giovedì 5 settembre 2024

Ma il diritto allo studio per le persone con disabilità può essere subordinato a esigenze finanziarie?


Le sentenze vanno rispettate, anche se non si condividono. Ci sono alcune sentenze però che “gridano vendetta” e che non si riescono proprio ad accettare. E’ il caso di una recente sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto l’appello dei genitori di un alunno a cui il Comune aveva ridotto le ore di assistenza scolastica rispetto a quanto previsto dal PEI (Piano Educativo Individualizzato). I genitori dello studente, sostenendo la natura vincolante del PEI e la preminenza del diritto all’inclusione rispetto alle esigenze di bilancio, hanno impugnato la decisione del Comune prima al TAR e successivamente al Consiglio di Stato, il quale ha respinto l’appello, confermando la sentenza del TAR. In sostanza per quanto riguarda l’assistenza all’autonomia e comunicazione il PEI ha valore di proposta, ma non di vincolo.

Una sentenza che secondo la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) rappresenta “un duro colpo per i diritti degli studenti con disabilità. Questa decisione rischia di minare i diritti costituzionalmente garantiti e rappresenta un grave passo indietro nella tutela dei diritti fondamentali.”

Una sentenza che rischia di creare un pericoloso precedente, dando la stura a quegli Enti locali che possono in futuro determinare scelte al ribasso nell’assegnazione delle ore sulle spalle delle alunne e degli alunni con disabilità. Subordinare il diritto allo studio, all’inclusione scolastica, alle capacità di bilancio di un Comune, significa lasciare all’assoluta discrezionalità tale diritto. Una sentenza che di fatto riduce un “diritto incomprimibile” a semplice “interesse legittimo”, dando l’assoluta preminenza alle compatibilità di bilancio dei Comuni e delle Città Metropolitane rispetto al diritto all’inclusione scolastica e sociale degli alunni con disabilità.

Si tratta, come sottolinea CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con sindrome di Down), “di un regresso nel campo dell’inclusione scolastica e un ritorno al passato che rischia di cancellare i passi in avanti faticosamente percorsi negli ultimi tempi anche grazie alle battaglie portate avanti dal mondo associativo. Si rischia in questo modo di far pesare sulle persone con disabilità l’incapacità di definire in maniera adeguata alle necessità i capitoli di bilancio da parte delle Amministrazioni Locali alle quali, in casi come questi, sono da ascrivere invece le responsabilità per la carenza di fondi.”

Ma la sentenza 7089/24 del Consiglio di Stato si pone in netto contrasto anche con quanto affermato dalla stessa Corte Costituzionale con la Sentenza 275/16, che prevede chiaramente che il diritto allo studio degli alunni con disabilità prevalga sui vincoli di bilancio. Una sentenza che ha spinto la stessa ministra Locatelli a definirla “non giusta” e rispetto alla quale ha espresso grave preoccupazione, arrivando a chiedere che “lo stesso Consiglio di stato possa riunirsi in Adunanza Plenaria per dare una risposta univoca e giusta, che garantisca ad ognuno gli stessi diritti di partecipazione e di accompagnamento alla crescita dal punto di vista scolastico, sociale, civile e culturale nel nostro Paese”.

La sentenza mette tuttavia in evidenza il problema di fondo che attraversa il nostro sistema di welfare, sempre più in crisi per la mancanza di risorse economiche e di personale qualificato, soprattutto nei tanti Comuni in difficoltà finanziaria, in predissesto o dissesto (a marzo 2023 erano 725 i procedimenti di dissesto e 512 le procedure di riequilibrio finanziario pluriennale). Anche in sede di ultimo riparto delle risorse per l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità l’ANCI ha chiesto più fondi per le prossime annualità, evidenziando come i Comuni sostengano una spesa molto consistente di circa 480 mln di € a fronte del finanziamento statale di 103 mln di €.

Comuni che hanno l’obbligo di erogare tale servizio, ma che non sempre riescono a erogarlo, stante l’assenza di chiare disposizioni (a partire dalle qualifiche professionali del personale che si deve impiegare per tale servizio) e, soprattutto, di risorse adeguate. E così i continui tagli delle risorse destinate agli enti locali (oltre al caos sul personale impiegato, che ha determinato altro precariato) si riversano sul processo di inclusione degli alunni con disabilità e sulle loro famiglie, alle quali spesso non resta che adire le vie legali per vedere riconosciuti i diritti dei loro cari. Ma da oggi anche queste vie potrebbero essere precluse.

Giovanni Caprio - Pressenza, 30 agosto 2024