Genocidio a Gaza: cosa sta succedendo
I generali israeliani hanno compiuto ieri 8 stragi di civili palestinesi,
con 84 uccisi e 329 feriti. Una mattanza quotidiana che viene ignorata dalle
cancellerie e dai media.
Situazione umanitaria
Forte preoccupazione è stata espressa dagli esperti dell’OMS che ieri hanno
pubblicato i risultati delle analisi su campioni di acque reflue presi dalle
strade di diverse città di Gaza e in mezzo alle tende degli sfollati. “In
due dei sei campioni finora analizzati sono stati trovati i virus del polio.
Non lo abbiamo ancora riscontrato in persone, ma la situazione è altamente
preoccupante”. Cumuli di rifiuti e fognature distrutte hanno creato il
clima ideale per la diffusione delle malattie contagiose, in un disegno
diabolico da parte dei generali israeliani che hanno ridotto la vita dei civili
palestinesi a Gaza ad un inferno.
Cisgiordania e Gerusalemme est
A Tulkarem, le truppe israeliane hanno ucciso ieri tre combattenti della
resistenza all’occupazione militare e due donne, una madre e sua figlia. È
stato il 57 attacco con missili su zone residenziali in Cisgiordania
dall’inizio dell’aggressione a Gaza.
Stamattina altri 3 palestinesi sono stati uccisi a Qalandia, Tulkarem e
Toubas. In quest’ultima città ad essere ucciso è un ufficiale della polizia
palestinese.
Di pari passo vanno i rastrellamenti e gli arresti di attivisti
palestinesi, insieme alle demolizioni di case e attività commerciali a
Gerusalemme est. A Sussia, a sud di El-Khalil, un gruppo di coloni accompagnati
da cani feroci hanno attaccato le case e le fattorie palestinesi, nel tentativo
di cacciare la popolazione per impossessarsi dei terreni agricoli. Come al
solito, i soldati che accompagnavano l’aggressione dei coloni non hanno mosso
un dito fino a quando i giovani palestinesi hanno prevalso con le sassate sul
gruppo dei coloni. A quel punto, l’esercito di occupazione ha protetto la
ritirata degli aggressori violenti e invasati, arrivati da ogni dove, nel nome
di una promessa divina. A Gerusalemme est continua la politica di deportazione
della popolazione palestinese con le demolizioni delle case, delle attività
commerciali e di occupazione di terreni di pascolo. Non passa un giorno che non
si registrino episodi simili. A Selwan è stata demolita un’altra casa la cui
costruzione risale a prima del 1948 (nascita dello stato di Israele sulla terra
di Palestina), con il pretesto della mancata autorizzazione edilizia.
OLP
Incontro tra 14 organizzazioni palestinesi a Pechino per un programma di
riconciliazione. Un’importante risultato ottenuto grazie alla diplomazia cinese
che ha messo tutto il suo peso sull’accordo di riconciliazione e sulla fine
delle divisioni tra Fatah e Hamas, con la partecipazione del direttore del
dipartimento affari esteri del Partito comunista cinese, Wang Yi. Gli incontri
di alto livello sono durati tre giorni e si sono conclusi con la firma di una
dichiarazione di 8 punti che mette fine alle divisioni, prevede l’ingresso di
Hamas e della Jihad Islamica nell’OLP, unico rappresentante legittimo del
popolo palestinese, con l’obiettivo di formare un governo provvisorio di unità
nazionale e di lavorare per una conferenza internazionale sotto l’egida dell’ONU
per la nascita di uno Stato palestinese. La Dichiarazione di Pechino è
importante per il suo esplicito riconoscimento delle risoluzioni dell’ONU sulla
soluzione dei due Stati nella Palestina storica e il rifiuto di una mediazione
statunitense del processo negoziale per l’esplicita partecipazione di
Washington al genocidio in corso a Gaza.
Il piano cinese esposto da Wang Yi è composto da tre fasi. La Cina infatti
ha presentato un piano articolato per affrontare la questione palestinese,
evidenziando tre fasi chiave. Wang Yi ha delineato la necessità
di
1) un cessate il fuoco globale, stabile e duraturo nel più breve tempo
possibile;
2) che i palestinesi abbiano finalmente la possibilità di governare in un
contesto di stabilità,
3) l’ammissione della Palestina come membro a pieno titolo
delle Nazioni Unite e una conferenza internazionale di pace.
Questo approccio non solo cerca di affrontare la crisi immediata, ma si
propone anche di avviare un dialogo per una soluzione a lungo termine basata
sulla creazione di due stati. La Cina si è offerta di fungere da
mediatrice, ribadendo l’importanza dell’appoggio da parte della comunità
internazionale per garantire l’attuazione di questo piano. È una
stoccata all’unilateralismo USA in Medio Oriente che finora ha sempre favorito
Israele e rimandato a sine die la nascita di uno Stato palestinese.
Soddisfazione dell’ONU e dell’UE per la dichiarazione di Pechino, silenzio di
Washington e rabbiosa reazione di Tel Aviv.
Ecco il testo integrale della Dichiarazione di Pechino (traduzione
Anbamed):
Corte Penale Internazionale
Oltre 50 paesi e organizzazioni internazionali presenteranno memorandum
alla Corte Penale Int. sul tema dei mandati di arresto per Netanyahu, Gallant,
Halevi e Sinwar. La prossima seduta della Corte per ascoltare le ragioni di
queste parti è stata fissata per il 6 agosto 2024. I tre giudici della CPI
ascolteranno le ragioni di queste parti, alcune a favore di Israele (GB; USA e
Germania) e altre a favore dell’emissione dei mandati di cattura (Spagna, Sud
Africa e Irlanda, oltre alla stessa ANP). La GB congettura sulla non competenza
della CPI, in quanto Israele non è membro aderente al trattato di Roma e gli
accordi di Oslo vietano all’ANP il ricorso alla giustizia internazionale.
Prigionieri
Un rapporto di HRW sulle sevizie inflitte dall’esercito e polizia
israeliane ai detenuti palestinesi. Per l’organizzazione umanitaria
statunitense, i comportamenti israeliani nelle carceri sono “crimini di
guerra”. HRW descrive nel suo rapporto l’impatto psicologico del denudamento
dei prigionieri, ance minorenni, che vengono esposti in fotografie e video
ripresi dai soldati e pubblicati sui social. “Una violenza sessuale senza
precedenti nella storia dei conflitti e derisione della dignità umana”.
L’organizzazione ha documentato 38 casi di prigionieri interrogati
completamente nudi, con gli occhi bendati e le mani legate.
Israele
Netanyahu da Washington lancia promesse ciniche di un imminente accordo per
lo scambio di prigionieri e il cessate il fuoco. Una strategia che va avanti,
come da manuale. Sfruttare al massimo la visibilità mediatica per ottenere
consenso, internazionale e interno. In realtà sul campo non ci sono segnali di
azioni volte alla diminuzione dei massacri di civili palestinesi a Gaza e in
Cisgiordania e le demolizioni delle case dei palestinesi a Gerusalemme.
Netanyahu non si è incontrato con Biden (era programmato per ieri) ed ha
programmato l’incontro con Trump venerdì, rinviando il suo ritorno ad Israele
di un giorno. Non è stato fissato ancora un incontro con Kamala Harris, la neo
candidata del Partito Democratico.
Solidarietà
Gli arresti sono iniziati ieri mentre oltre 400 ebrei statunitensi si
rifiutano di lasciare il Congresso, “non ce ne andremo finché il nostro governo
non SMETTERÀ DI ARMARE ISRAELE e non porrà fine al GENOCIDIO dei palestinesi a
Gaza!”, hanno gridato e la polizia ha avviato le procedure di arresto uno per
uno. Nessuna resistenza violenta ma soltanto disobbedienza civile.
L’occupazione è stata organizzata da “Voci ebraiche per la Pace”.
ANBAMED (da “Pressenza” del 24/7/24)