giovedì 19 settembre 2024

60 anni fa: ad Erba


Ad Erba trascorsi dalla fine del 1964 all’estate del 1965 le primizie del mio ministero pastorale dove c’era un enorme ospedale, con tutti i reparti e una grande maternità. In esso confluivano malati dai borghi vicini e la maternità era la metà di molte donne per un parto garantito e accurato.

Don Giorgio Accastelli, un mio carissimo amico, che stava per diventare parroco di San Lazzaro, un quartiere e una parrocchia molto noti in città a Pinerolo (TO), mi portò ad Erba con la sua macchina dopo aver avuto dal vescovo di Pinerolo il documento che attestava la mia idoneità al ministero ospedaliero, alla celebrazione della messa domenicale, alle confessioni, ai rapporti con un convento di frati li connesso. Prete da poco più di un anno, andai molto volentieri aderendo con gioia all’amico don Giorgio. Ti sarà molto utile, mi diceva Giorgio, conoscerai un sacco di persone ed eserciterai tanti ministeri a partire dalle visite ai reparti. Rimasi ad Erba da giugno fino a novembre, come avevamo concordato. E fu un’esperienza che vivevo con passione ed emozione.

Conobbi alcuni medici, molto accoglienti e cordiali e con loro mangiavo pranzo e cena. Con alcuni nacque un rapporto spirituale e confidenziale di cui ero persino stupito.

Il giorno seguente al mio arrivo, giunse anche il cappellano e fu mia premura andarlo a conoscere. Mi disse i suoi vari impegni che non gli permettevano di dedicare molto tempo al ministero. Mi salutò velocemente, volle vedere la lettera con cui il mio vescovo di Pinerolo mi dichiarava abilitato ad ogni azione ministeriale. Mi portò, prima di partire, al letto di una donna morente; ero commosso e affettuoso verso questa donna e a un suo figlio che era accanto al suo letto. Il cappellano sembrava impaziente e mi disse solo: “lei fa le cose bene, ma è troppo lento e troppo tempo passa a pregare e a salutare”. Poi, senza ulteriori saluti, se ne andò, la sua fretta mi turbo’. Non riuscivo a capire, ma mi permisi di prolungare un po’ il dialogo con il figlio della morente. Se ne andò senza attendere che io conversassi con il figlio. A sera, a tavola, due cordialissimi medici, dopo cena vollero darmi alcune informazioni, visto il mio disagio con il cappellano. Il discorso fu dialogico: “purtroppo il cappellano è parte di una operazione di mercato delle sigarette con la Svizzera. Sappiamo con certezza che è molto attivo in questo mercato”. La fretta mi apparve più comprensibile. Giunse la domenica dei battesimi. Il cappellano lasciò detto che facessi io perché lui era trattenuto da altri impegni che i due medici mi spiegavano non essere di natura pastorale.

Che gioia fu per me. Vidi non meno di 30 mamme i cui figli erano nati nelle settimane precedenti, mi spiegò un medico confidente e ormai mio amico anche di fede. L’emozione era tanta nel mio cuore e volli accogliere e baciare le mamme che vedevo sorridenti ai miei cenni di gioia. E così, con grande emozione conferii il Battesimo e ogni mamma o parente mi consegnò una busta con del denaro. Al che cercai di spiegare perché non ritiravo l’offerta: le ripresero tutte dalle mie mani “date questi soldi a chi è povero nel nostro quartiere o a chi sapete può servire ricevere questa busta per qualche persona bisognosa”.

La cosa ben spiegata convinse tutte le mamme e lentamente ripresero le buste. Per me fu facile spiegare che i sacramenti non si pagano… e non so se proprio le convinsi tutte, ma ognuna riprese la sua.

Un’ora dopo, avvicinandosi l’ora della cena, arrivò anche il cappellano quando tutti erano usciti dalla cappella dell’ospedale per un po’ di festa in un locale esterno. Dovetti attendere l’ora della cena, il cappellano non mangio’ ne’ con me ne’ con i medici, ma si avvicinò a me e, quasi senza salutarmi, mi domandò con voce ben ferma: “Caro don Franco, dove sono le buste del Battesimo? Dove le ha messe?” Inutilmente tentai di spiegargli come le avevo restituite spiegando che i sacramenti sono gratuiti… “Non faccia il furbo con me… sono sicuro che le ha intascate lei”. Non valsero a convincerlo le mie parole tranquille, ma ben chiare…”Sono sicuro che sono nelle sue mani e allora me le restituisca”. Senza salutarmi se ne andò. Solo a cena i miei commensali mi spiegarono. “Il cappellano traffica nel mercato delle sigarette e siamo convinti che l’abbia scambiato per un prete vero. Capii che probabilmente il cappellano si sentì scoperto come frate commerciante.

Tutti i battesimi dei quattro-cinque mesi che io trascorsi ad Erba tornò a celebrarli il cappellano e stabili’ di nuovo l’abitudine della busta. Continuai le visite quotidiane ai malati nei reparti e capii con dolore che molti preti agiscono per guadagnare. Oggi è, qualche rara volta, ancora così. Grazie a Dio, che sono molti nella Chiesa i ministri che agiscono con amore e semplicità. Quell’episodio mi fece tanto soffrire, ma mi aprì gli occhi e mi indicò con chiarezza che il denaro rovina tanta vita della chiesa.

Questa lezione, quando a novembre tornai a Pinerolo, la misi nel mio cuore e, per Grazia di Dio, la tengo viva ancora oggi.

Grazie a Te, o Dio, che a volte attraverso incontri diabolici, ci fai scoprire e vivere la via evangelica con tanti altri/e e in comunità.

Grazie, o Dio.

Franco Barbero, 15 settembre 2024