Nel 2025 le famiglie italiane avranno bisogno di circa 2 milioni 288 mila di badanti e colf
La popolazione
italiana è attualmente la più anziana d’Europa e una delle più anziane del
mondo. L’Italia continua a invecchiare e, di conseguenza, ad aver bisogno di
personale per l’assistenza degli anziani e per il supporto nel lavoro
domestico. In Italia nel 2025 le famiglie avranno bisogno del supporto di circa
2 milioni 288mila unità di personale domestico per soddisfare il proprio
fabbisogno di assistenza: 1 milione 524mila lavoratori stranieri e 764mila
italiani. E ancora, di circa 1 milione e 25mila badanti e di 1 milione 262mila
colf. Sono le stime contenute nel 3° Paper del Rapporto 2024 “Family (Net) Work
– Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, presentato oggi da
Assindatcolf e dal Centro Studi e Ricerche Idos, autore della ricerca intitolata
“Il fabbisogno di manodopera italiana e straniera nel comparto del lavoro
domestico in Italia. Stima 2023-2025 per regioni”. Il fabbisogno complessivo di
circa 2 milioni 288mila collaboratrici domestiche include non solo le famiglie
con lavoratori già in regola, ma anche i datori di colf e badanti senza
contratto e persone che vorrebbero assumere ma che per una serie di motivi,
anche economici, non hanno ancora provveduto.
Nel dettaglio si calcola che il fabbisogno di
badanti sia pari a circa 1 milione e 25mila, circa 713mila straniere e 312mila
italiane. Guardando ai territori, al primo posto si posiziona la Lombardia con
141mila lavoratori; seguono al secondo posto la Campania (98mila), al terzo la
Sicilia (97mila), al quarto il Lazio (93mila) e al quinto la Puglia (86mila).
Rispetto alla nazionalità, la regione con la quota più bassa di badanti
straniere (meno del 19% del totale delle badanti) è la Sardegna, seguita da
Molise (45,6%), Calabria (48,3%) e Sicilia (48,4%); al contrario, in Emilia-Romagna
e Lombardia la quota di badanti straniere sul totale si aggira intorno all’85%.
Quanto alle colf, nel 2025 si prevede che le
famiglie bisognose del supporto di collaboratrici domestiche saranno oltre 1
milione 262mila, di cui circa 811mila straniere e 452mila italiane. A guidare
la classifica regionale del fabbisogno vi sono la Lombardia e il Lazio,
rispettivamente con 209mila e 208mila lavoratori. Seguono al terzo posto la
Sicilia, con un fabbisogno di colf stimato in 177mila unità, la Campania al quarto
(158mila) ed al quinto posto la Puglia (100mila).
Il Report passa in rassegna le contorsioni
legislative sedimentatesi in anni di interventi sistematicamente restrittivi
sulle norme che regolano i meccanismi di inserimento occupazionale dei
lavoratori stranieri in Italia e punta il dito contro le gravi negligenze di
governance, a cui si aggiungono – e fanno da sfondo – quelle strutturali e
congiunturali delle policy, riguardanti i meccanismi di ingresso e permanenza
regolare in Italia dei lavoratori non comunitari.
“Per aggirare norme così irrealistiche, si
sottolinea nel report, è noto che i datori di lavoro per oltre 20 anni sono
ricorsi all’assunzione di lavoratori non comunitari già presenti sul territorio
italiano, talora in nero (soluzione peraltro obbligata nel caso in cui questi
ultimi siano irregolari, ossia privi di un valido titolo di soggiorno). Così
che, nel caso in cui avessero voluto poi regolarizzare il rapporto di lavoro
(vuoi perché animati da un proprio senso di legalità, vuoi perché “convinti”
dalle pressioni o dalla disponibilità dei lavoratori a pagare il “favore”,
essendo di vitale importanza, per questi ultimi, l’esigenza di recuperare uno
status di regolarità giuridica), essi, al varo degli annuali decreti flussi,
presentavano la chiamata nominativa per coloro che in realtà avevano già in
casa, alle proprie dipendenze, in nero. E così, per decenni, i decreti flussi
sono stati utilizzati come regolarizzazioni mascherate.”
Per questo, appare utile uno studio come quello
contenuto in questo paper- sottolineano Assindatcolf e Centro Studi e Ricerche
Idos – che offra al legislatore la base per ancorare le quote del comparto,
all’interno dei decreti flussi, a una stima realistica del fabbisogno di
manodopera aggiuntiva dall’estero. Un’eventualità, questa, che, consentendo di
riportare le assunzioni all’interno dell’ambito legale della programmazione,
rappresenterebbe il primo passo positivo, il quale, come in un effetto domino,
contribuirebbe a rendere sano e legale tutto il percorso che ne dipende.