domenica 22 settembre 2024

LETTERE AL SINODO

(4-21 ottobre 2015 – Roma)

 

20 ottobre 2015

Lettera quotidiana al sinodo

 

Cari padri e fratelli sinodali,

ecco ancora una delle riflessioni che mi preme affìdarvi in questo momento ormai prossimo alla conclusione del sinodo.

Quando un parrocchiano consapevole va in chiesa, partecipa ad un battesimo, accompagna i figli al catechismo, partecipa ad una celebrazione eucaristica o ad una memoria di un defunto, ascolta la predicazione domenicale... si sente come catapultato in un altro mondo.

Liturgie, linguaggi, riti, dottrine e predicazione sanno di antico e stantio; certamente 5 o 10 secoli fa trasmettevano un messaggio comprensibile dentro quella visione del mondo e dentro quella cultura.

La stessa visione di Dio, la teologia cristologica e trinitaria, la mariologia, le dottrine del peccato originale e del suffragio, le indulgenze e l'intera concezione sacramentaria, così come stanno nei catechismi ufficiali, sono medievali.

Oggi non trasmettono la sostanza del messaggio biblico, ma al contrario impediscono all'uomo e alla donna di oggi di accedere alle sorgenti della fede.

Il catechismo è come parlare a dei ragazzi/e dell'età moderna invitandoli ad entrare nel medioevo.

Così fin dalla giovinezza si percepisce l'estraneità e l'irrilevanza del messaggio cristiano, così come viene trasmesso dall’istituzione chiesa.

Il rinnovamento del linguaggio non significa soltanto cambiare le parole: si tratta di un ripensamento dell'intera fede per tornare ad esprimerla in un contesto nuovo. E' una operazione di grande profondità che esige coraggio, una concezione dinamica della tradizione e un confronto rigoroso con le fonti bibliche.

Cari fratelli sinodali, non vedo in giro questo coraggio mentre la predicazione e la teologia ufficiale non fanno che rimasticare il già masticato.

In questa monotona ripetizione percepisco una vera e propria bestemmia contro il mistero del Dio sempre più grande, sempre oltre le nostre dottrine e le nostre parole.

“Parlare di Dio oggi, con il linguaggio dei primi secoli, è votarsi all’incomprensione e far correre a Dio il rischio di essere percepito come un mito da relegare fra le anticaglie” (Maurice Zundel).

Ecco la nostra responsabilità: possiamo cancellare o oscurare la bellezza di Dio, di quel Dio sempre vivo e sempre nuovo di cui ci ha dato testimonianza Gesù di Nazareth.

A voi un caro saluto con l`augurio di far tesoro di quelle voci profetiche che invitano la nostra chiesa ad una nuova prassi e ad un nuovo linguaggio.

Buona notte.

Don Franco Barbero