoria, della
verità e della giustizia, che viene invece presentato da questo governo come un
atto di vendetta e umiliazione nei confronti dei militari.
“È chiaro che si sta preparando il terreno per
smantellare ulteriormente questi percorsi, rivalutando il ruolo delle forze
armate, portando il Paese verso una rimilitarizzazione della politica e della
società”, dice la direttrice di Memoria Aperta.
Tutto ciò mentre si lanciano quotidianamente
attacchi ai diritti sociali dei cittadini, che stanno facendo sprofondare
l’Argentina nella recessione, con un aumento esponenziale di disoccupazione e
povertà.
“L’obiettivo di questo governo è quello di
limitare la partecipazione democratica, politica e comunitaria. In questo
senso, la mobilitazione di piazza, il ruolo della Centrale Generale dei
Lavoratori (CGT) nelle proteste e la resistenza istituzionale come contrappeso
ai poteri forti, sono stati fondamentali in questi mesi. Tutto questo non deve
e non può fermarsi”, conclude.