domenica 8 settembre 2024


Quella che segue è la traduzione dell'articolo del teologo gesuita cileno Jorge Costadoat "Superare la versione «sacerdotale» del cristianesimo".

La traduzione è stata curata da Lorenzo Tommaselli.

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Superare la versione «sacerdotale» del cristianesimo


Detto in breve: l’«uomo sacro» continua ad essere il problema. Bisogna tener conto che la nostra è una versione «sacerdotalizzata» della Chiesa cattolica. Questa non è stata e non si vede perché debba continuare ad essere l’espressione della Chiesa di Cristo, poiché sembra esaurita nella sua capacità di trasmettere il cristianesimo.
Nell’attuale figura della Chiesa latinoamericana e caraibica, l’appartenenza ecclesiale si realizza attraverso la sacra persona del prete. Nel nostro ambiente i principali sacramenti vengono celebrati dai preti. Accade anche che le istituzioni che regolano ufficialmente la convivenza ecclesiale siano considerate, in un certo senso, divine e irreformabili.

La Chiesa dell’America Latina e dei Caraibi vuole avanzare nella sinodalità ma, finché la Chiesa non metterà fine all’idea del presbitero o del sacerdote come «l’uomo sacro», le relazioni intraecclesiali continueranno a fare cortocircuito.
Queste sono le espressioni più preoccupanti di questa situazione:

L’«uomo sacro» è un problema ad intra della Chiesa
L’«uomo sacro» instaura rapporti malsani: il prete ha una presenza tale da inibire l’intelligenza e la libertà delle persone. È malsano che tra il ministro ed i laici le relazioni siano solo asimmetriche (dovrebbero essere, tra adulti, anche simmetriche).
L’«uomo sacro» infantilizza le persone e la Chiesa stessa, che è guidata da pastori che trattano i cristiani e le cristiane come pecore (un animale poco intelligente).
La magica investitura dei preti seduce e incoraggia il commettere abusi sessuali, abusi di coscienza e di potere, come denunciano i rapporti provenienti da Australia e Francia su quest’argomento.
L’«uomo sacro» fa ruotare la Chiesa o le comunità attorno a ciò che solo lui può fare (i sacramenti). Egli non genera comunità, ma «pubblico», «clienti» o «fedeli» (persone «fidelizzate»).
Il prete incensa se stesso e gli altri.

L’«uomo sacro» è un problema ad extra della Chiesa
Frustra la missione evangelizzatrice della Chiesa: Gesù non ha preteso un riconoscimento di «sacralità», ma ha invocato la sua unione con il Padre come fondamento dell’avvento del Regno; Gesù non ha avuto la pretesa di essere «sacro», ha voluto invece essere compassionevole.
Gesù è stato vittima di un’istituzione «autosacralizzata». Per questo il cattolicesimo sacerdotalizzato che abbiamo è un antitestimonianza del Vangelo.
Per crescere in sinodalità, sono necessarie una riforma delle strutture ed una conversione del cuore. Entrambe hanno bisogno l’una dell’altra. Ci soffermiamo qui su un unico tema: la formazione del clero (religioso e diocesano).
Bisogna tener conto che nel documento di Sintesi Narrativa dell’Assemblea Ecclesiale Latinoamericana e dei Caraibi si è detto: «bandire la clericalizzazione. Cambiare la visione e la missione dei seminari perché è lì che si forgia il clericalismo» (2021, p. 135). E in altro luogo: «il clericalismo comincia a formarsi dall’ingresso in Seminario dei candidati al sacramento dell’Ordine» (p. 107). 
Nella Chiesa del continente constatiamo che la dottrina del Concilio Vaticano è stata recepita in modo incompleto. È ancora più preoccupante il fatto che in molti luoghi questo insegnamento sia stato semplicemente dimenticato. Questa mancanza è evidente nelle Norme per la formazione dei seminaristi («rationes»).
Come precedente per superare il problema, dobbiamo ricordare che nel XVI secolo il Concilio di Trento ha saputo rispondere ad una profonda crisi ecclesiale, causata da abusi di diversa natura da parte dei vescovi e dei preti. A tal fine ha creato seminari nei quali ha separato i seminaristi dalle altre persone; ha posto l’accento sullo sviluppo delle virtù dei giovani; ha sottolineato che l’Eucaristia è un sacrificio più che una cena; ha fatto passare la vita della Chiesa attraverso le azioni compiute dal prete (i sacramenti). 
Se Trento ha posto l’accento sui sacramenti, il Vaticano II (XX secolo) ha posto l’accento sulla predicazione del Vangelo. Ha cercato un dialogo con la Riforma protestante (che aveva provocato la risposta tridentina) e con la modernità (che minacciava di intrappolare la Chiesa nel fideismo). Così ha esaltato l’importanza della Parola («Dei Verbum»); ha chiesto ai preti che si consacrassero prioritariamente al suo annuncio («Presbyterorum ordinis»); allo stesso modo ha voluto che le Scritture fossero «l’anima della teologia» che i seminaristi avrebbero dovuto studiare («Optatam totius»); ha sottolineato la priorità del sacerdozio comune dei fedeli, ha subordinato a questo il ministero presbiterale ed ha promosso la santità di tutti i battezzati e di tutte le battezzate, volendo porre fine agli «stati di perfezione» (status di superiorità del clero e dei religiosi e delle religiose) («Lumen Gentium»).
Inoltre, il Vaticano II ha messo la Chiesa in dialogo con le culture e con i tempi («Gaudium et spes»).

Tuttavia il Concilio non ha armonizzato le innovazioni teologiche riguardanti i preti e la loro formazione. Nei documenti sono coesistite le innovazioni con quelle introdotte da Trento. Il Concilio ha tollerato la contraddizione.  La cosa più complessa è stata non mettere fine all’idea di superiorità dei chierici in virtù della loro ordinazione presbiterale. 
Dopo alcuni anni di sperimentazione e di crisi di identità presbiterale, Giovanni Paolo II ha rovesciato il tavolo ed ha preteso un passo indietro. Nella «Pastores dabo vobis» (1992) – il documento che  ha reinterpretato «Optatam totius»  – il papa ha sostenuto: «È giunto il tempo di parlare coraggiosamente della vita sacerdotale come di un valore inestimabile e come di una forma splendida e privilegiata di vita cristiana» (n. 39). Secondo Gilles Routhier, a partire da allora «attraverso cambiamenti successivi il ministero presbiterale, definito sempre più dalla categoria sacerdotale, ritorna ad essere considerato come uno stato di perfezione.  Dopo cinquant’anni la prospettiva indicata dal Vaticano si è praticamente ribaltata» (2014).


Raccomandazioni

È necessario fare un’armonizzazione teologica tra i documenti che fanno riferimento all’identità e alla missione dei presbiteri, poiché contengono elementi dell’antico regime che facilitano il ritorno al seminario tridentino, che protegge i formandi dal mondo e poi li invia ad esso come persone sacre superiori agli altri.
È necessario che il regime di formazione non separi i seminaristi dalla gente comune, ma li esponga piuttosto a relazioni affettive, spirituali, intellettuali e pastorali che, secondo il paradigma dell’Incarnazione, li rendano più umani.
La formazione dei futuri ministri deve essere una responsabilità dell’intero Popolo di Dio. I cattolici e le cattoliche devono avere una parola decisiva nel momento di accettare persone per la formazione e nel concedere loro il sacramento dell’Ordine, oltre a stabilire i criteri che devono governare questa lunga tappa.
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Jorge Costadoat Religión Digital (www.religiondigital.com), 3 settembre 2024
Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli