Inferno carceri, un suicidio ogni tre giorni Detenuto muore durante lo sciopero della fame
ROMA — Il
carcere diventa condanna a morte e il numero delle sue vittime continua a
salire. Chi è chiamato a fare le leggi sembra non accorgersi dello scempio
lasciando dietro le sbarre anche le donne in stato di gravidanza e con i
bambini di un anno. C’è invece un decreto carceri in commissione al Senato che
nulla contiene per far fronte all’emergenza che vede detenuti accalcati in
condizioni disumane. Ieri la rabbia è esplosa a Trieste dove, anche a causa del
caldo soffocante, le persone si sono ribellate: urla, vetri rotti, incendi e
feriti.
Sono 54 i detenuti che si sono tolti la vita nel 2024, uno ogni tre giorni, venti
in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando i suicidi, fino a
giugno, erano stati 34. Ed è così che in Italia si muore di detenzione e di
sovraffollamento. L’assistenza psicologica è poca e la polizia penitenziaria è
sempre più in sofferenza. In celle sporche e prive di spazi e servizi vitali,
il 3 luglio scorso c’erano61.547 persone quando i posti disponibili, sulla
carta, sarebbero 51.178 mila ma scendono a 47.300 perché alcune prigioni sono
inagibili. Ciò significa che ci sono oltre 14.200 detenuti in più.
In queste celle, che diventano loculi, non c’è solo chi si suicida, ma ci sono
anche detenuti che muoiono in condizioni disumane. Dall’inizio dell’anno sono
62 a cui si aggiungono sei persone appartenenti al corpo di polizia
penitenziaria.
Basti pensare che in poco più di dodici mesi, ad Augusta, nello stesso carcere,
hanno perso la vita tre persone in sciopero della fame. L’ultima, Giulio Arena,
un ergastolano di 68 anni deceduto lo scorso 28 giugno nell’ospedale di Catania
dove era stato trasferito in condizioni già disperate ed era tenuto in vita da
una soluzione fisiologica salina. Da dicembre dello scorso anno aveva smesso di
bere e di mangiare per protestare contro una condanna che riteneva ingiusta.
Qualcosa si poteva fare. In tempo. «Nei casi di astinenza totale dal cibo e
dall’acqua - dice il garante dei detenuti di Siracusa, Giovanni Villari -
andrebbe resa obbligatoria la nutrizione artificiale. La soluzione fisiologica
salina endovena non può salvare una vita». In molti casi chi muore è giovane.
Il 4 luglio scorso è stata una giornata nera con tre suicidi: un detenuto a
Livorno di 35 anni, un ragazzo di 20 anni nel carcere di Sollicciano a Firenze
e un terzo a Pavia, anche lui di 20 anni.
Proprio il giorno prima il Consiglio dei ministri aveva approvato il decreto
Carceri «senza sconti di pena o indulgenze gratuite», per utilizzare le parole
del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Piuttosto, secondo il guardasigilli,
sarà l’abolizione dell’abuso d’ufficio ad «avere un impatto sul numero dei
reclusi». Quindi la legge approvata mercoledì dalla Camera in via definitiva,
quella che rimuovere il reato dei cosiddetti colletti bianchi e che impedisce
di indagare su presunte cattive condotte da parte degli amministratori e funzionari
dello Stato, sarebbe per il governo la soluzione del problema. Una visione
miope, secondo Pd e Avs e per Roberto Giachetti di Italia viva che, pronto a
denunciare Nordio, propone di elevare la detrazione di pena per la liberazione
anticipata da 45 a 60 giorni. Il viceministro azzurro alla Giustizia Francesco
Paolo Sisto è convinto che si possa «fare di più» rispetto al decreto. Ma si è
già parecchio fuori tempo.
di GABRIELLA CERAMI (da “La Repubblica” del 12/7/24)